
India. Ragazzina condannata a dieci frustate perché abusata dal padre

Una ragazzina indiana di 13 anni o 15, la sua famiglia non ricorda, siede nella polvere davanti a sei anziani. Dopo una breve discussione stabiliscono una pena leggera: 5 frustate. Le legano i polsi con una corda, poi la frusta si abbatte sulla sua schiena e le frustate diventano 10. Che cosa ha fatto questa ragazzina? È stata stuprata da suo padre, ma non ha avuto il coraggio di denunciarlo.
FUORILEGGE. È solo uno dei tanti verdetti controversi emessi in giro per il paese dai consigli dei clan formati dagli anziani del villaggio. Nonostante siano inutili dal 1992, quando il governo decise di scegliere i consigli locali con il voto popolare, e fuorilegge dal 2011, in base a una sentenza della Corte suprema, continuano a sopravvivere.
VERDETTI CONTROVERSI. I consigli dei clan stessi affermano di essere indispensabili per risolvere problemi tra famiglie. Negli anni hanno conquistato le prime pagine dei giornali in giro per l’India annullando matrimoni tra persone di caste diverse (anch’esse abolite), sponsorizzando i delitti di onore, spingendo le ragazze stuprate a sposare i loro stupratori o ricompensando le famiglie delle abusate con qualche spicciolo.
«NON ANDATE IN TRIBUNALE». Sube Singh Samain, leader di un’associazione che riunisce diversi consigli, ha spiegato al Washington Post che il loro ruolo è indispensabile, visto che la giustizia indiana è lenta e troppo costosa. «Noi diciamo [alle persone]: “Non andate in tribunale, risolviamola tra noi”», spiega. «Se hanno già sporto denuncia, le incoraggiamo a tornare dalla polizia e ritirare tutto».
STUPRO DI MASSA. Nel 2014, un consiglio del West Bengala ha ordinato di stuprare in massa una donna, per punirla della sua relazione con un uomo di un’altra comunità tribale. «Andate e divertivi con lei», avrebbe detto il leader del consiglio. Nello Stato di Maharashtra, invece, le donne per dimostrare la loro purezza sono spesso costrette a recuperare da un pentolone di olio bollente una monetina.
«È COLPA MIA». Nello stesso Stato, nel villaggio di Panchwad, la ragazzina di cui neppure i familiari conoscono l’età è stata abusata per quattro mesi dal padre. Davanti al consiglio del villaggio, l’uomo è stato condannato a 15 frustate ma un attivista, indignato per la sentenza, l’ha denunciato alla polizia. La figlia però è convinta di essere colpevole: «Ho chiesto io a loro di picchiarmi perché è stato un mio errore. Avrei dovuto dirlo ai miei fratelli e loro avrebbero picchiato mio padre. Così avremmo risolto tutto in casa».
Foto Ansa
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1 commento
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Il titolo non e’ corretto perche’, leggendo l’articolo, si capisce che la motivazione della senteza non e’ il fatto che la ragazza e’ stata violentata ma invece il fatto che lei ha tenuto nascosta la violenza stessa.