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In Mali si rischia la guerra santa, ma non c’era alternativa all’intervento della Francia

Intervista a padre Gheddo, missionario del Pime e esperto d'Africa. «La Francia cerca di proteggere l'Europa dal diffondersi del fondamentalismo islamico nei paesi della striscia del Nord del Sahara e del Sahel»

Benedetta Frigerio
15/01/2013 - 18:25
Esteri
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«La situazione del Mali è da sempre precaria, con dei periodi di grande pace. La sua stabilità era data dall’essere un paese mediamente stabile di tipo rurale e con una capacità di alternanza democratica invidiabile da molti altri paesi vicini», spiega padre Piero Gheddo, missionario del Pime, profondo conoscitore delle vicende africane. Gli unici scontri reali fra Nord e Sud si verificarono tra gli anni Sessanta e Settanta, quando un gruppo ristretto di Tuareg del Nord tentò la separazione. Il Mali, infatti, è diviso in due: al Nord ci sono i Tuareg (divisi a loro volta tra fondamentalisti e moderati) e al Sud ci sono diverse etnie, principalmente quella dei Bambara. La divisione etnica non è mai stata troppo problematica, se non per il gruppo ristretto dei Tuareg che ora si sono uniti alle cellule jihadiste e che vogliono prendere il potere, «tentando un colpo di Stato che destabilizzerebbe tutto il Nord Africa».
Così venerdì scorso, dopo diversi tentativi di mediazione, la Francia ha inviato truppe a sostegno delle forze governative per riprendere ai jihadisti il Nord del paese. Parigi è entrata in azione con raid aerei a sostegno delle forze governative contro i fondamentalisti affiliati ad al Qaeda.

Da dove nasce l’affiliazione di uno stretto gruppo Tuareg alle cellule jihadiste?
Questi sono i Tuareg andati dal Mali alla Libia, nomadi partiti per fare fortuna come mercenari nell’esercito di Gheddafi. Sono poi tornati indietro armati fino ai denti e ben addestrati alla guerra pronti per riprovare a prendere il potere appoggiandosi a chi come al Qaeda può aiutarli.

Eppure il Mali negli ultimi trenta/quarant’anni anni è stato uno dei paesi modello fra i più moderati in Africa.
Io sono andato nel 2007, mi hanno spiegato che l’alternanza al potere era buona. Poi il colpo di Stato che ha portato ancora il Nord a desiderare di essere indipendente, perché l’esercito si era diviso e i Tuareg, ormai armati e pronti al combattimento, hanno potuto riempire il vuoto di potere. Poi al Qaeda era già vicina, ma questo fatto ha accentuato il potere di questa alleanza.

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Cosa pensa dell’intervento francese?
La Francia è voluta intervenire e a ciò hanno acconsentito tutti: l’Onu, la Ue, l’Unione Africana. La Francia in questo momento sta difendendo il Mali, ma non solo. Così facendo cerca di proteggere l’Europa dal diffondersi del fondamentalismo islamico nei paesi della striscia del Nord del Sahara e del Sahel, affinché non si verifichi quanto accaduto in Somalia. C’è poco da fare, il jihad usa dell’instabilità del continente, data dagli Stati africani per la maggior parte separati in tribù, per estendersi a Sud e conquistare il potere in tutto il continente. Mentre l’Europa appoggia la Francia senza intervenire direttamente ed è bene così.

Come mai la Francia e il resto del mondo no?
Io credo che la Francia sia intervenuta perché non poteva farne e a meno. Questi fondamentalisti rischiano di prendersi tutto il Nord. Non è un intervento a cuor leggero quello in atto. Solo lei poteva farlo, anche perché queste sono sue ex colonie e il paese aveva già i suoi militari in Mali e nei paesi vicini come il Burkina Faso, la Mauritania, il Niger.

Perché partire da qui per arrivare anche a Sud?
Perché le circostanze erano propizie alla creazione di uno “stato” jihadista nel nord del Mali. A Sud c’è un cristianesimo meno tribale, culturalmente e istituzionalmente più sviluppato. Lì sono più pacifici, i cristiani non conquistano il potere per motivi religiosi. Il Mali invece pur pacifico è un punto strategico enorme per al Qaeda: se la Francia interviene è per evitare una nuova Somalia. Se non si fermano i Tuareg si rischia l’effetto domino: pensi se l’islamismo radicale si diffondesse in paesi come l’Algeria. Senza contare il problema della Nigeria popolatissima con circa 160 milioni di abitanti, metà cristiani e metà musulmani.

Tags: africaal qaedaEuropaFranciahollandejihadmalipiero gheddosomaliatuareg
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