La lotta di potere nella Chiesa spiegata dal card. Sarah

Di Rodolfo Casadei
07 Luglio 2022
Nel suo nuovo libro il teologo rilegge i grandi testi della tradizione cristiana e critica le proposte di riforma del sacerdozio e la tentazione di troppi preti di piacere al mondo
Robert Sarah
22 novembre 2010, nella Basilica di San Pietro Papa Benedetto XVI crea cardinale Robert Sarah (foto Ansa)


«La Croce, l’Ostia e la Vergine Maria modellano, strutturano, alimentano e fortificano la nostra vita cristiana e sacerdotale». Si riassume in una frase di pagina 175 il contenuto di Per l’eternità. Meditazioni sulla figura del sacerdote, l’ultimo libro del cardinale Robert Sarah tradotto in italiano (Cantagalli 2022, 272 pagine, 23 euro). È in qualche modo il sequel di Dal profondo del nostro cuore, libro che conteneva anche un saggio del papa emerito Benedetto XVI e che era soprattutto una perorazione in difesa del celibato sacerdotale.

Non si riforma il sacerdozio secondo idee umane

L’argomento non è assente nemmeno stavolta, ma la portata del discorso è molto più ampia e riguarda il sacerdozio cattolico a tutto tondo inteso come istituzione divina. Anche il registro del discorso è decisamente esteso: va dalla riflessione teologica profonda e dal misticismo più puro a quei giudizi polemici sferzanti sull’attualità per cui il cardinale guineano va famoso.

Come sottolinea l’introduzione:

«Si vedono spuntare qua e là alcune proposte per modificare l’istituzione, rinnovarla, modernizzarla. Tutte queste iniziative sarebbero legittime se il sacerdozio fosse un’istituzione umana. Il sacerdozio, però, non l’abbiamo inventato noi, è un dono di Dio. Non si riforma un dono divino connotandolo delle nostre idee umane per renderlo conforme ai gusti del momento. Al contrario, lo si restaura rimuovendo le incrostazioni che impediscono all’originale di rivelare il proprio splendore».

Il sacerdote secondo Sarah (e Giovanni Paolo II)

L’originale prevede che il sacerdote sia, come scrive Giovanni Paolo II nella Pastores dabo vobis, ripresentazione sacramentale di Gesù Cristo Capo e Pastore:

«Il sacerdote offre il santissimo sacrificio “in persona Christi”. I cristiani si aspettano che la vita dei sacerdoti sia coerente con il carattere sacro della loro identità profonda. Essi intuitivamente sanno che un sacerdote che non è santo è una specie di anomalia. Del resto, il sacro senza santità non ha senso».

Per essere uomo del sacro ma anche santo lui stesso, il sacerdote deve essere uomo del sacrificio e della preghiera, insensibile alle lusinghe del mondo e coraggioso nell’andare controcorrente.

Contro i chierici che invidiano e imitano i laici

Avvalendosi anche di molte citazioni, Sarah scaglia al riguardo frecciate mirabili. Scrive a partire da una meditazione del cardinale Jean-Marie Lustiger:

<«I chierici invidiano il carattere secolare dei laici, li imitano pedissequamente nel vestirsi, rinunciando alla tonaca. Desiderano intraprendere l’attività politica, che è l’ambito proprio del laicato. Molti pubblicano dei libri, non sulla Parola di Dio, ma sulla democrazia, sul buon governo, su giustizia e pace, sull’ecologia. Si parla anche in termini assai curiosi di “Chiesa verde”. Analogamente, i laici sono invidiosi del clero. Vogliono imitarli, presiedere le liturgie, amministrare le parrocchie, predicare durante la liturgia domenicale. Ed ecco incoraggiata una sterile e inutile lotta di potere tra donne e uomini. Alcune donne e alcune religiose vogliono fare i preti e i preti rinunciano alla propria paternità spirituale. Penso che si sia introdotta nella Chiesa l’idea falsa e distruttiva secondo la quale ogni incarico, ogni stato di vita, sia anzitutto un potere o un diritto. Di qui, tutta la vita della Chiesa viene analizzata in termini di lotta di potere e di rapporti di forza».

Le «grandi e belle verità» e la vita concreta

«La riforma gregoriana è caratterizzata dalla volontà di riscoprire la Chiesa dell’epoca degli Atti degli Apostoli», scrive Sarah commentando una meditazione di san Bernardo di Chiaravalle.

«I princìpi di tale movimento non si fondavano anzitutto sulle riforme istituzionali, ma sul rinnovamento della santità dei sacerdoti. Non c’è bisogno oggi di una riforma simile a quella? Di fatto, il potere secolare ha ripreso piede nella Chiesa. Questa volta non si tratta di un potere politico, ma culturale. Si ripresenta una nuova lotta tra sacerdozio e impero. Ma l’impero è ora la cultura relativistica, edonistica e consumistica che si è infiltrata ovunque. […] Proprio come nel Medioevo, l’infiltrazione del mondo nella Chiesa genera tra i sacerdoti scandali sessuali e finanziari, e partorisce abusi di potere e un mortale inaridimento spirituale. […] La chiave per liberare il sacerdote dalle catene della cultura mondana: la preghiera. La riforma del clero inizia con una riforma della vita interiore di sacerdoti».

Quanto a «incontri, ritiri, sinodi», il cardinale confessa di avere «come l’impressione che» essi «richiamino grandi e belle verità, ma che tutto questo non cambi nulla della vita concreta».

«Le grandi assemblee di vescovi o sacerdoti spesso si accontentano di scrivere belle riflessioni e di pubblicare documenti intellettualmente ben strutturati e ansiosi di adattarsi allo spirito e alle mentalità moderne delle società occidentali. Molto raramente vengono presi in considerazione altri popoli del mondo. Sembra quasi che si vorrebbe trascinare il mondo intero all’interno di una visione della realtà, dell’uomo e della storia, prettamente occidentale. Ogni cosa pare organizzata, pensata e pastoralmente risolta unicamente secondo le preoccupazioni e i problemi dell’Occidente, come se la Chiesa cattolica fosse soltanto europea».

Contro i sacerdoti in cerca di gloria umana e successo

Quando vuole spiegare la coscienza di sé che il sacerdote deve avere, il cardinal Sarah ricorre a una magnifica citazione di san John Henry Newman:

«Mio signore, io mi offro a te in sacrificio di ringraziamento. Tu sei morto per me, e io voglio morire per te. Non appartengo a me stesso. Tu mi hai ricomprato; voglio, di mia spontanea volontà, completare questo riscatto. […] Rinunzio alla reputazione, all’onore, all’influenza e al potere, perché la mia lode e la mia forza saranno in te. Ponimi in grado di fare quanto prometto».

Commenta il cardinale:

«Finché il popolo di Dio si aspetta sacerdoti rivestiti di gloria umana e di successo sociale, dovremo attenderci abusi d’autorità, clamorosi inciampi e soprattutto un allontanamento e una deformazione mortale del sacerdozio di Cristo. Dai sacerdoti dobbiamo aspettarci che essi si identifichino con Cristo in Croce. Cristo non è stato acclamato lungo la salita al Calvario, non è stato applaudito, è stato coperto di sputi e di insulti. Un sacerdote che fosse acclamato dovrebbe preoccuparsi, un sacerdote che risultasse popolare dovrebbe mettersi in discussione».

L’obbedienza cristiana autentica

Il cardinale non manca di richiamare i sacerdoti al loro voto di obbedienza, aiutandosi con citazioni dalla Pastores dabo vobis di san Giovanni Paolo II e da un’omelia di Benedetto XVI. Tale obbedienza

«riconosce, ama e serve la Chiesa nella sua struttura gerarchica. Non si dà, infatti, ministero sacerdotale se non nella comunione con il sommo Pontefice e con il collegio episcopale, in particolare con il proprio vescovo diocesano […]. Questa “sottomissione” a quanti sono rivestiti dell’autorità ecclesiale non ha nulla di umiliante, ma deriva dalla libertà responsabile del presbitero, che accoglie non solo le esigenze di una vita ecclesiale organica e organizzata, ma anche quella grazia di discernimento e di responsabilità nelle decisioni ecclesiali, che Gesù ha garantito ai suoi apostoli e ai loro successori, perché sia custodito con fedeltà il mistero della Chiesa e perché la compagine della comunità cristiana venga servita nel suo unitario cammino verso la salvezza.

L’obbedienza cristiana autentica, rettamente motivata e vissuta senza servilismi, aiuta il presbitero ad esercitare con evangelica trasparenza l’autorità che gli è affidata nei confronti del Popolo di Dio: senza autoritarismi e senza scelte demagogiche. Solo chi sa obbedire in Cristo, sa come richiedere, secondo il Vangelo, l’obbedienza altrui». (Pastores dabo vobis n. 29).

Ancora più toccante la citazione dall’omelia di papa Ratzinger per la Messa del crisma del 9 aprile 2009:

«Esistono caricature di un’umiltà sbagliata e di una sottomissione sbagliata, che non vogliamo imitare. Ma esistono anche la superbia distruttiva e la presunzione, che disgregano ogni comunità e finiscono nella violenza. Sappiamo noi imparare da Cristo la retta umiltà, che corrisponde alla verità del nostro essere, e quell’obbedienza, che si sottomette alla verità, alla volontà di Dio?».

@RodolfoCasadei

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