Iniziare la scuola per sorprendere la vita nel suo darsi
È iniziata la scuola e i quotidiani si sono concentrati sul tema dei vaccini e del green pass. Ovvio, la cronaca preme e i giornali sono il racconto del presente, quindi nulla di strano. Un po’ più strano è che questo sia l’unico argomento che sembra interpellare il mondo dell’educazione, che è affare un po’ più ampio di mere questioni procedurali e sanitarie.
Perché è vero che da mesi c’è l’emergenza Covid, ma da quanti decenni c’è l’emergenza educativa?
Carne, non emoticon
Per focalizzare questo aspetto, riprendiamo uno spunto fornito da monsignor Massimo Camisasca sul numero di agosto di Tempi (“La parola è carne, non emoticon”), nel quale il vescovo di Reggio Emilia – Guastalla parlava di tutti i temi della cronaca (la dad, la comunicazione frammentata del web, l’affievolirsi di un rapporto col docente), dentro una prospettiva di trasmissione di sé e del sapere.
Una realtà viva
Il primo punto è che una scuola che non sia in presenza e che, fatte salve le situazioni di emergenza, si arrenda alla comunicazione on line, si perde qualcosa.
«La scuola è il luogo in cui il giovane, attraverso diverse discipline e la mediazione di un maestro, viene introdotto a quel patrimonio di cultura che lo costituisce e che egli, nello stesso tempo, è chiamato a ricreare. Il sapere che la scuola veicola, dunque, non è semplicemente un insieme di informazioni di immediata utilità pratica, ma una realtà “viva”, capace di interagire con noi e di “umanizzarci”».
Faccia a faccia
Non dobbiamo temere le tecnologie, ma nemmeno farne un idolo. Gli strumenti tecnologici sono utili e preziosi, ma non possono essere sostitutivi del rapporto che si instaura in presenza. Il rischio è quello di «ridurre l’esperienza educativa trasformando l’insegnamento a comunicazione di informazioni».
Ancora Camisasca:
«In un mondo nel quale le relazioni interpersonali passano già in larga misura attraverso i social, è possibile pensare di fare a meno del rapporto diretto tra docente e discente o di eroderne progressivamente i tempi a vantaggio di ulteriori relazioni mediate da uno schermo? La forma a distanza riduce l’aspetto multisensoriale della relazione tra persone e, con esso, tutti i fattori di sfondo della comunicazione faccia a faccia, che fanno parte integrante del processo di trasmissione di contenuti e comprensione. Si smarrisce anche la possibilità di approfittare del portato educativo di situazioni “spontanee”, tipiche della vita di scuola, che consentono al docente di entrare più a fondo nella vita dei propri studenti: dalla chiacchierata in corridoio a una semplice battuta, da una richiesta di chiarimento a fine lezione alla possibilità di prendere da parte un ragazzo per affrontare con lui determinate questioni».
Una ipotesi di significato
Il punto, dice Camisasca, è che «la relazione in presenza consente di “sorprendere” la vita nel suo darsi e, con essa, le occasioni che offre».
«L’educazione esige la presenza di un adulto educatore, di una persona animata da un’ipotesi di significato nel suo sguardo sul mondo e sulla vita».
Foto Ansa
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