Indignados si scagliano contro gli anglicani che li hanno benedetti
Una settimana fa tutti i media avevano rilanciato la notizia: per la prima volta la Chiesa ufficiale benediva una manifestazione degli indignados. Succedeva a Londra, dove Gilan Fraser, canonico di St. Paul’s, la cattedrale anglicana di Londra, invitava la polizia a non disperdere con la forza i manifestanti di Occupy London Stock Exchange, che occupavano da alcuni giorni il sagrato della chiesa e sottolineava il loro diritto a manifestare pacificamente. Una settimana dopo, il quadro è completamente cambiato: le autorità ecclesiastiche hanno disposto la chiusura della chiesa al pubblico per motivi di sicurezza e hanno invitato i manifestanti ad andarsene; questi hanno respinto la richiesta e criticano la Chiesa perché non si schiera con loro fino alle conseguenze ultime.
È la prima volta dal 1940 che St Paul’s chiude i battenti per un lasso di tempo di lunghezza non prevedibile. Allora era stato a causa di una bomba tedesca inesplosa, stavolta la decisione è stata presa dal capitolo della cattedrale a causa dei rischi (pericolo d’incendio dai fornellini degli accampati) e dei disagi per pellegrini e turisti che la massa di manifestanti (alcune centinaia e in aumento, forniti di tende per i pernottamenti) rappresenta. «La decisione di chiudere la cattedrale di St Paul è senza precedenti negli ultimi tempi; abbiamo preso la decisione con molta sofferenza, ma attualmente è semplicemente impossibile adempiere i nostri doveri quotidiani nei confronti di fedeli, visitatori e pellegrini» ha dichiarato Graeme Knowles, decano del capitolo. Da qui la richiesta ai manifestanti di levare l’assedio, che costa attualmente alla chiesa circa 23 mila sterline al giorno in mancati biglietti d’ingresso, acquisti dai negozi di souvenir e consumazioni al bar e al ristorante interni.
I manifestanti hanno definito la decisione «una vergogna» e hanno informalmente votato la prosecuzione della protesta. «Dove starebbe Gesù se fosse qui oggi? Dentro alla cattedrale preoccupato per i mancati introiti dalle visite dei turisti o fuori al freddo insieme a noi?» si è retoricamente interrogato un militante di Occupy London Stock Exchange. «Raccogliete quello che avete seminato», si è rivolto polemicamente al clero anglicano un turista americano. «Questa cosa doveva essere soffocata sul nascere». Trevor Jones, un fedele 40enne di Uxbridge, uscendo da un servizio liturgico ha detto ai giornalisti: «Penso che la Chiesa abbia fatto molto bene a permettere loro di restare all’inizio, ma quando è troppo è troppo». Il reverendo Fraser è ancora convinto di aver fatto bene a dissuadere la polizia dall’intervenire, ma esprime tutta la sua amarezza per la piega presa dagli avvenimenti: «Sono davvero triste che la cattedrale abbia dovuto chiudere, ma non avevamo veramente scelta».
Sulle pagine del Daily Telegraph a prendersela coi sacerdoti della cattedrale e con i manifestanti, uniti nella medesima riprovazione, è un laburista della corrente di Tony Blair. «Essendo agnostico, non posso dichiararmi esperto di quelli che dovrebbero essere i doveri del reverendo Graeme Knowles come decano di St Paul’s, ma avrei pensato che uno di essi fosse quello di tenere aperte le porte della chiesa» scrive Dan Hodges. «Invitando i manifestanti ad accamparsi sui suoi gradini, Graeme Knowles ha accettato di giocare col fuoco. Ovvero, come si è successivamente scoperto, a creare un rischio di incendio, cosa che ha costretto il capitolo della cattedrale a chiuderla per la prima volta dalla Seconda Guerra mondiale. Causando la chiusura della Grande Porta occidentale, Occupy LSX è riuscita là dove la Luftwaffe aveva fallito. Londra può sopportarlo ma la salute della cattedrale e i responsabili della sicurezza chiaramente no». Hodges lamenta il fatto che i membri del parlamento laburisti stanno proponendo mozioni in favore di Occupy LSE, ma nessuna che condanni la loro occupazione del sagrato di St Paul.
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