L’8 settembre della Repubblica, doping, pena di morte

Di Tempi
05 Ottobre 2000
Caro direttore, mi permetto di segnalare a codesto giornale un brano (con relativa recensione) del libro di John Cornwell “Il Papa di Hitler” pubblicato nell’inserto culturale del quotidiano La Repubblica l’8 settembre 2000.

Caro direttore,
mi permetto di segnalare a codesto giornale un brano (con relativa recensione) del libro di John Cornwell “Il Papa di Hitler” pubblicato nell’inserto culturale del quotidiano La Repubblica l’8 settembre 2000. Libro contenente, già nel titolo, accuse infamanti contro la memoria di Pio XII (…) Ciò che mi addolora grandemente, più delle continue calunnie che da quarant’anni vengono propagandate contro la memoria di questo pontefice, è la quasi inesistente opera difensiva da parte dei cattolici. Questo dimostra – almeno esteriormente – un senso molto labile di appartenenza e al fatto che gli stati d’animo di complessi di inferiorità verso il mondo frutto della crisi post-conciliare non sono affatto superati. Voi che ne pensate?
Viscardo Timossi, Torino

Risponde Antonio Gaspari. Il libro di John Cornwell “Il papa di Hitler” è come si dice a Roma “una sòla” cioè una solenne fregatura. Già all’uscita dell’edizione inglese, Padre Pierre Blet dichiarò che: “Il libro di Cornwell è molto confuso. Non si tratta di una vera analisi storica. Mancano i documenti a sostegno delle sue tesi. Vengono mosse accuse gravissime a Pio XII, senza la prova dei fatti”. E Padre Georges Cottier, teologo della Casa Pontificia, e presidente della Commissione teologico-storica del Giubileo ha ribadito che: “Contro Papa Pio XII si assiste ad uno scandalismo continuo, disonesto e calunnioso”. Critiche dure sono state mosse al libro di Cornwell non solo dagli ambienti cattolici ma anche da storici e studiosi di estrazione diversa. A questo proposito Kenneth L. Woodward ha scritto sul settimanale statunitense Newsweek che “Errori nel raccontare i fatti e ignoranza del contesto storico appaiono in quasi ogni pagina del libro”. Specialisti in Storia di Francia, Svizzera, Olanda, Germania e Stati Uniti hanno severamente criticato il libro di Cornwell perché l’autore ha utilizzato in maniera esclusiva ed acritica solo i testi anticattolici, mentre la vasta letteratura che contraddicono le tesi di Cornwell è passata sotto silenzio. Anche l’autorevole professore ebreo Michael Marrus, storico e preside dei Graduate Studies presso l’Università di Toronto ha definito il libro di Cornwell “Superficiale e scandalistico”. Sarà anche per questo che le più autorevoli riviste di Storia si sono rifiutate di pubblicare una recensione del libro di Cornwell. L’inaffidabilità di Cornwell è così evidente che l’Osservatore Romano del 13 ottobre 1999 ha pubblicato una precisazione in cui si sottolineano le falsità raccontate dall’autore britannico. Cornwell ha affermato che il suo libro è frutto di mesi di lavoro nell’archivio della Segreteria di Stato. L’Osservatore Romano ha precisato invece che Cornwell ha consultato l’archivio della sezione per i Rapporti con gli Stati dal 12 maggio al 2 giugno 1997. Ha lavorato per meno di un ora al giorno per circa tre settimane. Oggetto della sua ricerca sono stati la Baviera (1918-1921); l’Austria, la Serbia e Belgrado (1913-1915) una documentazione che non ha neanche utilizzato. Cornwell ha affermato che i documenti da lui trovati erano stati tenuti strettamente segreti fino a quando egli svolse la sua ricerca. A questo proposito egli sostiene di aver trovato un documento esclusivo e inedito del 1919 che proverebbe l’antisemitismo di Pacelli. Cornwell parla di questa lettera come di “una bomba a tempo” che sarebbe stata tenuta segreta nell’Archivio Vaticano. In realtà L’Osservatore Romano ha fatto notare che tale lettera, di cui Cornwell cita solo alcuni frasi avulse dal contesto, era già stata pubblicata per intera in Italia otto anni fa nel volume scritto da Emma Fattorini “Germania e Santa Sede – la nunziatura di Pacelli fra la Grande Guerra e la Repubblica di Weimar”(Società Editrice il Mulino 1992). Per questo motivo appena arrivata nelle librerie l’edizione italiana del volume di John Cornwell “The Hitler’s Pope”, Emma Fattorini, docente di Storia Contemporanea all’Università la Sapienza di Roma, ha annunciato che presenterà una querela contro l’autore britannico. La denuncia della Fattorini infligge un altro duro colpo alla credibilità di Cornwell, la cui immaginazione cospirativa sembra non avere limiti, visto che nell’edizione italiana del suo libro sostiene che un il gruppo di conservatori nel Vaticano tiene in stato di quiescenza la causa di beatificazione di Giovanni XXIII mentre accelera quella di papa Pio XII. I fatti lo hanno smentito clamorosamente perchè Giovanni XXIII è stato beatificato il 3 settembre.

30/9/00 TG3 – Risulta che la Federazione di atletica leggera statunitense abbia tenuto nascosti i nomi di trentatrè atleti risultati positivi ai controlli antidoping effettuati l’anno scorso. 30/9/00. In un articolo di G. Toti sul Corsera, pag. 41, si viene a sapere che il Coni definisce “dati che arrecano disturbo” quelli relativi ai controlli effettuati dalla sua Commissione Antidoping, che rivelano valori di ormone della crescita (GH), fuori dalla norma per 61 atleti su 538 esaminati e 50 casi “borderline”. Il GH, se assunto artificialmente, può svolgere una funzione anabolizzante alternativa agli steroidi, con il rischio di effetti collaterali pesantissimi. Come già affermato in un precedente articolo del 21/9 su Tempi, il potere sportivo che non solo in Italia si intreccia pesantemente con quello politico, vuole il medagliere pieno e la faccia pulita, cosa che pare sempre più difficile. La Presidenza del Consiglio dei Ministri fa la pubblicità televisiva contro il doping ma la Commissione Antidoping del Coni, come riportato nell’articolo precedentemente citato “…vive ormai in un isolamento pressochè completo”. C’è una esigenza di verità ormai insopprimibile riguardo il doping e la integrazione vitaminica o alimentare che confina con esso e il mondo dello sport di elevata prestazione. Si tratta di capire fino a che punto è necessario per ottenere grandi risultati e, se eventualmente lo fosse, fino a che punto sia possibile praticarlo in modo “sano” intendendo con ciò, fino a che punto può farlo non esponendo la propria salute a gravi fattori di rischio.
Amedeo Zottola, Milano

Olimpico neo-collaboratore lei ha messo il dito nella piaga ben sapendo – da insegnante Isef e preparatore atletico qual è – di cosa scrive e parla quando parla di passioni e professioni sportive. Se non ci fosse questa moda di portare ogni cosa in tribunale si potrebbe discutere serenamente anche di sport e dichiarare apertamente che non dopare i bambini che lo fanno per crescere è un dovere, mentre, come lascia intendere lei, negare un moderato sostegno al testosterone (sotto il controllo medico) ai maggiorenni adulti che lo fanno per mestiere è un’(ipocrita) illusione. Il problema è che con tutti i guariniello che scalpitano per avere un’inchiestina che li farà andare sui giornali non c’è modo di ricondurre la discussione sul binari del buon senso. E così becchiamoci la Grande Sorella dell’Antidoping.

Caro direttore,
sai che sono sempre stato favorevole alla pena di morte, e non è facile in questi luoghi arrivare a un ripensamento delle proprie scelte e delle proprie convinzioni – la galera è più dura, lunga, violenta, più è ingiusta insomma, e più aiuta a mantenersi saldi nei propri valori, e anche nei propri errori… E forse solo con la tragica sceneggiata sulla morte di quello sciagurato di Rocco Derek Barnabei sono arrivato a rendermi conto dell’inattualità e dell’ingiustizia ora di ogni condanna a morte. Di quella pena di morte intesa non in senso “giustizialistico”, di difesa della collettività e di deterrenza contro il crimine, ma di evento simbolico, di suprema messa in gioco dell’individuo e della società… Una morte, e una condanna, che ora sono ridotte solo a pretesto per il più imbecille buonismo e per l’ininterrotto chiacchiericcio dei tanti giornalistipoliticiprofessoripretimoralisti che imperversano dai telegiornali, dai talk show, dagli articoli di fondo… E li abbiamo visti tutti, di destra e di sinistra, dal sindaco di Palermo Leo Luca Orlando alla onorevole Mussolini, tutti questi sempre fermamente contrari all’abolizione dell’ergastolo e delle norme per il carcere duro, tutti questi sempre contrari ad ogni ipotesi di amnistia e d’indulto anche per i reati più lievi, eccoli ora a perorare contro la pena di morte. Invocando di volta in volta la nazione e i principi dell’89, il diritto e la sociologia, ma senza che da tutte quelle parole e da quei proclami trasparisse un po’ di pietà e di umana simpatia, magari nel nome di Colui che accettò di essere ingiustamente condannato anche per rimettere le colpe di Rocco e di tutti noi…
Mario Tuti, sezione massima sorveglianza, carcere di Livorno

Caro Mario e cari lettori ecco le ultimissime che, una volta di più, dovrebbero scombussolare i conti dei pinocchi nostrani. Chi è il più di progressista dei seguenti due candidati alla Casa Bianca in materia di forca? Dichiarazione del candidato democratico Al Gore: “L’Amministrazione Clinton-Gore ha sostenuto gli sforzi per espandere i casi di applicazione della pena di morte. Da Presidente continuerei a sostenere la pena di morte e l’espansione dei casi di applicazione di essa laddove è appropriato”. Dichiarazione del candidato repubblicano G.W. Bush: “Più di sessanta reati federali sono già soggetti alla pena di morte e non credo che i casi di applicazione debbano essere espansi”. (in Chicago Tribune, 2.10.2000)

Caro direttore,
all’età di 98 anni, Luigi Gedda ci ha lasciato. Nato a Venezia nel 1902, Luigi Gedda ha attraversato la storia di tutto il secolo XX militando fin dalla giovinezza nel movimento cattolico italiano. Presidente centrale della GIAC, la Gioventù Italiana di Azione Cattolica, dal 1934 al 1946, Presidente degli Uomini di Azione Cattolica dal 1946 al 1949, e quindi Presidente Generale di tutta l’associazione dal 1952 al 1959, Gedda viene soprattutto ricordato per aver fondato i Comitati Civici, in vista delle elezioni del 1948 e su mandato di Papa Pio XII, ossia quel movimento civico-culturale di cattolici che Paolo VI in un’udienza del 1965 definirà come un’associazione “non partitica” che però si occupava di politica e “non strettamente religiosa” che però curava la formazione spirituale e dottrinale dei suoi membri. Unico esempio nella storia dei cattolici in Italia, accanto all’Unione Elettorale Cattolica Italiana, di impegno politico non partitico, i Comitati Civici verranno demonizzati per il loro impegno anticomunista e con essi il loro leader e fondatore. Ma, soprattutto, come mi disse Gedda in un incontro che ebbi con lui nel 1992, verranno “silenziati” dai dirigenti della Democrazia Cristiana, che mal sopportavano quello strumento di controllo sul loro operato, una sorta di sindacato degli elettori cattolici che ne difendeva gli interessi di fronte al partito. Ma la vita pubblica di Luigi Gedda non è riducibile a questo pur importante aspetto. Medico, genetista di fama internazionale, studioso di gemellologia, fonderà nel 1952 la rivista Acta Geneticae Medicacae et Gemellologiae e quindi, due anni dopo, l’Istituto di Genetica Medica e Gemellologia Gregorio Mendel, che ha diretto e frequentato fino a un anno fa. Nel 1961 vincerà il concorso bandito per la prima cattedra italiana di Genetica Medica, all’università di Roma. Ma la realizzazione che più rimarrà a testimoniare la fecondità spirituale della vita di Luigi Gedda è la Società Operaia, un’associazione laicale fondata da Gedda a Roma nel 1942 e tuttora operante, allo scopo di “raccogliere quanti ‘laici come laici’ volevano consacrare la vita a diffondere nel mondo presente il messaggio di Gesù”, seguendo una spiritualità incentrata nel Mistero dell’agonia di Cristo nel Getsemani. La Società Operaia è stata eretta in associazione di diritto pontificio dal Pontificium Consilium pro laicis nel 1981. Indubbiamente Gedda non ha ricevuto tanto quanto ha dato. “Inchiodato” come “pre-conciliare” ancora oggi da coloro che usano il Concilio Vaticano II per dividere la storia della Chiesa – come si può leggere nel ricordo dell’Azione Cattolica Italiana in occasione della sua morte (L’Osservatore Romano, 29 settembre 2000) – ha trasmesso invece un esempio di grande fedeltà alla Chiesa, che ha sempre servito e insegnato a servire, con passione e dedizione, spesso nel silenzio, come Gesù nel Getsemani, il Mistero che più amava.

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