La prossima capitale politica Usa? Porto Rico

Di Lorenzo Albacete
07 Giugno 2001
Gli afroamericani di New York cercano nuovi leader dopo la figuraccia di Jesse Jackson. Appare Al Sharpton, ma è un poco di buono. Eppure il futuro potrebbe stare tutto nella possibile (?) alleanza fra neri e ispanici. Che potrebbe condizionare Bush da qui al 2004

Con il margine di un solo voto, non ha importanza se a controllare il Senato sono i Repubblicani o i Democratici. Fra qualche anno, nessuno ricorderà questo fatto. Ma fra qualche anno potremmo trovarci di fronte a una situazione politica completamente nuova che si baserà su una serie di eventi accaduti questa settimana. Il primo riguarda il reverendo Al Sharpton, uno dei leader della comunità afroamericana di New York. Sharpton impersona la caricatura del prete-politico nero corrotto: per i Democratici liberal di New York, che hanno dovuto prendere le distanze da lui nel tentativo di attirare gli elettori extraurbani (questo è stato, per esempio, il problema in cui si è imbattuta Hillary Clinton), è un vero e proprio imbarazzo, eppure il personaggio è assolutamente necessario per ottenere consenso fra i neri. Approfittando della caduta in disgrazia del reverendo Jesse Jackson – uomo di grande esperienza personale utile per dirigere spiritualmente Bill Clinton – Sharpton potrebbe candidarsi alle presidenziali del 2004 e, pur non avendo chance di successo, potrebbe danneggiare i Democratici convogliando su di sé i voti afroamericani. Cosa, ovviamente, che rallegra il presidente Bush. Eppure, su questa felicità si addensa una nube. Sharpton è in carcere e pratica lo sciopero della sete in appoggio a una causa molto popolare fra gli ispanici di New York: la richiesta di sospendere il bombardamento militare navale statunitense sull’isoletta di Vieques, territorio di Porto Rico. Per sessant’anni, la Marina statunitense e i suoi alleati hanno adoperato l’isola come poligono di tiro terrestre e aereo. Ora, però, gli abitanti di Viesques ne hanno abbastanza e la loro protesta sta assumendo risalto in tutto il Paese. Per protesta, Sharpton si è dunque recato sull’isola ed è penetrato illegalmente in un territorio di proprietà della Marina statunitense assieme ad altre figure pubbliche della città, dello Stato di New York e di altre località nordamericane. E questo per cementare l’alleanza fra gli afroamericani e i molto ricercati elettori ispanici, laddove anche il presidente Bush necessita dei voti ispanici onde contare su una maggioranza rassicurante. Peraltro, il mandato di Rudolph Giuliani alla guida di New York è quasi scaduto e già si profilano i successori. Fra i Democratici spunta Fernando Ferrer, presidente del Consiglio distrettuale del Bronx. Se venisse eletto, sarebbe il primo sindaco ispanico di New York. Ferrer ha però bisogno del voto afroamericano. Ed è di Porto Rico, dove è stato arrestato Sharpton. Nascerà un accordo? Questo, molto più che un voto in più o in meno al Senato, è il vero problema dei Repubblicani conservatori. Il governatore Repubblicano dello Stato di New York, George Pataki, lo sa e per questo è volato pure lui a Porto Rico per protestare. Idem gli amministratori che lo affiancano, che hanno invitato nel loro “parlamentino” l’arcivescovo cattolico di San Juan de Puerto Rico. A cui Pataki ha offerto dimora nella propria residenza.

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