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Due film. Apparentemente distanti e diretti da due registi dotati di due stili contrapposti. Dante e Broker (in italiano, Le buone stelle). Il nostro Pupi Avati e il giapponese Kore’eda Hirokazu. Così lontani eppure così vicini, complementari nel raccontare oggi più che mai quel che conta al cinema e fuori. La realtà c’è e ti parla.
Partiamo dal nostro Pupi, che forse è più vostro – vostro di Tempi, redattori, collaboratori e lettori – che nostro. Avati è regista cattolicissimo, un po’ clericale, che ha una filmografia varia e diseguale. Ha una vena horror che ritroviamo anche nel suo Dante e che viene da lontano, almeno dallo splendido horror padano, dal titolo ancor più splendido, La casa dalle finestre che ridono. È regista di buone commedie nere e amare (Regalo di Natale su tutte) ma anche di film senili o divagazioni sentimentali che non ho mai digerito (compreso il penultimo film, Lei mi parla ancora). Poi, è anche uno dei pochi reg...
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