La guerra più atroce del mondo è in Sudan

Di Leone Grotti
13 Settembre 2024
Da un anno e mezzo due generali senza scrupoli si contendono il potere. Sono già 150 mila le vittime, a milioni stanno per morire di fame. La popolazione subisce crimini di guerra e anche la pulizia etnica nel nome di Allah
Tre giovani attraversano le strade della città di Omdurman, in Sudan, devastata dalla guerra
Tre giovani attraversano le strade della città di Omdurman, in Sudan, devastata dalla guerra (Ansa)

Hanno aspettato che il mercato ortofrutticolo e del pesce si affollasse di donne e bambini. Poi l’hanno bombardato a ripetizione, terrorizzando la gente e lasciando sul selciato polveroso almeno 40 vittime e un centinaio di feriti. Quello avvenuto domenica è l’ennesimo attentato nella guerra più devastante e feroce combattuta in questo momento al mondo. Sennar, la città colpita dall’artiglieria, non è in Ucraina né in Israele, ma nella parte sudorientale del Sudan, dove due fazioni armate si contendono il potere dall’aprile 2023, dopo l’uscita di scena del dittatore Omar al-Bashir.

Nella spietata guerra civile sono già morte oltre 20 mila persone secondo l’Oms. Ma si tratta di stime estremamente conservative. L’inviato degli Stati Uniti in Sudan, Tom Perriello, ha infatti dichiarato che in un anno e mezzo di guerra sono morte fino a 150 mila persone. I corpi impilati in cimiteri improvvisati «si possono vedere dallo spazio», ha notato l’Economist.

Gli scontri vanno avanti senza sosta nel terzo paese più grande dell’Africa, ricchissimo di oro, impreziosito da una costa che si affaccia sul Mar Rosso per oltre 600 km, ma la comunità internazionale non sembra porvi molta attenzione. La strategia è miope perché, anche volendo cinicamente trascurare la catastrofe umanitaria, il conflitto sta diventando sempre più internazionale con il coinvolgimento di Russia, Iran ed Emirati arabi uniti.

La lotta di potere tra due generali in Sudan

La più grande crisi umanitaria del pianeta è scoppiata per l’orgoglio e la fame di potere di due uomini: il capo di Stato provvisorio, il generale Abdel Fattah al-Burhan, che guida l’esercito regolare, le Forze armate del Sudan (Saf), e quello che era il suo vice e oggi principale rivale, Mohamed Hamdan Dagalo, detto “Hemedti” (piccolo Maometto), alla testa delle Forze di sostegno rapido (Rsf).

Nel 2019, dopo un’ondata di proteste civili che ha fatto cadere Al-Bashir dopo 30 anni di dittatura, Al-Buhran ha preso il potere ponendosi alla guida di una giunta militare, denominata Consiglio di sovranità. Al momento di cedere il potere a un governo civile, nel 2021, Al-Buhran con un colpo di Stato si è accordato con Hemedti per guidare insieme il paese. I due generali avrebbero dovuto permettere libere elezioni entro la fine di quest’anno, rinunciare al controllo dell’economia, fare rientrare i paramilitari delle Rsf nell’esercito. Ma niente di tutto ciò è accaduto.

Crimini di guerra e contro l’umanità

Mentre davanti alle telecamere i due uomini forti del Sudan si stringevano sorridenti la mano, Hemedti preparava un nuovo colpo di Stato. L’ex commerciante di cammelli, tra gli organizzatori delle milizie arabe janjaweed, responsabili del genocidio di 300 mila abitanti del Darfur occidentale appartenenti a minoranze etniche africane, guida dal 2013 le milizie Rsf. È anche il più grande commerciante di oro di tutto il paese, possiede un’immensa fortuna ed è ben visto dall’Arabia Saudita, avendo inviato i suoi uomini a combattere in Yemen dalla parte di Riyad contro i ribelli Houthi.

Al-Burhan non è certo rimasto a guardare mentre Hemedti dispiegava le sue truppe nella capitale e in alcune regioni interne del paese, lo ha attaccato per primo, scatenando un inferno fatto di crimini di guerra e contro l’umanità, tentativi di genocidio e pulizia etnica, dei quali entrambi le fazioni si sono macchiati.

La carestia si abbatte sul Sudan

Dopo un anno e mezzo di guerra e diversi colloqui di pace sponsorizzati da Arabia Saudita e Stati Uniti finiti in niente, le Rsf di Hemedti controllano la maggior parte della capitale Khartoum e dell’area del Darfur, mentre l’esercito nazionale governa il nord e l’est del paese. La città di Sennar nell’omonimo stato, teatro dell’ultimo terribile attentato, è ancora contesa tra i due eserciti. In 14 stati su 18 i combattimenti vanno avanti incessantemente.

Sia Al-Bhuran che Hemedti, dalle loro roccaforti a Port Sudan e nel Darfur, hanno giurato di combattere «fino alla vittoria» e a fare le spese dei sogni di gloria dei due generali è la popolazione civile. Oltre dieci milioni di sudanesi su un totale di 48 milioni sono sfollati: 7,1 milioni vivono in condizioni precarie in campi profughi all’interno del Sudan, mentre circa 3 milioni sono scappati dal paese dividendosi tra Sud Sudan, Ciad, Egitto, Etiopia e Centrafrica.

Secondo stime dell’Onu, nel paese la carestia è già una terribile realtà: metà della popolazione (25 milioni di persone) vive in condizioni drammatiche di insicurezza alimentare. Circa 8,5 milioni di sudanesi sono malnutriti e faticano a sopravvivere, altri 755 mila potrebbero morire di fame entro pochi mesi, compresi 230 mila bambini.

Scuole e università sono chiuse dall’aprile 2023, decine di ospedali e cliniche ormai inservibili, le filiali delle banche vengono prese d’assalto, le automobili rubate e lo sciacallaggio è ormai una necessità per migliaia di famiglie.

Un campo profughi in Sudan
Un campo profughi in Sudan (Ansa)

Gli interessi di Russia, Iran ed Emirati arabi

«La guerra dura da 17 mesi ormai e non se ne vede la fine», ha dichiarato Clementine Nkweta-Salami, la responsabile delle operazioni umanitarie delle Nazioni Unite in Sudan. «Vediamo solo diffondersi combattimenti, fame e malattie».

Per quanto si tratti di una guerra civile, il conflitto ha ripercussioni mondiali. I soldati di Al-Buhran, infatti, sono addestrati dall’esercito russo e armati in parte dall’Iran, mentre nelle Rsf combattono mercenari provenienti da Centrafrica, Ciad e Sud Sudan, senza contare il fatto che Hemedti gode dell’appoggio degli Emirati arabi uniti, spaventati dalla vicinanza tra Al-Buhran e la Fratellanza musulmana.

Mosca appoggiava in precedenza l’esercito di Hemedti attraverso i mercenari della Wagner, ora però gli sta voltando le spalle dopo la ripresa dei colloqui con Al-Buhran per la costruzione di una base navale russa sul Mar Rosso.

«Gli islamisti hanno il potere assoluto in Sudan»

Secondo alcuni analisti intervistati dal Financial Times, i colloqui di pace sono molto complessi soprattutto perché Al-Buhran è sempre più debole e non è nella posizione di negoziare. «Sono gli islamisti a detenere il potere assoluto ormai», spiega un diplomatico straniero.

Dal canto loro, «le Rsf sono un’accozzaglia di bande criminali che si dedicano a rubare, massacrare e stuprare», afferma Amjed Farid, che ha fatto parte dello staff dell’ex primo ministro del Sudan, Abdalla Hamdok.

Pulizia etnica nel nome di Allah

Nonostante i crimini e i soprusi compiuti, Saf e Rsf continuano a presentarsi come campioni della libertà, promettendo entrambi alla popolazione di «stabilire le basi della pace e della democrazia» attraverso libere elezioni una volta ottenuta la vittoria.

Ma fidarsi è impossibile, soprattutto dopo la pubblicazione di un’inchiesta del Washington Post che ha documentato con diversi filmati il trattamento riservato dalle Rsf alle popolazioni africane non arabe che abitano il Darfur: corpi mutilati, bruciati, crivellati di colpi, cadaveri ammucchiati in fosse comuni. Le donne invece vengono torturate e stuprate per divertimento.

«Gli arabi ci chiamano “ratti”, “schiavi”, ci attaccano mentre gridano Allahu Akbar», dichiara un superstite sfuggito ai massacri. Per una volta, il direttore dell’Oms Tedros Adhanom Ghebreyesus ha parlato bene: «La portata dell’emergenza è scioccante. Il mondo deve svegliarsi e aiutare il Sudan a uscire dall’incubo che sta vivendo».

@LeoneGrotti

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