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Intervista – Fucili, pistole e pallottole: strumenti d’arte per Angelo Brescianini

DSC_0015Facendo una ricognizione delle più significative tendenze dell’arte contemporanea mondiale, a partire dagli anni settanta del novecento fino al primo decennio del nostro secolo, emerge un artista italiano: Angelo Brescianini, che si sta distinguendo a livello internazionale come assoluta rivelazione. Lo abbiamo incontrato e intervistato nel suo studio di Palazzolo sull’Oglio (BS), dove l’artista opera da molti anni. Ci accoglie con cordialità e ci mette subito a nostro agio. Il suo basco nero calato sulla fronte sottolinea la sua espressione sorridente e ironica scandita dai suoi fluenti baffi frastagliati di grigio. Ci conduce verso un armadio blindato, dove custodisce una specie di arsenale: Fucili, pistole e pallottole di ogni genere. Ecco, Questi sono i miei pennelli! Tutti rigorosamente registrati e custoditi dentro quel sarcofago di acciaio blindato. Senza di questi non potrei creare. In un’altra sala adiacente, su di un enorme bancone centinaia di carte impolverate; ne afferra qualcuno è dice: ecco questi sono il frutto delle mie notti insonni, i progetti delle mie opere; quando mi viene un’idea mi alzo a qualsiasi ora e devo fissarla almeno sulla carta, non potendo sparare a quell’ora! Ogni lastra di acciaio o di alluminio è creata con questi insoliti strumenti di lavoro; io non sono cacciatore non ho mai sparato neppure su una mosca! Le armi le amo perché mi permettono di fissare le mie idee in modo istantaneo, non esiste strumento più veloce! Ho sfidato addirittura la gestualità di Lucio Fontana, che tuttavia rispetto perché è stato il pioniere, a trasgredire la tradizione secolare della pittura. Poi ci accompagna in un altro ambiente circondato da taniche traboccanti di colori, ma la nostra attenzione viene subito attratta da una serie di grandi lastre di acciaio che il maestro ci scopre, lasciando cadere alcuni teli di protezione. Fluenti bugnature carpiscono la scarsa luce in tutte le sue angolazioni creando un flusso di continuità agli occhi dell’osservatore. È un uomo schivo ma fiero dei suoi mezzi, ci prega di chiamarlo per nome e di dargli del tu.

Maestro Brescianini, finalmente è arrivato il tempo dei riconoscimenti! Un momento della tua carriera ricco di popolarità. Mostre in Musei e in gallerie prestigiose di tutto il mondo, un successo di critica, di monografie e di articoli su periodici specializzati; soprattutto il tuo lavoro piace molto alle nuove generazioni. Come spieghi tutto questo?

I giovani sono molto attenti ai cambiamenti e soprattutto ai nuovi linguaggi espressivi della storia dell’arte, ed io ho cercato per anni di parlare con un nuovo linguaggio sia tecnico che simbolico. Difatti uso strumenti di lavoro insoliti come le armi da fuoco. Cerco di catturare la luce e intrappolarla con le bugnature create dalle pallottole; solo la loro velocità mi permette l’immediatezza del gesto.

Spazialisti, estroflessori, poveristi, analitici… siamo al collasso dell’arte! Come definiresti il tuo stile nel panorama dell’arte contemporanea?

Semplicemente quello di essere indipendente da tutte le mode! Io non ho mai guardato nessuno, perché la ricerca del nuovo si deve ottenere in se stessi, con la sperimentazione dei materiali e la meditazione; beninteso! meditare non sul lavoro degli altri ma sul proprio. Infatti nessuno può definirmi un estroflessore o uno spazialista o altro. Il mio stile si basa sulla velocità di esecuzione come ho sempre detto! Forse l’artista da cui mi sono sempre sentito attrarre era Caravaggio, il quale usando il pennello come fosse la spada, riusciva a intrappolare la luce; le sue saettanti biacche equivalgono alle mie bugnature!

Vogliamo sfatare definitivamente il mito di cosa rappresentano per te le armi da fuoco?

Sono i miei pennelli! Sono spatole e pennelli che fanno bum… Senza di queste non potrei creare; per me non hanno una funzione di offesa ma tutt’altro. Io doso la polvere, il proiettile arriva solo dove voglio io e cioè a plasmare il metallo come fosse una carezza.

Angelo hai sparato molti colpi nella tua carriera? Hai esaurito tutte le tue cartucce in funzione della creatività?

Assolutamente! Io ho in mente molte cose di più di quello che riesco a fare; una volta una vecchietta mi disse: “Sai non voglio morire nemmeno l’anno prossimo perché ogni giorno ne vedo una nuova”. Così la notte non dormo mi sveglio e disegno sulla carta quello che il giorno successivo farò sulla lastra.

Brescianini, 14 spari di fucile ca. 12, 2015, inox, cm 125x125Tu affermi che le tue opere non hanno bisogno di potenti riflettori, ma come fanno a illuminarsi a sufficienza? Anche la gamma cromatica si è ridotta sensibilmente nel tuo lavoro sino a diventare monocroma, anche le lastre metalliche non sono più specchianti, puoi spiegarci i motivi?

Basterebbe solo la flebile fiamma di una candela per illuminarle a sufficienza! Per me l’opera d’arte deve essere luogo di meditazione, di poesia; alterno superfici riflettenti a lastre satinate dove il riflesso dello spettatore si affievolisce divenendo evanescente ma sempre partecipativo. La gamma cromatica invece, si è ristretta in gradazioni di colori primari: rosso, blu, giallo, bianco e nero; tratto le superfici con microsfere di cristallo per ottenere anche su di esse la rifrazione della luce.

La tua produzione spazia dalla scultura alla pittura al design, sappiamo che sei stato attratto anche dalla optical-art. Ci puoi dire qualcosa a proposito di questo periodo della tua carriera?

Negli anni settanta a Palazzolo si erano svolte alcune mostre dedicate all’arte cinetica e, all’epoca, erano intervenuti diversi artisti tra cui: Julio Le Parc e Horacio Garcia Rossi con il quale strinsi subito rapporti amichevoli, tanto che negli anni successivi lo ospitai nel mio laboratorio dove creammo anche qualche lavoro a quattro mani. Ho dei bei ricordi di quel periodo ed è proprio in quegli anni che realizzai le mie scatole dinamico-cinetiche. Era un periodo terribile, dovevo pensare alla famiglia, non riuscivo a vendere nulla e quindi mi dovetti dedicare al design, così comincio la mia collaborazione con architetti e artisti presso la galleria “Spirale arte” di Milano che in quel periodo produceva i multipli e oggettistica di artisti famosi.

Il 2016 sarà fitto di eventi. Puoi anticiparci qualcosa del tuo futuro in campo espositivo ed editoriale?

Cari ragazzi, ho imparato una cosa importante nella vita. Un artista se vuole riuscire nella sua carriera si deve occupare solo del proprio lavoro! Non può fare contemporaneamente due o più cose. Ed è esattamente quello che ho fatto, ho dato incarico al professor Antonio Falbo, che da anni si occupa del mio lavoro, di rappresentarmi e di curare la mia immagine e il mio archivio. Oggi, lo staff che collabora con lui, cura i rapporti con le gallerie a livello espositivo ed editoriale, se qualcuno vuole info deve rivolgersi a loro. È di prossima pubblicazione il primo volume del catalogo generale ragionato. Per quanto riguarda i prossimi eventi, sono stato informato del programma espositivo e sto lavorando per le prossime mostre: Londra, New York, Dallas, Dubay e mi hanno appena informato di una mostra a Mosca. Vi posso anticipare che sto realizzando alcune opere di grande formato per gli allestimenti di Dubay e New York, dove gli spazi espositivi sono giganteschi.

Ndr: Chi volesse vedere le sue opere può recarsi presso il Lattuada Studio di Milano fino al 13 febbraio 2016.

@ARTempi_

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