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Questo non è nemmeno un libro. Ma una sorta di immersione nell’alcol. L’alcol, la vodka, il cognac (ma perfino i drink coi profumi o i primi strati dei lucidi da scarpe che i russi si bevevano quando l’alcol fu bandito da una campagna di Gorbačëv) ti stanno sopra, sotto, ti penetrano nei pori, conducono e governano tutti gli strati di simil coscienza, le allucinazioni, lo sguardo sulla società sovietica.
Il romanzo di Venedikt Erofeev Mosca-Petuškì. Poema ferroviario è la cronaca di un viaggio, appunto, ferroviario, da Mosca a Petuškì, popolato da un protagonista (che altro non è se non l’alter ego di Erofeev), da angeli che lo accompagnano dall’alto, da giovani donne senza denti, da personaggi dai nomi strani, il Decabrista, il Baffonero, un nonno con un bambino, un bigliettaio che si fa pagare i biglietti in vodka. E bevono, bevono, bevono.
Il silenzio di Dio
Erofeev deve arrivare a Petuskì, una sorta di paradiso dove raggiungere finalmente la sua donna e suo figlio. Cento...
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