La Polizia religiosa saudita che deve «ordinare il bene e proibire il male» avrà meno poteri

Di Redazione
01 Febbraio 2013
La polizia religiosa potrà ancora arrestare coloro che compiono flagranti offese, come le molestie nei confronti delle donne, il consumo di alcool e droghe, i ricatti e la pratica della stregoneria. Ma non potrà interrogare i sospetti.

Pubblichiamo un articolo tratto dall’Osservatore Romano.

L’Arabia Saudita ha deciso di limitare i poteri della temuta polizia religiosa, tradizionalmente incaricata di garantire la conformità dei comportamenti dei cittadini alla morale islamica. La Commissione per la promozione della virtù e la prevenzione del vizio non potrà più «interrogare, né incriminare» i sospetti, ha spiegato il suo responsabile, Sheikh Abdullatif Abdel Aziz AlSheikh, sottolineando che questi poteri saranno riservati a polizia e pubblici ministeri. «La polizia religiosa — ha proseguito il responsabile — potrà ancora arrestare coloro che compiono flagranti offese, come le molestie nei confronti delle donne, il consumo di alcool e droghe, i ricatti e la pratica della stregoneria».

I mutawaeen, come vengono chiamati gli agenti, si occupano di garantire la separazione di uomini e donne in pubblico, controllando anche l’osservanza da parte delle donne del rigido codice di abbigliamento in vigore in Arabia Saudita. Nonostante i nuovi limiti, la polizia religiosa continuerà a impedire alle donne di guidare e si assicurerà che tutte le attività chiudano cinque volte al giorno in concomitanza con gli orari della preghiera. L’esistenza della polizia religiosa è giustificata dal Governo saudita in base all’esortazione coranica «Amr bil Màruf wa Nahy an al Munkar», traducibile come «ordinare il bene e proibire il male». Questo è considerato un dovere essenziale nell’islam, la cui applicazione deve essere garantita da parte della umma (la comunità islamica).

In Arabia Saudita, dove il Corano è considerato come unica legge, questo obbligo è imposto dalla polizia religiosa. Un’altra novità riguarda il lavoro degli agenti segreti, che non sarà più una prerogativa solo maschile. La “svolta” è stata annunciata dal ministro dell’interno di Riad, il principe Mohammad Bin Nayef Bin Abdul Aziz Al Saud, il quale ha spiegato che anche le donne d’ora in avanti potranno essere assunte dall’al-Mabahith al-‘Amma, il servizio d’intelligence interno della monarchia del Golfo. Secondo il quotidiano «Al Watan», che ha riportato la notizia, alle donne che lavoreranno nell’alMabahith al-‘Amma saranno affidati incarichi legati soprattutto a «questioni sociali e umanitarie», come per esempio i rapporti con i familiari dei detenuti, ma anche l’elaborazione di studi, approfondimenti e dossier di analisi della società saudita. Il ministro Mohammad Bin Nayef Bin Abdul Aziz Al Saud ha quindi sottolineato che le ragazze laureate che hanno studiato all’estero e padroneggiano una lingua straniera avranno maggiori possibilità di essere assunte dai servizi d’intelligence saudita. Le ragazze che hanno intenzione di presentare la domanda per intraprendere la carriera di agenti dovranno tuttavia affrontare un corso di formazione professionale di quattro mesi prima di essere assunte. Il primo mese di corso — spiegano i responsabili — sarà interamente dedicato all’addestramento militare, i restanti tre mesi saranno suddivisi tra lezioni in aula e conferenze.

L’annuncio del Governo saudita — riporta l’agenzia di stampa AdnKronos — si inquadra in un piano lanciato il mese scorso dal ministero del Lavoro contro la disoccupazione femminile che negli ultimi anni ha toccato livelli record nel Paese. Il Governo, infatti, sta tentando con varie misure e iniziative di ridurre il forte divario esistente tra occupazione maschile e femminile in Arabia Saudita, Paese dove domina ancora la sharia basata sull’interpretazione wahhabita e dove esiste la separazione fra uomini e donne nei luoghi di lavoro. Nell’ambito di questo piano di sviluppo, il ministero del Lavoro ha invitato le aziende nella monarchia del Golfo a creare più opportunità occupazionali soprattutto per le donne, agevolate anche da una legge che  permetterà loro di lavorare a casa a partire dal prossimo anno. Secondo un rapporto pubblicato lo scorso marzo, in Arabia Saudita ci sono al momento circa un milione di disoccupati, l’ottanta per cento dei quali sono donne.

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