Il Sinodo dei vescovi maroniti ha eletto mons. Béchara Raï, vescovo di Jbeil, 77mo Patriarca di Antiochia e di tutto l’Oriente. La Chiesa cattolica maronita ha dunque una nuova guida dopo le dimissioni del cardinale Nasrallah Boutros Sfeir, 90enne, per raggiunti limiti di età.
Il nuovo Patriarca maronita è nato il 25 febbraio 1940 a Himlaya, in Libano. Il 3 settembre 1967 viene ordinato sacerdote nell’ordine maronita mariamita (Ar-Rouhbanyat Al-Marounyat Liltoubawyat Mariam Al-Azra). Il 2 maggio 1986 diventa vescovo ausiliare di Antiochia. Il 12 luglio 1986 viene ordinato vescovo di Caesarea Philippi. Il 9 giugno 1990 viene nominato vescovo di Jbeil in Libano.
La Chiesa maronita conta oggi circa tre milioni di fedeli, due terzi dei quali vivono in diaspora. È strutturata in 23 diocesi e due vicariati in Libano e in altre parti del mondo. Le origini sono riconducibili al Convento di San Marone, situato in Siria, nell’antica località di Apamea.
Pubblichiamo un’intervista inedita al nuovo Patriarca di Antiochia e di tutto l’Oriente realizzata da Maria Acqua Simi con la collaborazione dell’inviato speciale di Tempi Rodolfo Casadei.
Eccellenza, quale situazione vivono attualmente i cristiani in Libano?
I cristiani in Libano sono considerati ufficialmente la metà della popolazione. La loro presenza è importante a tutti i livelli, e riveste un grande peso nella vita pubblica nazionale, compresa la vita politica. Attualmente esercitano un grande influsso sulla vita culturale, economica, finanziaria, industriale e sociale libanese. Mentre il loro ruolo nella politica è diventato marginale a causa del conflitto politico tra i sunniti e gli sciiti libanesi, riflesso del più vasto conflitto fra le due componenti principali dell’islam a livello regionale, e che in Iraq si esprime in guerra aperta.
Un altro aspetto negativo dell’attualità del Libano è la forte emigrazione dei libanesi in generale e dei cristiani in particolare, a causa dell’acuta crisi economica che sfocia nella disoccupazione diffusa e in particolare nella mancanza di possibilità di lavoro qualificato che possa trattenere la nuova generazione di laureati. La Chiesa in Libano è molto forte a livello istituzionale: abbiamo università, scuole, ospedali, centri sociali per tutte le categorie e condizioni umane, nonchè strutture pastorali e proprietà immobiliari.
Il Libano è l’unico paese nel Medio Oriente avente un Capo di Stato cristiano, per la precisione maronita, in virtù del Patto Nazionale del 1943. La formula politica libanese, che è unica in tutto il Medio Oriente, riconosce e organizza la partecipazione su base paritaria di cristiani e musulmani al potere politico e amministrativo. Questa formula è applicata nel Parlamento, nel Consiglio dei ministri e nelle funzioni di primo livello. Per le altre funzioni si cerca di rispettarla subordinandola ai criteri della capacità e dell’equità.
In che modo vi curate dei giovani cristiani libanesi? Al Sinodo per il Medio Oriente si è parlato dell’esigenza di aiutare i giovani cristiani libanesi a rimanere nel Paese.
La Chiesa assicura ai giovani un formazione culturale di livello superiore nelle sue scuole e università. A livello pastorale esistono diversi movimenti e organismi per i giovani che li formano spiritualmente e culturalmemte e li aiutano ad approfondire la loro identità cristiana e il senso della loro presenza in Libano e nei paesi del Medio Oriente. Molte possibilità di lavoro sono offerte loro all’interno delle Istituzioni educative, caritative e ospedaliere appartenenti alla Chiesa. Possono anche usufruire delle proprietà immobiliari della Chiesa per iniziative nel campo della cultura e dell’industria del turismo, allo scopo di creare lavoro e assicurare l’avvenire.
La Chiesa insiste sempre presso i responsabili politici perché si dedichino al miglioramento della situazione economica di modo che essa possa rispondere alle aspettative dei giovani, specialmente dei numerosi detentori di diplomi universitari.
Lei ha detto che oggi i cristiani sono politicamente marginali. Ma il cristianesimo incide nella vita politica libanese? Come?
Il sistema politico del Libano è differente da quello di tutti gli altri paesi mediorientali proprio grazie all’influsso del cristianesimo. Mentre in tutti i paesi arabi nonchè in Turchia, nell’Iran e in Israele il sistema politico è basato sul predominio di una componente confessionale (quella musulmana sunnita o sciita a seconda dei paesi, quella ebraica in Israele), in Libano il sistema è democratico. Mentre in tutti quei paesi i musulmani o gli ebrei detengono il potere politico, amministrativo e giudiziario in esclusiva, in Libano cristiani e musulmani partecipano al potere su base di ugualianza, secondo la norme costituzionali. Mentre in quei paesi vige un principio di unicità, in Libano vige la pluralità nell’unità e sono garantite a tutti tutte le libertà pubbliche: la libertà di espressione, di religione e di coscienza. Tutto ciò è il risultato dell’influsso del cristianesimo. Dunque il cristianesimo incide tuttora nelle decisioni politiche del Paese.
In che misura i cristiani sono dotati di strumenti di comunicazione e di informazione in Libano?
Per quanto riguarda la carta stampata ci sono quotidiani, settimanali e bollettini; esiste una radio che si chiama “Voce della Carità” che trasmette 24 ore su 24 e si acolta anche su internet. Esiste un canale televisivo, “TéléLumière/Nour Sat”, diffuso 24 ore su 24 anche sul satellite. I programmi radiofonici e televisivi toccano diversi argomenti: religione, teologia, liturgia, spiritualità, storia, cultura, musica, canti, celebrazioni liturgiche, questioni nazionali, ecumenismo, dialogo interreligioso, ecc. Caratteristico del Libano è poi il fatto che tutti i mezzi di comunicazione sociale, sia quelli cristiani che quelli musulmani, offrono un grande spazio di informazione riguardante la Chiesa e le sue attività, perfino con l’emissione in diretta o in differita delle celebrazioni liturgiche in speciali ricorrenze.
Quali soluzioni adotta la Chiesa maronita per i cristiani emigrati in altri paesi del vicino Oriente e nel resto del mondo?
La Chiesa li assiste con sacerdoti, religiosi e religiose; crea dove può strutture pastorali: parrocchie, missioni e diocesi; fonda scuole e centri sociali e culturali; crea legami tra gli emigrati e la patria; organizza attività turistiche e cicli culturali; organizza gemellaggi tra le città dove vivono ora e i loro paesi o villaggi di origine; mantiene e alimenta i contatti con loro in diverse forme.