Il cibo che scarseggia in vari punti di distribuzione, l’acqua che qualche settimana fa si era ridotta drasticamente nelle dighe attorno a Caracas, i biglietti aerei aumentati del 350 per cento. Più le settimane passano e più l’economia del Venezuela paga cara la crisi interna del Paese, che lo scorso febbraio ha visto la discesa in piazza di studenti e manifestanti in protesta contro il Governo di Maduro, con tanti incidenti e morti nei mesi successivi. Oggi un reportage del Guardian racconta di un’ulteriore carenza del paese chavista: ora scarseggiano pure le casse da morto, calate nella loro produzione del 20-30 per cento nel corso dell’anno a causa di una mancanza di materiali.
MANCANO COLLA, VERNICE E METALLI. La scarsità di bare sta producendo ritardi in funerali e seppellimenti, oltre ovviamente ad una crescita di prezzi del servizio. «Immagino che tra due o tre mesi, se le cose continuano con questa tendenza, peggiorerà così tanto che non ci saranno più bare per seppellire le persone», spiega Juan Carlos Fernandez, amministratore di una delle più grandi aziende che producono bare in Venezuela: mancano colle speciali, vernici, tessuti per fabbricare gli interni. Manca anche il metallo usato per costruire le casse: «Alcuni produttori sono paralizzati. Altri acquistano lastre di metallo più sottili».
LE PROSTITUTE. Se c’è invece un settore “fiorente” in Venezuela è quello della prostituzione. Quattro giorni fa, un reportage di Bloomberg ha raccontato gli affari di alcune squillo del Paese, che preferiscono ovviamente una clientela straniera, spesso americana, così da poter essere pagate in dollari e guadagnare di più cambiando poi le banconote in bolivar. La prostituzione a Caracas non è un reato, scambiare al mercato nero i dollari sì, ma le donne con questo scambio riescono ad ottenere fino ad 11 volte quello che guadagnerebbero mutuando moneta americana e venezuelana ai tassi di cambio ufficiale. Ciò fa sì che le squillo guadagnino più vendendo dollari che facendo sesso, tanto da attendere i clienti stranieri in prossimità dei porti navali ed esigendo pagamenti in dollari: poche ore di “lavoro” rendono quanto un mese intero da commessa in un negozio. «Sì, riceviamo dollari per permetterci ciò di cui le nostre famiglie hanno bisogno, ma dobbiamo vendere il nostro corpo», spiega Elena, lo pseudonimo di una giovane intervistata da Bloomberg.
«MANTENGO TUTTA LA MIA FAMIGLIA». «Prima lavoravo per sostenere mio figlio e mia mamma, ora sostengo tutta la mia famiglia», spiega Paola, un’altra ragazza. La mancanza di dollari sta trasformando il paese in un’economia a due livelli, per molto simile a Cuba, o all’Unione Sovietica degli ultimi anni prima del crollo. Chi può accedere alla moneta americana (prostitute, agenti turistici, taxisti, stranieri) sa come difendersi dall’inflazione scambiando i dollari al mercato nero. Per gli altri, invece, non c’è alcuna prospettiva.