L’Iran impicca un altro giovane per sedare la protesta

Di Leone Grotti
13 Dicembre 2022
Majidreza Rahnavard, 23 anni, avrebbe ucciso due membri delle forze di sicurezza durante le imponenti manifestazioni di piazza. Ma il processo si è rivelato una farsa
Majidreza Rahnavard impiccato in Iran
L'impiccagione di Majidreza Rahnavard in Iran

L’Iran ha impiccato pubblicamente ieri Majidreza Rahnavard, 23 anni, condannato per «aver dichiarato guerra a Dio» uccidendo due membri delle forze di sicurezza durante una delle tante proteste antigovernative scatenate dall’uccisione di Mahsa Amini. Si tratta della seconda persona uccisa con un’esecuzione pubblica nella Repubblica islamica in meno di una settimana per ragioni legate alle imponenti manifestazioni di piazza degli ultimi mesi.

I processi farsa in Iran

Rahnavard avrebbe ucciso a novembre con un coltello due membri delle milizie paramilitari Basij, ma il processo nel quale è stato dichiarato colpevole si è rivelato una farsa. La corte rivoluzionaria di Mashahd, infatti, non ha permesso all’imputato di scegliersi un avvocato e non gli ha dato accesso alle prove di colpevolezza a suo carico.

Anche la rapidità dell’esecuzione è sconcertante: Rahnavard era stato arrestato solo 23 giorni prima, il 19 novembre.

La prima esecuzione era stata effettuata l’8 dicembre: il giovane Moshen Shekari era stato impiccato per aver ferito un membro delle forze di sicurezza durante scontri tra manifestanti e polizia.

Già 459 persone uccise dal regime

Le proteste scoppiate a settembre sono state brutalmente represse nel sangue dalle autorità dell’Iran. Secondo l’ong Iran Human Rights 459 persone sono già state uccise dal regime e oltre 18 mila arrestate.

Secondo gli attivisti almeno una decina di manifestanti sono già stati condannati a morte in seguito a processi a porte chiuse. Tra questi c’è Mahan Sadrat, 23 anni, condannato dalla Corte rivoluzionaria di Teheran per «aver causato un clima di paura e insicurezza» maneggiando un coltello. L’imputato ha negato durante il processo di aver protestato con un coltello. Il giovane, fermato a ottobre, è stato condannato il 3 novembre.

Lo scempio delle corti rivoluzionarie

Per frenare le proteste di massa il regime iraniano sta usando bastone e carota. Da un lato ha annunciato di aver abolito la famigerata polizia religiosa responsabile dell’arresto della 22enne Mahsa Amini (anche se come abbiamo spiegato la realtà è un po’ diversa).

Dall’altro ha dato ordine alle corti rivoluzionarie di condannare a morte i manifestanti, accusati di aver ucciso o ferito membri delle forze di sicurezza, per scoraggiare i giovani dal continuare a protestare. Una tattica che difficilmente darà gli esiti sperati dal regime.

@LeoneGrotti

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