La «follia» della speranza in Ucraina

Di Leone Grotti
07 Gennaio 2025
Intervista al vescovo greco-cattolico di Donetsk, monsignor Maksym Ryabukha, che ha aperto a Kramatorsk la porta giubilare: «La radice della speranza è solo Cristo. E io la vedo nei giovani che non cedono alla morte e vogliono studiare qui per ricostruire il Paese»
Un albero di Natale realizzato con munizioni di artiglieria a Kiev, in Ucraina
Un albero di Natale realizzato con munizioni di artiglieria a Kiev, in Ucraina (foto Ansa)

«Parlare di speranza oggi in Ucraina, quando ci avviciniamo al terzo anniversario della guerra, sembra una follia, eppure grazie alla fede è una realtà concreta della vita delle persone». Il vescovo greco-cattolico di Donetsk, monsignor Maksym Ryabukha, che risiede “in esilio” a Zaporizhzhia perché nella cattedrale di Donetsk occupata dai russi non può entrare, si trova sui Carpazi per un campo invernale di dieci giorni con 33 ragazzi dai 14 ai 17 anni dell’esarcato di Donetsk. La domanda che unisce tutti i giovani ucraini, racconta a Tempi, è una: «Tutti vogliono e domandano la pace. Ma la pace per noi non è e non può essere il trionfo dei malvagi».

Monsignor Ryabukha, a che cosa pensate quando dite la parola “pace”?

La pace è inscindibile dalla dignità e dalla libertà che sono iscritte nel cuore di ogni uomo. Se si lascia libero chi ci ha invaso di prendere tutto ciò che vuole, non è pace.

Pochi giorni fa lei ha aperto la porta giubilare a Kramatorsk, l’ultima grande città della regione di Donetsk a resistere all’avanzata russa. Perché proprio lì?

Abbiamo deciso di aprire una porta giubilare in una chiesa di ogni regione dove abbiamo accesso fisico, tenendo conto della sua accessibilità e del coprifuoco. A Zaporizhzhia e Dnipro le abbiamo aperte in chiese del capoluogo, a Donetsk non è possibile, essendo occupato. Abbiamo quindi scelto Kramatorsk, un’arteria fondamentale della regione, una città di passaggio accessibile a tutti i parrocchiani.

Che senso ha in Ucraina il motto del giubileo, “Pellegrini di speranza”?

Qui siamo obbligati a trovare le radici della speranza, poi però bisogna anche viverla. Per avere speranza bisogna incontrare Cristo e passare attraverso la porta giubilare significa “cristificare la nostra vita”, rivestirsi di Cristo, come si dice nel rito del battesimo, per portare la sua immagine nel mondo.

Come si può avere speranza in Ucraina dopo quasi tre anni di guerra?

La speranza non è misurabile in modo tecnico-matematico, come avviene con i dati scientifici. Se dovessimo assumere uno sguardo puramente pragmatico, dovremmo dire che non può esserci speranza in Ucraina, che la speranza è una follia. Ma lo sguardo della fede ci dice qualcosa di diverso.

Il vescovo greco-cattolico di Donetsk, Maksym Ryabukha
Il vescovo greco-cattolico di Donetsk, Maksym Ryabukha

Che cosa?

Penso ai ragazzi che sono qui con me al campo invernale. Sono giovani abituati alla guerra, alle bombe che esplodono, all’urlo dei droni che ogni notte impediscono di dormire. Sono abituati al loro ronzio, come alla ninna nanna della mamma quando erano piccoli. La morte dovrebbe avere ormai conquistato la loro anima e invece sono pieni di vita.

Non vogliono costruirsi altrove la loro vita?

Molti di questi giovani sono prossimi alla fine della scuola secondaria. A volte chiedo loro: «In quale paese andrai a studiare?». E tutti mi rispondono che vogliono restare in Ucraina per ricostruire il paese e fare i dottori, i politici, gli ingegneri. Questo è un piccolo miracolo di speranza che nasce dalla fede. E non è l’unico.

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A che cosa si riferisce?

Sono tre anni che ci sentiamo dire dai russi: entro pochi giorni sparirete. E invece siamo ancora qui. Il mio esarcato è in guerra da 11 anni, dal 2014, ma ancora i russi non sono riusciti a cancellare la vita. Quante storie ho sentito dai nostri soldati di ordigni inesplosi senza ragione che hanno salvato loro la vita. E poi mi stupisce scorgere l’amore, e non l’odio, nel cuore dei nostri soldati: in loro vedo la forza di chi vuole resistere per custodire la vita dei propri cari e del proprio paese. Sono queste cose che mi fanno dire che il Dio della vita è più forte anche del male più grande.

Il 2024 è stato durissimo per l’Ucraina, che cosa si augura per il 2025?

Viviamo in un tempo in cui tutte le fondamenta della nostra vita sembrano crollare. Auguro a me e a tutti gli ucraini di riscoprire che l’unico segreto per rimanere solidi nella vita è costruire sulla roccia e non sulla sabbia. E questa roccia è Dio. «Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi?», dice san Paolo nella Lettera ai Romani. Ecco, io auguro a tutti in Ucraina di riconquistare in questo nuovo anno le relazioni che sostengono la vita, che difendono la vita, che portano la vita.

@LeoneGrotti

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