

Dal punto di vista storico si possono effettuare almeno tre considerazioni.
In primo luogo: simili tentativi sono già stati esperiti, e fu per questo che le prime comunità cristiane vennero ferocemente trucidate, poiché non volendo sottomettersi alla assolutezza dell’autorità imperiale romana, difesero con la vita la libertà di coscienza a tal punto da far scrivere a Giustino le sue note apologie «in difesa degli uomini di ogni stirpe ingiustamente odiati e perseguitati».
In secondo luogo: sebbene sia di moda ritenere che la distinzione tra peccato e reato sia di matrice illuminista e dunque anticristiana (con orgoglio degli atei e vergogna dei credenti), risalendo a Cesare Beccaria il quale scrisse nel settimo paragrafo del suo Dei delitti e delle pene che «alcuni pensarono che la gravezza del peccato entrasse nella misura dei delitti. La fallacia di questa opinione risalterà agli occhi d’un indifferente esaminatore dei veri rapporti tra uomini e uomini, e tra uomini e Dio», è invece proprio nell’alveo del cristianesimo in genere e della Chiesa in particolare che la distinzione tra reato e peccato viene pensata, riconosciuta e sancita.
Circa mille anni prima rispetto all’illuminismo, infatti, Papa Gregorio Magno (maestro di laicità), nel suo Commento morale a Giobbe, scrive che «tra peccato e delitto c’è questa differenza, che ogni delitto è un peccato, ma non ogni peccato è un delitto».
In terzo luogo: ogni qual volta si è esiliata la dimensione ultramondana, divina, si sono prodotti i crimini più efferati ed antiumani della storia, come testimoniano inoppugnabilmente tutti i numerosi regimi atei e pagani dell’intero XX secolo, di destra e di sinistra, poiché, secondo la inevitabile necessità ben riconosciuta da Nikolaj Berdjaev per il quale «là dove non c’è Dio, non c’è l’uomo».
Sul piano concettuale si possono avanzare almeno cinque obiezioni al pensiero di D’Arcais.
In primo luogo: una obbedienza alla norma civile, per essere davvero assoluta come D’Arcais si augura, deve richiedere la sottomissione totale dell’essere umano, quindi anche e soprattutto della sua coscienza; per cui, o D’Arcais non ritiene che sia così e quindi non vuole davvero una sottomissione assoluta, oppure così sottintende e dunque ritiene che, in sostanza, spetti allo Stato il dovere di controllare la coscienza dei cittadini (sudditi a questo punto), dicendo loro in cosa e come credere o non credere.
In secondo luogo: l’idea che la religione in genere e quella cristiana in particolare sia contraria alla democrazia è del tutto erronea, poiché, come ha riconosciuto Bergson, dato che il cristianesimo si fonda sul concetto di fratellanza, uno dei motti repubblicani (citati anche da D’Arcais), «l’essenza della democrazia è evangelica». In merito, del resto, scrive Maritain che «lo stato d’animo democratico non solo deriva dalla ispirazione evangelica, ma non può sussistere senza questa».
In terzo luogo: non può non rilevarsi la contraddizione logica interna al ragionamento di D’Arcais: da un lato egli propugna una idea di democrazia come «pantheon» (di valori, idee, credenze), ma dall’altro lato chiede proprio l’esilio di Dio da questo pantheon.
Insomma, D’Arcais non si rende conto che dal punto di vista logico, almeno per come è impostato il suo ragionamento, o la democrazia è un calderone dove tutto può rientrare senza distinzione, oppure ogni distinzione risulta essere del tutto arbitraria, per cui come si deve mettere in esilio Dio, si deve pure mettere in esilio chi pensa che Dio debba andare in esilio, cioè tanto il credente quanto il non credente, inciampando goffamente in quel paradosso giuridico e filosofico in cui è incappato maldestramente John Locke (il padre del liberalismo moderno) allorquando scrisse che tanto i papisti (cioè i cattolici) quanto gli atei non possono essere tollerati perché entrambi opposti di per sé alla tolleranza medesima.
In quarto luogo: ritenere che il nome di Dio non possa essere pronunciato in uno spazio pubblico non è proprio una idea democratica, semmai proprio antidemocratica; del resto l’esperienza storica dei totalitarismi atei del XX secolo insegna proprio questo; sorprende, dunque, che l’acuta analisi di D’Arcais tanto tesa alla democrazia, di fatto la neghi; ma del resto sono gli incidenti del mestiere di ideologo, come quando il presunto maestro di tolleranza Voltaire lanciava il grido intollerante di «Écrasez l’infâme» per distruggere la religione.
In quinto luogo: l’idea suggestiva che si possa costruire una sorta di “chiesa civile”, prolungando senza troppa fatica immaginativa il ragionamento di D’Arcais, cioè uno spazio pubblico senza religione, in cui la legge civile non solo vieta quella religiosa, ma la sostituisce in modo pieno e totale, induce a ritenere che non sia effettivamente una idea democratica, poiché un piano del genere è già stato ipotizzato, come ricordano i più autorevoli storici: «La Chiesa Nazionale non avrà né scribi né pastori né cappellani né preti, ma vi avranno la parola gli oratori. La Chiesa Nazionale esige l’immediata cessazione della pubblicazione e della diffusione della Bibbia. La Chiesa Nazionale rimuoverà dai suoi altari tutti i crocefissi, le bibbie e le immagini dei santi. Il giorno della fondazione di questa Chiesa, la croce cristiana sarà tolta da tutte le chiese, cattedrali e cappelle… e sarà sostituita con l’unico simbolo invincibile, la svastica»: firmato dall’Incaricato del Fuhrer per la completa educazione e istruzione intellettuale e filosofica del Partito nazionalsocialista, cioè Alfred Rosenberg (William Shirer, Storia del terzo Reich, Einaudi, Torino, 1962, pag. 264).
Sembra, dunque, che alle sottili e preziose riflessioni di D’Arcais possano perfettamente adattarsi le parole di Francois Renè de Chateaubriand, che, nel suo Il genio del Cristianesimo, ebbe laconicamente e magistralmente a precisare una incontestabile verità: «Senza religione si può avere intelligenza, ma è difficile avere genialità».
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… una questione di età? … però 71 non sono poi così tanti… ahimè …un triste segno di precocità.
Tutto ciò che è privato non esiste, esattamente come l’omelia rotariana di uno dei più squallidi intellettuali viventi (dopo Augias).
Mi scusi ma forse dovremmo proprio smettere di definire intellettuali certi soggetti … Forse la cosa migliore sarebbe ignorarli, questa storia degli “intellettuali de sinistra ” va avanti da un po’ troppo tempo, secondo me e qualcuno un po’ ingenuo forse potrebbe essere indotto a credere che siano veramente dotati di intelletto …
Non ci sono intellettuali di destra. Per questo tutti quelli di sinistra basta che siano o si autoproclamino di sinistra, automaticamente sono intellettuali.
Probabilmente non si urlano i loro nomi, ma ci sono.
Questa volta sono d’accordo con lei yoyo .
Sganarello carissimo,allora quegli80.000 e più che erano in P.za S.Pietro sabato,tutti illegali e antidemocratici…tutti dentro o in esilio?!Suvvia usiamola la libertà di pensiero e di coscienza per un intelligenza più serena e rispettosa della realtà.La Fede non è un’idea,é una vita..non é un vago sentimento é un modo di stare nel reale…non é una proprietà privata ma un fatto di popolo come,appunto,si é visto sabato.Come si può intelligentemente e realisticamente negare ciò..é andare contro ogni più elementare evidenza di duemila anni di storia umana,della nostra storia.I vaneggiamenti ideologici lasciamoli a chi vive solo di questi e per questi..contenti loro!!?
E’ per me piu’ che evidente che gli uomini, una volta resisi indipendenti da Dio……”si persero nei pensieri dei loro cuori”…… E noi dovremmo temere l’Isis? Sono questi che dovremmo temere perche’, temo, la persecuzione per noi cristiani d’Europa verra’ da questa nuova mentalita’ totalitaria e violenta che gia’ sta mostrando il suo volto.
Prepariamoci, magari mettendo tutti i vari Flores d’Arcais nelle nostre preghiere perche’ anche il nemico e’ un uomo. Un uomo che ha perso la bussola nella supponenza della propria intelligenza ma pur sempre un uomo che e’ stato voluto ed amato proprio da quel Dio che rinnega. Ma qui stiamo gia ponendo un problema di fede.
Non sottovalutare Isis. Con loro, però, anche i Paolo Flores avrebbero da temere. Ma essendo amoralicsi inginocchieranno al istante verso l idolo di La Mecca.
Mi meraviglia che ci sia ancora gente che si interessi a quello che scrive Flores D’Arcais. Da laico-laicista e agnostico, vi dico che lessi una volta Micromega e vi assicuro che una volta letto, ero talmente malinconico che avrei voluto buttarmi da un ponte. Meno male che c’era mia moglie, la piu’ bella cosa successa nella mia vita.
sarebbe da riderci, è vero, se non fosse che questi sono gli opinion leader che scrivono i giornali di oggi e domani
Forse è solo una considerazione sulla convivenza. La fede costituisce un fatto privato. Solo in quell’ambito deve risiedere, tra le mura della coscienza. Altrimenti succedono le guerre di religione. Mentre l’unica vera ragione ragionevole che possa giustificare il guerreggiare tra uomini è il denaro. Idea nitida, liquida ma sostanziante. Mezzo e fine, un oggetto non un pregiudizio. Lineare, matematico, comprensibile in tutte le lingue. Il minimo comune che va bene per qualsiasi, quasi, orizzonte culturale. Solo il denaro è autenticamente democratico. Se fosse per il denaro ci si metterebbe sempre d’accordo, e non ci sarebbe nessuna guerra.
La fede non è un semplice fatto privato. Lo dice anche l ONU (fino a che non renderà obbligatorio il gender).
caro sGANARELLO: e neanche un po’ di gnocca?
Di quella c’è ne in abbondanza. non è una risorsa scarsa.
l’intelligenza scarseggia.
La fede non esiste se è un fatto privato.
…la teoria che la religione provochi guerre è interessante, ma purtroppo non supporta dai fatti.
C. Phillips e A. Axelrod hanno analizzato quasi 1800 conflitti dall’antichità fino ad oggi (“encyclopedia of wars”) ed hanno documento che meno del 7% hanno avuto una causa religiosa e le vittime rappresentano meno del 2% di tutte le persone uccise in guerra.
…quindi per favore trova argomenti più solidi… grazie.
Ma questa è un’analisi marxista mio caro Emanuele. Per parlare non citare il primo libro che ti viene in mente solo perchè c’è scritto “wars” nel titolo.
Ora tu non dovresti essere un marxista…
E poi ti voglio aiutare perchè mi sento buono. Quando si parla di storia, mai parlare di supporto dei fatti. Lo studio di Phillips e Axelrod non è un fatto è un’opinione. Con la ricerca si cerca di ricostruire i fatti. La storia ha di solido solo i documenti e i monumenti. Ma anche quelli vanno analizzati con attenzione.
caro sgangarello, più che altro un opinione è la tua sul metodo storico. ..
la storiografia è un metodo scientifico. Si basa su fatti (documenti, reperti e testimonianze), elabora teorie (ricostruzioni storiche) e le corrobora con esperimenti (analisi logica delle ricostruzioni alternative, scoperta di nuovi documenti e reperti, corretto inserimento dell’evento nel flusso causale degli eventi precedenti e successivi).
etichettare tutto ciò con “opinioni” solo perché contrario alle tue idee forse può andar bene nel blog di Odifreddi. .. dato che lui ha le stesse opinioni sulla storia che non gli piace.
comunque mi piacerebbe conoscere la tua opinione su quali sarebbero le guerre di religione degli ultimi tempi. .. diciamo a partire dalla rivoluzione francese, giusto per fissare una data. ..
…l’intervento era ironico… infatti, chiedevo chiedendo quando i bambini potranno scegliersi i genitori. .. 🙂
…scusate, volevo rispondere al primo intervento di Yoyo. ..
Mi sa di no. Ma tu sei lo stesso Emanuele pro gay di qualche post fa?
“Ogni individuo ha il diritto alla libertà di pensiero, coscienza e di religione; tale diritto include la libertà di cambiare religione o credo, e la libertà di manifestare, isolatamente o in comune, sia in pubblico che in privato, la propria religione o il proprio credo nell’insegnamento, nelle pratiche, nel culto e nell’osservanza dei riti” (art. 18, Dichiarazione Universale dei Diritti dell’uomo)
…il nostro amico Flores D’arcais l’avrà mai letta?