Il sentimentalismo stracotto di casa Barilla

Di Addis Piero
30 Giugno 1999
Ufficio Reclame

Alcuni anni fa andava in onda di frequente sul piccolo schermo una campagna multisoggetto assai melensa, tutta casa e buoni sentimenti. In una delle tante storielle, una bambina dagli occhi a mandorla (era il periodo che andavano di moda le Kaori) arriva in un aeroporto dove ad attenderla c’è mezza famiglia. L’altra metà è a casa a preparare la pasta per la nuova arrivata. Ma davanti al piatto di spaghetti la piccina, che non sa usare le posate occidentali, ancora un po’ spaesata e stordita dal fuso orario, non sa come fare. Il neo fratellino la invita a usare le mani e mentre la musica cresce in un finale strappacore, come sa fare Vangelis, la bimba risucchia uno spaghetto strappando a tutta la famiglia un sorriso pieno di calore e di affetto. L’apoteosi con il titolo in sovraimpressione: “Dove c’è Barilla c’è casa”. Dopo molte altre puntate, in cui tutti (animali compresi) hanno trovato un tetto sotto il grande marchio italiano, c’è stato un susseguirsi di nuove campagne; evidentemente meno efficaci della prima. Infatti, proprio in questi giorni, la pasta “sempre al dente” ritorna con la vecchia stracotta e appiccicosa campagna: ancora lo stesso claim, ancora una famiglia, ancora un pacco di spaghetti. Ancora un pacco. Insomma: nulla si crea, nulla si distrugge. Tutto si ricicla.

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