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La “baracca dei preti” nel campo di sterminio nazista di Dachau. Storia (sconosciuta) di eroismo e fede

A Dachau sono stati deportati 2.579 tra preti, seminaristi e monaci cattolici. Esce in Francia un libro che ne racconta la storia: «L'armatura della fede gli ha permesso di preservare la loro umanità»

Leone Grotti
29/01/2015 - 3:00
Cultura
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«Il più grande cimitero di sacerdoti cattolici del mondo» non si trova in Vaticano ma a Dachau, all’interno del primo campo di sterminio costruito dai nazisti nella cittadina tedesca a pochi chilometri da Monaco. Tra il 1938 e il 1945, vi sono stati deportati 2.579 tra preti, seminaristi e monaci cattolici, insieme a 141 tra pastori protestanti e preti ortodossi. E 1.034 sono morti nel campo.

SONO RIMASTI UMANI. La storia dei religiosi di Dachau, «tra i quali abbondano episodi di vero eroismo», è stata raccontata da Guillaume Zeller nel libro La Baraque des prêtres, Dachau, 1938-1945 (La baracca dei preti), appena uscito in Francia per i tipi di Éditions Tallandier. L’autore, giornalista caporedattore di DirectMatin.fr, è rimasto infatti colpito dalla loro «stupefacente dignità, mantenuta nonostante le SS facessero di tutto per disumanizzare e avvilire i prigionieri».

francia-zeller-nazisti-preti-cattolici-dachau-Baraque-prêtresDA TUTTA EUROPA. Intervistato dal Le Figaro, l’autore spiega che il Vaticano, «non potendo impedire la loro deportazione», era riuscito a farli mandare tutti insieme a Dachau, «anche se provenivano da ogni parte dell’Europa: Germania, Austria, Cecoslovacchia, Polonia, Belgio, Olanda, Lussemburgo, Francia e Italia».

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LA DEPORTAZIONE. Alcuni sono stati arrestati per essersi opposti al programma hitleriano di eutanasia (tedeschi), altri perché considerati come delle élites slave (polacchi), altri ancora per aver partecipato attivamente alla resistenza (francesi). «Primo Levi, per quanto ateo, aveva riconosciuto l’ammirevole statura morale e intellettuale dei rabbini deportati ad Auschwitz. Se le circostanze sono differenti – continua l’autore – la stessa cosa si può dire per i preti di Dachau».

FEDE COME «ARMATURA». Questi uomini di chiesa, spiega Zeller, «si sono sforzati di mantenere le virtù di fede, speranza e carità. La preghiera, i sacramenti e il sostegno dato ai malati e ai moribondi, la formazione teologica e pastorale clandestina, la ricostruzione della gerarchia ecclesiale sono stati un’armatura che ha permesso loro di preservare la loro umanità».

MALATI DI TIFO. Non mancano tra di loro storie di eroismo e santità. Nonostante le SS «cercassero di sollevare i detenuti gli uni contro gli altri», «i sacerdoti non hanno ceduto a questo meccanismo». Tra il 1944 e il 1945, in inverno, gli internati sono stati decimati da un’epidemia di tifo. «Mentre SS e kapo non si presentavano più nelle baracche contaminate, dozzine di sacerdoti vi entravano volontariamente, sapendo i rischi che correvano, per curare e consolare gli agonizzanti. Molti sono morti così».

SACRAMENTI IN PUNTO DI MORTE. A Dachau si è tenuta anche la prima – e unica nella storia della Chiesa – ordinazione clandestina a sacerdote di un seminarista tedesco in punto di morte. Il seminarista Karl Leisner ha ricevuto il sacramento dentro una baracca adibita a cappella dal vescovo francese di Clermont-Ferrand, monsignor Gabriel Piguet. Il vescovo era un maréchaliste, cioè sostenitore del maresciallo Pétain, a capo del governo collaborazionista di Vichy dal 1940 al 1944, ma «venne deportato a Dachau per aver aiutato a nascondere gli ebrei e infatti oggi fa parte dei Giusti dello Yad Vashem».

56 BEATI. Su iniziativa di Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e papa Francesco, «56 religiosi morti nel campo di sterminio sono stati beatificati, dopo che è stata riscontrata la pratica delle virtù naturali e cristiane in modo esemplare o eroico».

@LeoneGrotti

Tags: Benedetto XVIcattolicidachauebreiGiovanni Paolo IIPapa Francesco
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