
La croce di Chavez
D’accordo il movimento degli studenti universitari di Yon Goicoechea, d’accordo i chavisti disillusi come l’ex ministro della Difesa Raúl Isaías Baduel (l’uomo che salvò Chávez dai golpisti nel 2002), d’accordo la stampa e le ultime televisioni non ancora imbavagliate, ma un peso decisivo nella vittoria del “no” al referendum popolare sulla riforma costituzionale voluta dal capo di Stato venezuelano si deve riconoscerlo alla Chiesa cattolica e ai suoi vescovi. Quelli che il leader bolivariano ha definito in tivù, una settimana prima del voto, «il demonio, i difensori degli interessi più putridi, dei vagabondi del cardinale. degli stupidi, dei ritardati mentali».
Chávez, è noto, non ha mai risparmiato gli insulti a chi non la pensa come lui. Stavolta però un supplemento di nervosismo è emerso dalle sue parole: i sondaggi annunciavano una bocciatura popolare del testo che avrebbe consegnato tutti i poteri, fino alla fine dei suoi giorni, al caudillo castrista. Bocciatura più consistente di quello che poi è stato il risultato ufficiale (50,7 per cento di “no” contro 49,3 per cento di “sì”): Chávez ha accettato la sconfitta, ma ha manipolato a suo favore i risultati di un mezzo milione di voti almeno per farla apparire meno pesante.
La guarimba cristiana
Il fatto è che la Chiesa stavolta non si è limitata ai botta e risposta col presidente e ai documenti ufficiali, come l’esortazione sulla proposta di riforma costituzionale del 19 ottobre scorso (cfr. Tempi n. 45), ma ha partecipato all’organizzazione della mobilitazione popolare che ha determinato il risultato della consultazione. Lo si evince molto bene dai ripetuti interventi del vicepresidente Jorge Rodriguez, che ha cercato di attribuire alla Chiesa la responsabilità delle violenze di strada. «I vescovi e il cardinal Urosa – dichiarava il 27 novembre – devono dire al paese se hanno partecipato alla riunione tenuta nell’istituto diocesano di Maracay domenica scorsa, dove si riunì il commando di delinquenti che pianificò la “guarimba” (espressione locale per definire violenze teppistiche, ndr) che iniziò nella notte di lunedì nella regione centrale del paese». Secondo il vicepresidente in tutto il paese la Chiesa ha convocato finte riunioni di preghiera negli edifici destinati al culto: «Una volta lì, le persone scoprivano che si pianificavano atti di violenza di strada». Il 1° dicembre lo stesso Rodriguez ha inviato al nunzio apostolico e all’ambasciatore veneuelano presso la Santa Sede un filmato registrato in una chiesa di Caracas dove si svolge una riunione politica nel corso della quale alcuni intervenuti invitano a non riconoscere i risultati del voto, dicendosi sicuri di brogli da parte del governo. Un fatto «di altissima gravità», secondo il vicepresidente.
In realtà la Chiesa in Venezuela non è soggetto, ma oggetto di atti di intimidazione sin da quando Chávez è salito al potere nel 1999, e questi si sono ripetuti anche nelle recenti settimane. Nell’agosto 2000 l’allora arcivescovo di Caracas, il cardinale Velasco, convocò Messe di riparazione in tutto il paese dopo aver ordinato la chiusura degli edifici di culto per tre giorni per protesta contro i “28 artefatti esplosivi” lanciati contro le chiese nelle settimane precedenti.
La polizia non può farci niente
Questi episodi si ripetono puntualmente, ogni qualvolta la tensione politica sale. Ci scrive in una lettera firmata una suora da una casa provinciale di religiosi a Caracas: «I violenti filopresidenziali hanno aggredito persone, attaccato tutto ciò che potevano, e, arrivati alla nostra casa, hanno lanciato nel vialetto d’ingresso, attraverso la cancellata di ferro, una bomba carta contenente chiodi e pezzi di vetro. L’esplosione ha rotto i nostri vetri e sparso odore di polvere da sparo. Ci hanno insultato a volontà: è stato orribile, ho visto l’odio nei volti di quelle persone. Dagli edifici la gente gli gridava che non ci facessero del male, ma loro hanno risposto con insulti e tirando pietre, bastoni e bulloni. Abbiamo chiamato la polizia, è venuta e ci hanno detto che era gente mandata dal governo e che loro non potevano fare niente. Abbiamo comunicato le cose al cardinale, e lui mi ha detto che erano andati anche alla sede della conferenza episcopale e avevano impiccato un fantoccio che lo rappresentava. Di notte erano anche entrati nella chiesa di Antimano e l’avevano profanata».
La verità è che la Chiesa venezuelana ha agito come la Chiesa polacca al tempo di Solidarnosc, offrendo solidarietà e spazi organizzativi all’opposizione politica, privata della piena libertà di espressione dopo otto anni di sistema politico chavista. Ristabilito un minimo di credibilità democratica grazie al risultato del voto, i vescovi oggi porgono la mano al governo che hanno sempre criticato: «Sono molto contento della lezione che il popolo ci ha impartito», ha dichiarato il presidente della Conferenza episcopale, Ubaldo Santana. «Con questi risultati si apre l’opportunità perché coloro che partecipano alle varie forze possano lavorare di più dandosi la mano e battere strade di mutua collaborazione». Più sospettoso, invece, il vicepresidente dei vescovi, monsignor Roberto Luckert, vera bestia nera di Chávez. Alla vigilia del voto aveva dichiarato che il presidente avrebbe tentato di vincere con la frode, ma che la valanga di voti contrari avrebbero reso difficile tale operazione. Adesso si esprime quasi con le stesse parole dell’ex chavista Raul Baudel, assicurando che il presidente «non si fermerà qui», ma cercherà di «instaurare per altre vie. il progetto socialista che ha in mente».
Assegni in petrodollari
Il sospetto non è infondato, quando si considera che subito dopo la proclamazione dei risultati Chávez ha definito quella dell’opposizione «una vittoria di Pirro», e poi la settimana scorsa «una vittoria di merda». Anche senza una nuova costituzione, continueranno le politiche di statalizzazione dello sport, di “bolivarizzazione” dell’educazione, di liquidazione dell’autonomia universitaria (introducendo la parità di voto, negli organismi amministrativi universitari, per professori, studenti e personale non docente sindacalizzato), la trasformazione delle forze armate in forze partigiane politicizzate, la duplicazione degli enti locali attraverso la creazione di municipi ed enti regionali paralleli, direttamente finanziati con fondi della presidenza. Perché è vero quel che ha detto monsignor Luckert con una battuta fulminante delle sue: Hugo Chávez continua a stare al potere «perché ha un libretto degli assegni in dollari. Lui dice che la spada di Bolivar oggi passeggia attraverso l’America latina. Quel che passeggia per l’America latina è il libretto d’assegni in petrodollari che lui possiede».
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