
La nomina da parte del sindaco Sala di Marco Ciacci a capo dei vigili di Milano appare corretta e legittima
Il 3 aprile scorso abbiamo pubblicato un articolo a firma Luigi Amicone dal titolo “Il caso dell’ex capo della polizia Barbato. Sala deve chiarire”. Qualche giorno dopo, il 15 aprile 2021, abbiamo ribattuto la notizia in un pezzo dello stesso nostro giornalista dal titolo “I dolori del giovane Sala”.
Ci basavamo, con malriposta fiducia, su un servizio delle Iene che raccontava la versione dell’ex-comandante della polizia municipale di Milano Antonio Barbato sulle sue dimissioni nel 2017 e sulla conseguente nomina a tale incarico del dott. Marco Ciacci.
Nell’articolo del 3 aprile definivamo tale servizio «una bomba atomica sul sindaco, la Procura, la giunta Pd di Milano. Pare Mani Pulite, ma al contrario», «27 minuti di video giornalismo che probabilmente resteranno nella storia» e, al termine dello stesso, ci chiedevamo «per quale misterioso motivo l’uomo della Procura, il poliziotto giudiziario Marco Ciacci, doveva prendere il posto di Barbato ed essere nominato capo della Polizia locale con metodi che in altri contesti non sarebbero passati inosservati all’occhio di un qualsiasi pubblico ministero? Cosa c’era di così importante in questa nomina portata avanti così in fretta e con modalità a dir poco insolite o, più esattamente, sconcertanti?».
In quello del 15 aprile, alludevamo all’esistenza di un dossier dell’Anac da cui deducevamo che la nomina del dottor Ciacci fosse illegittima, senza selezione pubblica, senza titolo e con stipendio maggiorato.
Dopo una attenta analisi di una ampia documentazione, ci siamo convinti che non esiste alcun elemento che avvalora le affermazioni contenute nel servizio delle Iene. In particolare, non esiste alcuna «documentatissima ombra di collusioni indicibili» tra il sindaco Sala e la procura di Milano, che avrebbe condotto alle dimissioni di Barbato e alla nomina di Ciacci, né alcun misterioso motivo per cui Marco Ciacci dovesse essere nominato a capo dei vigili milanesi.
La nomina del dott. Ciacci, secondo le carte in possesso del giornale, appare del tutto legittima ed egli possedeva tutti i requisiti per detto incarico. Dunque, non vi è stata alcuna «modalità sconcertante».
Non sussiste poi alcun elemento che possa far ritenere che il dott. Ciacci sia «l’uomo della Procura» o abbia esercitato il suo incarico in modo da favorire alcun magistrato di detto ufficio giudiziario o altri.
Dalla lettura degli atti del processo per le infiltrazioni del clan mafioso Laudani in Lombardia, emerge che i comportamenti che hanno condotto alle dimissioni di Barbato appaiono ben diversi da quelli dallo stesso descritti.
In particolare, dalla lettura della sentenza del Tribunale di Milano, passata in giudicato, sulle infiltrazioni del clan mafioso Laudani in Lombardia, emerge che Antonio Barbato, mentre era a capo dei vigili, grazie alla mediazione di Palmieri, poi condannato, si dichiarava disponibile a incontrare Alessandro Fazio, anch’egli condannato per reati particolarmente gravi, e a «fornire in anteprima allo stesso Fazio le informazioni necessarie per partecipare a gara d’appalto indetta dall’amministrazione comunale. Dal canto suo Fazio si dimostra disponibile ad utilizzare le sue società investigative per far pedinare il vigile Cobelli al fine di raccogliere le prove della truffa sul godimento dei permessi sindacali. Barbato, invece di reagire sdegnato alla proposta di Palmieri, accetta di ricevere questo “favore”» (sent Trib. Milano, sez. VII penale, n. 14679/2018, p. 945).
Tale vigile da pedinare, tra l’altro, era un «collega ”antagonista”», con il quale «Barbato si era scambiato querele» (p. 961) e con tale comportamento, sempre secondo il Tribunale di Milano, Barbato si è posto «nella scomoda e inopportuna posizione di ”debitore” di Alessandro Fazio» (p. 974).
In questo quadro, le dimissioni di Barbato appaiono del tutto giustificate, tanto che lo stesso Barbato ammette che «sono perfettamente consapevole che in funzione del mio incarico non sarebbe stato conveniente né eticamente corretto che io avessi utilizzato questo Fazio per far seguire un mio dipendente con cui vi era un contrasto, difatti anche se ho accettato la proposta di Palmieri non se n’è fatto più niente».
Così, ci è sembrato necessario tornare sull’argomento, a beneficio dei nostri lettori, affinché essi abbiano una più corretta informazione su un tema di sicuro interesse pubblico.
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