
Io (stabilendo un record) qualcuno l’ho visto
I film finanziati dalla commissione solitamente escono a ferragosto, e spesso… non escono nemmeno. Del resto, come non aiutare la carriera di uno dei più grandi autori contemporanei, Francesco Ranieri Martinotti, davanti a cui Orson Welles non meriterebbe di annodare nemmeno i calzari? Branchie, il suo ultimo capolavoro, è un film osceno e delirante al tempo stesso. Il giovane Marco Donati (G. Grignani), lavorante nel campo degli acquari, decide di compiere un viaggio in India per cercare nuovi stimoli lavorativi ed affettivi: non combinerà una mazza ma troverà se stesso. Un film che vorrebbe essere «una riflessione acuta sul mondo giovanile» è in realtà una melassa stupida da consigliare al peggior nemico di sempre. I quattro miliardi dei contribuenti sono serviti per la gita in India e per l’acconciatura del nuovo Di Caprio, Gianluca Grignani. Altro capolavoro (ahimè) passato in sordina è il celeberrimo Donne di piacere di Paolo Fondato. Finanziato con più di due miliardi è la vicenda pruriginosa di alcune prostitute che, invece di far quello che dovrebbero fare, si improvvisano poetesse e intrattengono i clienti bavosi con la storia sdolcinata della loro vita. Un film di grande impatto civile che prende a cuore temi forti come il dramma della prostituzione e l’insufficienza delle pose del Kamasutra, ma che stanca promettendo nudità di belle donne, mostrandone solo (e da lontano) sottane colorate. Cast stellare (Athina Cenci, Elena Sofia Ricci, Tiziana Lodato), incassi penosi. Il Fantasma dell’opera è invece uno degli ultimi film di Dario Argento, sopravvalutatissimo regista che si guarda bene dallo spendere di tasca sua qualche soldo per produrre un proprio film e spilla dalla commissione più di tre miliardi. Il Fantasma dell’opera è un film sconcertante, senza dialoghi che possano essere definiti tali, senza storia e senza suspence, ma con attori in (dis)grazia e un narcisismo dilagante. E che dire invece de L’odore della notte, ennesimo cult-movie di Claudio Caligari? Remo Guerra è il capo di una banda di rapinatori, che, ispirandosi al film Arancia Meccanica rapinano ville e massacrano i proprietari. Il film che di culturale ha forse lo spunto da un fatto di cronaca avvenuto agli inizi degli anni ’80, è un filmaccio con buoni attori ma con dialoghi più adatti ad uno show con Enrico Papi che non ad un film “culturale”. Brutto, piatto e infinitamente ridicolo. Presentato a Venezia ’99, fu il momento più rilassante della Mostra. Infatti tutti si addormentarono. Mirka di Rachid Benhadji è invece semplicemente terribile: la storia di Mirka, figlio di uno stupro etnico, dovrebbe essere il simbolo innocente della guerra dei Balcani. In realtà tutto è svilito in situazioni lacrimevoli e drammi poco credibili. Tutto è sciocco, inutile, arrogante ma ciò che impressiona di più è il cast (sprecatissimo): gente del calibro di Depardieu, della Redgrave e di Rubini, costretti a fare da spalla a Barbara Bouchet, non danno lustro al film, chiedono soltanto giustizia. Ed infine lui, Il popolo degli uccelli, per cui vanto, modestamente, un record: sono stato uno di quei 150 spettatori che hanno avuto la fortuna di vederlo in un cinema. Il film non merita commenti e gli incassi (poco più di un milione contro diversi miliardi di finanziamento) parlano da soli; gli spettatori sì: in sala le poche decine presenti erano tutti uomini e pieni di speranza di un film diverso. Ancora una volta il titolo li aveva smentiti.
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