La candela di Gwyneth e il sesto senso “sovversivo” di Repubblica
Fermi tutti, c’è Repubblica: «Al netto dei battutoni, degli odiatori e dei meme irriferibili, l’impeccabile e sempre più ricca Paltrow sta contribuendo a rendere allegro e normale parlare dell’organo femminile. Trattato finora, nota Paltrow stessa, come un “oggetto di vergogna”».
UNA LUCE IN UN MONDO DI TRUMP
Anno 2020, mica il 1970: puntuale e prevedibile come quei cinque giorni al mese (alert battutona), al lancio dell’ormai famigerata candela di Gwyneth Paltrow che “smells like my vagina” pensavamo fosse già seguito tutto quello che doveva seguire: titoli, dibattito sull’epocale emancipazione della donna, la mercificazione del santuario femminile, sold out in 24 ore, impennata del prezzo, da 58 a 400 euro per una candela che sa di una miscela di geranio, bergamotto, e «assoluti di cedro alla rosa damascena, con semi di ambretta» (cioè due repellenti per zanzara più una punta di checazzè, ma tant’è: “smells like my vagina”). Ma nessuno può mettere il dibattito in menopausa prima di aver letto ieri Maria Laura Rodotà su Repubblica e il suo elogio delle «candele sovversive. Lo sono davvero», soprattutto nei giorni in cui «il presidente degli Stati Uniti parlava a un raduno antiaborto» e «in Europa avanzavano partiti misogini» e «in Italia si discuteva ancora e sempre delle vallette di Sanremo».
UNA ICONA DEI NOSTRI ANNI VENTI
Ecco: mentre accadeva tutto questo Rodotà meditava il paginone sulla donna che ha acceso una luce in un mondo di Trump, che da giovane attrice «veniva liquidata come esponente del gattamortismo di alta gamma» e oggi viene «accusata da femministe più pure di aver creato “un’economia simbiotica della vagina”», mentre – in sintesi – dovremMo tutti esserle grati per aver liberato dalla vergogna, come decenni fa Eve Ensler (I Monologhi della vagina), l’organo femminile, dedicando ad esso con tanto di «sobria etichetta proto-Chanel» quello che «è forse il primo oggetto iconico dei nostri anni Venti».
ED È SUBITO «TEMPESTA CULTURALE»
Per questi meriti eccezionali – aver deviato per un attimo il dibattito globale – Paltrow meriterebbe una statua fra i monumenti alla rivoluzione femminista – «a debita distanza da Rosa Luxemburg ma vicina a Beyoncé» -, o tra quelli alle imprenditrici, «di sfottò in sfottò il suo sito vale ora 250 milioni di dollari» o alle artiste «surrealiste, pop femministe che lavorano col corpo; lei e il suo marketing si ispirano a tutte loro». Tutto grazie a una candela. Che profuma di vagina. E a una militanza nel settore celebrazioni vaginali che Rodotà non manca di ricordare: già nel 2018, arringando gli studenti della Harvard Business School, Paltrow aveva assicurato che quando si parla di vagina «si crea una tempesta culturale» e per chiarire il concetto aveva urlato con le mani a megafono “Vagina! Vagina”.
LA VAGINA IN NAFTALINA
Yuhu, dimenticate le campagne per chiamarla in modo più inclusivamente aggiornato “front hole”, le polemiche sulla copertina sessista di Charlie Hebdo (megavagina come porta di calcio per la Coppa del mondo femminile), i pussyhat antitrumpiani, gli anasyromai contro il patriarcato (dimenticate perfino i Cattivi Propositi scritti a suo tempo da Rodotà su Gwyneth Paltrow e le DE, Donne Eteree, che fanno sentire grasse, poco curate, inquinanti, ineleganti tutte le altre). La notizia è che la rivoluzione del 2020 consiste nel ritorno alle premesse della vagina in naftalina da cui partivano le femministe negli anni Settanta: qualcosa “trattato finora come oggetto di vergogna” e in attesa di liberazione.
SEMBRA UNA BARZELLETTA
E fa niente se si tratta alla fine di un moccolo che profuma di vasi della nonna sul balcone, sono i nostri anni Venti, non è più il momento di rigettare «il gusto del politicamente scorretto» che «può diventare una pericolosa, e costrittiva, forma di conformismo» (copy Rodotà all’epoca della difesa di Dominique Strauss-Kahn da parte della sua amante) ma di tornare al «cimelio»: così è già stata ribattezzata la candela sovversiva di Paltrow. Che ricorda tanto un altro cimelio dei nostri anni Dieci pubblicato da Repubblica: la famigerata barzelletta sul “lato B” della mela, l’ha raccontata Silvio Berlusconi a Palazzo Grazioli nell’aprile 2011 e ha per protagonisti un impiegato dell’ufficio brevetti e un contadino che ha inventato un prodotto inimitabile: una mela dal sapore speciale? Quale? Quello di quella cosa lì che, crollasse Trump, l’Europa, Sanremo o Repubblica, sono secoli che va di moda.
Foto Ansa
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