La preghiera del mattino

L’Italia non è più subalterna alla Francia e al suo confuso presidente

Di Lodovico Festa
28 Agosto 2023
Rassegna ragionata dal web sulle difficoltà interne ed esterne di Macron, non più dominus della politica europea e ora disposto a dialogare con Meloni
Meloni Macron
La presidente del Consiglio Giorgia Meloni con il presidente francese Emmanuel Macron (foto Ansa)

Sulla Nuova bussola quotidiana Stefano Magni scrive: «Le memorie di Sarkozy sono importanti per capire certe dinamiche dell’Unione Europea. Prima di tutto appare ancora come un condominio di Stati, nel quale quelli più potenti possono permettersi di “sacrificare” (parola di Sarkozy) i governi non graditi. In secondo luogo, è evidente l’ingerenza negli affari interni di un Paese, dietro il pretesto che un errore in Italia possa provocare conseguenze in tutta la comunità».

Magni spiega come le memorie di Nicolas Sarkozy descrivano bene l’Europa che si è venuta delineandosi con Jacques Chirac e Gerhard Schroeder durante la seconda guerra del Golfo quando Parigi e Berlino presero le distanze da George Bush jr, una convergenza che poi si perfezionò dopo il 2008 con Angela Merkel d’intesa prima con Sarkozy e poi con Emmanuel Macron, con l’obiettivo di un’Unione sbrigativamente gestita dalla diarchia franco-tedesca. Sarkozy, in parte anche perché è ancora nei guai con la giustizia del suo Paese, racconta queste vicende per cercare di far da sponda a un Macron che l’ex presidente vorrebbe veder ripresentarsi come dominus della politica europea.

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Su Startmag Vittorio Parsi dice: «Macron è in evidente stato confusionale. Pensa di essere De Gaulle, ma è preso dal complesso di Asterix: nella testa ha il gallismo, non il gaullismo. Dobbiamo evitare di mostrare un fronte disunito ai dispotismi proprio mentre loro si uniscono. Macron non è certamente un buon esempio di intelligenza politica: è stato artefice dei rapporti tra l’Europa e la Russia, e ora sta facendo lo stesso errore con la Cina. Probabilmente è ancora arrabbiato con l’America per l’affare Aukus. Come Unione Europea abbiamo una sacrosanta necessità di autonomia strategica, che tuttavia non significa illuderci che il destino di Taiwan non ci interessi. Muoversi con l’indipendenza strategica adesso, però, quando non ne abbiamo le capacità, è soltanto velleitario e divisivo. Non dobbiamo renderci indipendenti dagli Stati Uniti in astratto, ma piuttosto agire concretamente per fare in modo che se un domani alla Casa Bianca dovesse tornare Donald Trump o uno come lui, l’Unione Europea sia in grado di difendere i suoi confini, a prescindere da eventuali patti fra Washington e Mosca. Io sono favorevole a un’Europa con maggiori capacità militari e maggiori volontà politiche di utilizzare questi asset in maniera dissuasiva, di deterrenza, in modo da non doversi trovare nella condizione di combattere o arrendersi. In passato è stata però fatta una scelta di free-riding sulla sicurezza. Il nostro modello era il seguente: gli Stati Uniti provvedevano, pagando, alla nostra sicurezza; noi, intanto, prendevamo energia e basso costo dalla Russia. Tutto questo ora non è più possibile».

Però, come racconta Parsi, Macron è in stato confusionale nel gestire la politica estera sia per i guai sul fronte interno sia per i disastri combinati in Africa.

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Su Scenari economici Giuseppina Perlasca scrive: «Sull’immigrazione, Emmanuel Macron ha affermato che il Paese non è “sopraffatto”. “È sbagliato dirlo”, ha insistito, perché “le persone più distaccate dai nostri valori spesso nascono qui”. Tuttavia, ha riconosciuto alla rivista la necessità di “ridurre significativamente l’immigrazione”, e più in particolare quella cosiddetta “illegale”. Parole che si contraddicono fra di loro e contraddicono i fatti visti nelle ultime rivolte delle banlieu, dove si è avuta la netta sensazione che il governo avesse perso completamente il controllo».

Sono passati i bei tempi quando il ministro degli Interni francese Gérald Darmanin sferzava il governo italiano per la sua politica sugli immigrati.

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Su Affari italiani si scrive: «Laurence Boone ha rilasciato un’intervista al Corriere della Sera in cui apre all’Italia. La nostra posizione “è sempre stata chiara. Noi appoggiamo nuove regole che promuovano la stabilità nel medio termine e la crescita. Siamo contrari a misure di contenimento dei conti semplicemente quantitative, che provocherebbero irrealistici aggiustamenti di bilancio. Pensiamo che vadano considerate le specificità nazionali. E bisogna conciliare le correzioni contabili con la necessità di riforme per la crescita e gli indispensabili investimenti in transizione ecologica e digitale, nonché per la difesa”, dice Boone al Corriere. E ancora: “Sappiamo che ci sono dei problemi comuni che non possiamo risolvere da soli. Per esempio l’immigrazione e su questo stiamo collaborando bene con l’Italia; oppure la risposta all’Ira, gli incentivi alle industrie americane. Possiamo lavorare insieme sul patto di Stabilità”».

Le parole di Boone, ministro francese per gli Affari europei, spiegano come dopo la stagione dei misteriosi trattati tra Roma e Parigi, che ci vedevano subalterni e sui quali il nostro Parlamento non era stato neanche chiamato a esprimersi, oggi il dialogo tra Macron e Giorgia Meloni possa avvenire in modo trasparente e nel rispetto della pari dignità.

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