Appartengo a Comunione e Liberazione dall’età di 16 anni. Ne ho 58. Vedete voi se non conosco i miei polli e il mio pollaio. Per dieci anni, negli anni ’70, in tutte le scuole e università d’Italia, ne abbiamo prese di santa ragione. Da destra e da sinistra (più da sinistra che da destra). Nessuno ci difese allora (se non Paolo VI). Nessun giornale scriveva allora la verità su di noi (se non, alla vigilia di essere ucciso, Walter Tobagi). Tre grandi giornali (La Stampa, L’Espresso, Il Manifesto) furono condannati nei tribunali, molti anni dopo averci accusati di essere al soldo della Cia (ma intanto gli estremisti ci avevano malmenato decine di militanti e bruciacchiato oltre un centinaio di sedi). Nessun magistrato scovò mai i nostri aggressori (fui personalmente vittima con altri dieci amici, tra cui tre ragazze, di un’aggressione antifascista, nel 1976, mentre attaccavo manifesti per una raccolta di fondi a favore dei terremotati in Friuli, ma il giudice istruttore di Milano ci convinse a ritirare la querela con l’argomento che altrimenti ci avrebbe rinviato a giudizio per rissa).
Vent’anni dopo, uno dei nostri, tale Roberto Formigoni, era al governo della Lombardia. Non escludo che, in 18 anni di governo, abbia fatto e detto anche cavolate. Non escludo che talune di queste ipotetiche cavolate possano avere rilievi penali e che il ragazzo, che a un certo punto cominciò a portare certi vestiti stravaganti, sia incorso in cadute di stile petulanti e onnipotenze da vip. Escludo, però, che Formigoni sia uno che ha fatto politica per fare soldi e sia un associato a delinquere. Lo diranno i processi, mi direte voi, e sono d’accordo, ma intanto – è documentato in lungo e in largo – nemmeno le sentenze potranno mai ribaltare la verità fattuale e documentata da decine di osservatori nazionali e internazionali, che nel ventennio di Formigoni in Lombardia si è fatto bene, molto bene, ciò che non si è fatto nel resto d’Italia: bilanci in attivo o pareggio, grandi opere, sussidiarietà nei servizi, sanità eccellente, minor numero e costo del personale per abitante. Tant’è, adesso Formigoni è nel tritacarne e non si può che augurargli di uscirne a testa alta. E se ha fatto cose di cui pentirsi, che si penta e che paghi. Però.
Però, a proposito dell’inchiesta della procura di Milano che ha condotto in carcere con l’accusa di truffa e turbativa d’asta l’ex direttore di Infrastrutture lombarde Antonio Rognoni, il suo collaboratore Paolo Perez e due avvocati legati da rapporti di consulenza con Regione Lombardia (Fabrizio Magrì e Carmen Leo), abbiamo letto quanto segue sui due maggiori quotidiani nazionali. Repubblica, martedì 25 marzo, titolo di prima pagina: “Expo, CL nel mirino dei pm. ‘Così pilotavano gli appalti’”. Corriere della Sera, stesso giorno, titolo in cronache, pagina 19: “Un intreccio affaristico tra manager, Regione e Compagnia delle Opere”.
Negli stessi giornali e altrove (La Stampa, Il Fatto Quotidiano), si pubblicano brani delle note di polizia giudiziaria e delle ordinanze di custodia cautelare in cui pubblici ministeri e ufficiali di Guardia di Finanza stabiliscono un nesso esplicito tra ipotesi di reato e, scrivono gli inquirenti, «ambienti riconducibili alla Compagnia delle Opere». Su questo nesso, naturalmente, si impiantano paginate di scenari corruttivi incentrati su Cl. Tant’è che oltre al titolo in prima, Repubblica si sente autorizzata a ribadire (titolo di pagina 12): “Expo, la rete di CL e Regione nel mirino dei pm”.
In realtà, Comunione e Liberazione non è accusata di nulla e nulla ha a che vedere con l’inchiesta che ha portato in carcere i quattro manager e avvocati di regione Lombardia. (Apro una parentesi per informare il lettore che a partire da domani, giovedì 27 marzo, nell’edizione di Tempi in edicola, troveranno una documentata versione opposta a quella offerta dall’accusa circa l’operato di Infrastrutture Lombarde, a firma dell’attuale presidente della giunta lombarda Raffaele Cattaneo e da noti titolata: “Un clamoroso caso di efficienza”).
Ma per tornare a Cl, cosa c’entra Cl?
Insomma, e torniamo alle notizie sul caso Lombardia (e di tutti i casi riguardanti l’ex presidente della Lombardia Roberto Formigoni), viene da chiedersi se – oltre al solito tran tran di violazione del segreto istruttorio, cattiverie, tortura e condanna in via preventiva degli indagati – non ci sia per caso anche un problema di formazione e di aggiornamento professionale degli organi di polizia giudiziaria.
Perché dico questo? Perché la funzione di polizia giudiziaria, svolta sotto la direzione del pubblico ministero, non dovrebbe avere lo scopo di censire e segnalare ai pm le proprie deduzioni sulle libere associazioni dei cittadini (ancorché risulti che un indagato sia iscritto a una di esse), ma quello di acquisire la notizia di reato, ricercarne l’autore e gli elementi di prova utili per assicurarlo alla giustizia. (A dire il vero, secondo l’articolo 358 del Codice di Procedura Penale, il pubblico ministero e di conseguenza la PG «svolge altresì accertamenti su fatti e circostanze a favore della persona sottoposta alle indagini». Ma da quanti anni questo articolo è di fatto lettera morta in Italia?).
In ogni caso, dalle indiscrezioni e cattiverie e torture che si leggono sui giornali, la ricorrente anomalia che si registra (solo) in Lombardia è che da certi atti di polizia giudiziaria e da certe ordinanze dei pm emerge puntualmente l’apparentamento tra presunti reati e il fatto che gli indagati frequentino o abbiano mai frequentato un’associazione religiosa di nome Comunione e Liberazione. Nel caso in questione – inchiesta Infrastrutture Lombarde – di indagati appartenenti a Cl ce ne sarebbe uno soltanto. Ciononostante il film che viene proiettato è il solito, ormai ricorrente da qualche anno e che ci riporta alla sceneggiatura “Formigoni-Cl”.
Qual è la stranezza della cosa? È evidente. In qualunque genere di inchiesta, pubblici ministeri e polizia giudiziaria non sembrano interessati al fatto, come è giusto che sia, che un indagato possa avere in tasca la tessera dell’Azione cattolica piuttosto che dell’associazione Confindustria o il circolo degli avvocati pinco pallo. Non interessa, come è giusto che sia, che un indagato possa essere iscritto all’associazione dei cacciatori o al Rotary Club. E potrebbe forse incidere in un’inchiesta il fatto che, poniamo, persone a cui si contestano certi reati frequentino i club della Juventus o abbiano in tasca la tessera della tribuna dell’Inter? Ovviamente la risposta è negativa.
Una cosa sono i reati, un’altra è la libertà di pensiero e di associazione. Principi sacri e intangibili, che vengono promossi e tutelati dalla Costituzione e da ogni stato di diritto democratico. E allora perché ciò che vale per tutte le libere associazioni non vale per Comunione e Liberazione, al punto che – come appare negli atti giudiziari riportati dalle cronache dei giornali – sembra assumere profili di reato l’appartenenza stessa a Cl e, addirittura, anche se l’appartenenza a Cl non c’è, sembra reato il solo fatto che Cl esista, cioè sembra reato la stessa esistenza di un grande movimento che dal 1954 in avanti, essendo Cl nato proprio in Lombardia, fatto salvo i limiti e gli errori riscontrabili in ogni famiglia umana, ha forgiato generazioni di cittadini operosi, onesti, generosi e addirittura funzionari e politici di buon governo?
Forse che Cl è un’associazione di stampo mafioso, una n’drina, una sacra corona unita? Se così fosse bisognerebbe avere una bella (e possibilmente solida) ipotesi d’accusa e procedere all’azione penale. Ma se così non è – come non è – chi autorizza la polizia giudiziaria e le autorità giudiziarie a stabilire nessi espliciti tra presunti reati e l’eventuale appartenenza degli indagati all’associazione Comunione e Liberazione?
Chi autorizza le autorità giudiziarie a suggerire la sceneggiatura di “ambienti politici-affaristici” e titolare il film “Tutto quello che si muove in Regione Lombardia ha un solo nome: Comunione e Liberazione”?
È un problema. Un problema che ripropone sotto altre forme la situazione in cui si trovò Cl negli anni 1970. Pestati con le spranghe e pestati dai giornali che stavano dalla parte degli sprangatori. Infine, tutti riconobbero – Partito comunista italiano in testa – che la presenza di Cl nelle scuole, nelle università e nelle fabbriche degli anni ’70 contribuì in maniera decisiva a salvare la democrazia in Italia. Dobbiamo augurarci che Cl resista al presente coprifuoco e contribuisca a salvare l’Italia da certa attuale giustizia e da certi attuali strilloni.
Noi, ovviamente, resisteremo.