
Articolo tratto dal numero di gennaio 2021 di Tempi. Questo contenuto è riservato agli abbonati: grazie al tuo abbonamento puoi scegliere se sfogliare la versione digitale del mensile o accedere online ai singoli contenuti del numero.
Una donna e un bambino. Il bussare affannoso alla porta, nel cuore della notte. E la fuga, precipitosa, in compagnia di non si capisce di chi, un sicario o un eroe, sotto un cielo buio e senza stelle. È una delle (tante) scene madri dell’ottimo I’m Your Woman, neo noir – già precipitosamente ribattezzato femminista – diretto da Julia Hart, una storia tutta retta sull’indefinitezza degli ambienti e sull’attesa di un nemico impalpabile.
Siamo nei sobborghi di Pittsbugh, anno 1970, e la protagonista, la bravissima Rachel Brosnahan, è una di quelle tante compagne di malavitosi che paiono avere la vita già segnata. Solo che le cose cambiano, con un figlio in arrivo prima e poi con un destino che dal retro di un portone sembra chiedere il conto.
In questo film Amazon e distribuito ahinoi solo su Prime Video, c’è un bel pezzo del cinema noir anni Settanta, quello di Chinatown di Polanski, e il personaggio fiero e indomito della Brosnahan sembra rifarsi a certe eroine dei thrilleroni del tempo, penso a Jill Clayburgh ed Ellen Burstyn e a titoli più impegnati come Una donna tutta sola di Mazursky. C’è l’ambientazione metropolitana cupa e claustrofobica tipica di quel cinema e un senso di sospensione che si accompagna al timore nei confronti del vero antagonista della vicenda: il Destino carogna che si rimangia le promesse e riporta tutto a una situazione di partenza in cui buoni e cattivi non possono che perdere e nel peggiore dei modi.
Eccolo, l’elemento più affascinante di questo e di tutti i noir, da Il mistero del falco di John Huston (1941) fino agli esempi recenti – peraltro sempre più rari – come Drive (2011) di Refn, dove il protagonista, Ryan Gosling, cercava disperatamente di uscire dalla strada malavitosa che il Destino gli ha segnato.
È una bella storia quella del noir, che nasce come costola dell’espressionismo tedesco, si nutre dei fantasmi del nazismo (i grandi registi di noir classici, da Lang a Wilder, erano tutti scappati dalla Germania hitleriana) e matura nel confronto con il noir letterario, da Hammett a Chandler passando per Cain, fino ad arrivare ai grandi noir disperatissimi come Il lungo addio e a contaminare altri generi, fantascienza inclusa con Blade Runner, altra vicenda sospesa tra sogno e realtà in cui il Destino gioca un ruolo beffardo.
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Essi vivono
Il capolavoro orwelliano di Carpenter, maestro ribelle
Da poco disponibile su Prime Video c’è finalmente il grande Essi vivono di John Carpenter, uno di quei film che andrebbero imparati a memoria. Uscito nell’ultimo scorcio degli anni Ottanta, non è soltanto la quintessenza del cinema ribelle e fuori dagli schemi del grande regista di Distretto 13 e 1997: Fuga da New York, ma è una delle interpretazioni più libere ed efficaci di Orwell.
Nell’America consumista e ricca degli anni Ottanta, le divisioni tra poverissimi e ricchissimi sono palpabili. Un tizio, tanto muscoli e apparentemente poco cervello, trova (fuori da una chiesa, mica un posto a caso…) uno scatolone contenente degli occhiali. Li mette e scopre, in una sequenza memorabile, che attraverso quelle lenti è possibile vedere il vero mondo celato dietro le apparenze: messaggi subliminali nascosti dai comuni cartelloni pubblicitari, riviste che in realtà contengono solo slogan, ma soprattutto, grazie a questi occhiali, il nostro eroe scopre che tra gli esseri umani si è infiltrata una specie aliena che ha preso il controllo dei mezzi di comunicazione.
Gran film profetico, orwelliano appunto, che porta avanti un’idea semplice semplice: quella di un mezzo, un metodo infallibile per scoprire la Verità al di là dell’apparenza e della superficie abbagliante delle cose.
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The Sound of Metal
La terribile battaglia di un musicista sordo
Film notevole, tutto giocato sui suoni. Un batterista che vive su un camper con la fidanzata cantante perde gradualmente l’udito, fino a diventare sordo e a chiudersi in un isolamento terribile. Proverà a ripartire da un comunità di non udenti ma sarà complicato adattarsi a questa nuova vita. Gran prova di attore di Riz Ahmed, già protagonista di una bella serie tv crime di qualche anno fa, The Night Of, è diretto dallo sceneggiatore di Come un tuono e con quel film interpretato da Ryan Gosling ha tanti punti in comune: un protagonista che fatica a reggere le regole e un’ambientazione provinciale americana un po’ depressa.
Regia di Darius Marder, con Riz Ahmed
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Elegia americana
Redenzione di un sogno. Sarà banale ma funziona
Tratto dal romanzo autobiografico di J. D. Vance, è un film praticamente massacrato dalla critica ovunque, giudicato un po’ datato se non proprio vecchio. Eppure non ci è dispiaciuto: è vero che la regia di Ron Howard non è riconoscibile e che nella prova di Amy Adams, invecchiata e ingrassata apposta, c’è molto mestiere, ma è anche vero che la storia è quella classica e sempre buona, vista cento volte al cinema, di un Sogno Americano preso per i capelli. Prodotto e distribuito da Netflix, anche questo film patisce terribilmente l’uscita sul piccolo schermo che toglie respiro alla narrazione e spessore ai personaggi.
Regia di Ron Howard, con Amy Adams e Glenn Close
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The Mandalorian
Si rivede qualcosa del vecchio Star Wars
Giunta alla seconda stagione, con una solita scena finale che rimanda probabilmente a un nuovo spinoff, è la serie migliore che potete trovate su Disney+ ed è anche, finalmente, il lavoro più vicino alla vecchia, trilogia di George Lucas, i capitoli IV-V-VI, tanto per intenderci. Non solo perché la vicenda del mandaloriano si colloca nel tempo dopo il sesto capitolo, ma anche perché tornano tanti personaggi della vecchia saga con tante sorprese per gli appassionati. I personaggi sono azzeccati, la storia forse è risaputa ma gli effetti speciali sono davvero di gran livello come già si era notato negli ultimi film targati Disney.
Regia di Jon Favreau