Tentar (un giudizio) non nuoce

Il salario minimo e la giusta mercede

Di Raffaele Cattaneo
22 Luglio 2023
Non possiamo far finta di non vedere che esistono molti lavori sottopagati. Al contempo, è sbagliato pensare che col salario minimo risolveremo la situazione, anzi

“Defraudare la mercede agli operai” è uno dei quattro peccati che gridano vendetta al cospetto di Dio, per la Dottrina della Chiesa, assiema all’omicidio volontario, all’oppressione dei poveri e al peccato impuro contro l’ordine della natura.

Dunque, per un cattolico come me, porsi il problema di come assicurare la giusta mercede degli operai, non può essere un aspetto secondario. A maggior ragione non può esserlo di fronte ad un mercato del lavoro dove surrettiziamente negli ultimi 25/30 anni si è passati dall’iper sindacalizzazione degli anni ‘70-’80, in cui diventava diritto anche ciò che oggettivamente era solamente una cristallizzazione di un privilegio (penso alle baby pensioni, agli orari iper-ridotti, ecc.), ad un periodo in cui il mercato del lavoro non solo ha avuto le necessarie forme di flessibilità che il tempo che viviamo richiedeva, ma ha creato condizioni oggettivamente ingiuste che gridano vendetta, come quelle dei rider che vediamo nelle nostre strade.

Regole e giungla

Condizioni di lavoro non troppo distanti dalla schiavitù, principio che nessuno di noi approverebbe mai. In questo contesto si colloca il dibattito sul salario minimo che, a mio giudizio, è la risposta sbagliata ad un problema giusto. Il problema è giusto perché non si può ignorare che oggi il mercato del lavoro, soprattutto per le frange meno tutelate e più marginali, sia una giungla impraticabile. E questo è la conseguenza anche di alcune regole che spingono in modo selvaggio alla riduzione dei costi e quindi alla marginalizzazione delle condizioni di lavoro. Penso, ad esempio, alle cooperative di lavoro e alle cooperative sociali, che sono in sé una grande idea ed un eccellente strumento di mutuo aiuto, ma che oggi troppo spesso sono costrette per vincere gli appalti ad offrire servizi al massimo ribasso, sottopagando i lavoratori.

Dunque, ignorare questa piaga sarebbe gravemente ingiusto e sbagliato. Così come è parziale sostenere che la contrattazione collettiva risponda già in modo soddisfacente al problema dell’equità salariale. Questa affermazione è vera nel campo dell’attività manifatturiera dove nessun contratto collettivo è al di sotto dei nove euro lordi. Però questi contratti riguardano coloro che sono già protetti attraverso tutele sindacali legali, contratti a tempo indeterminato e garanzie rispettate dalle imprese.

I sottopagati

Non possiamo però far finta di non vedere che al di fuori di questo mondo tutelato e garantito esiste una fascia tutt’altro che marginale e trascurabile (anche numericamente) di lavoratori oggettivamente sottopagati senza, o quasi, diritti e tutele. Si va dagli stage dei giovani neolaureati a cui vengono richiesi lavori qualificati che in altri Paesi europei sarebbero pagati mediamente già alla partenza il 42% in più. Per non parlare dei lavori di facchinaggio, di coloro che lavorano nei nostri centri logistici e negli aeroporti, sino all’utilizzo improprio del lavoro somministrato che diventa uno strumento sistematico di precarizzazione.

Tutto questo richiede una risposta. Non può essere il salario minimo garantito. Questa misura rischia di essere inutile per chi è già tutelato e ulteriormente dannosa per chi non lo è, perché coloro che fanno questi lavori marginali quasi sempre hanno come alternativa “nessun lavoro”. Al tempo stesso non è una forma di garanzia, perché il salario minimo a 9 euro corrisponderebbe nel nostro paese a circa tre quarti del salario mediano (ossia il valore più frequente fra gli stipendi in Italia). Nei paesi dove il salario minimo è introdotto e funziona il valore di questo salario, proprio per garantire quel margine di flessibilità necessario alla contrattazione aziendale, è circa la metà del valore mediano. Dunque, un salario minimo così alto rischierebbe di produrre una sperequazione ancor più evidente tra i lavoratori già garantiti e quelli che chiamiamo precari.

Contrattazione di secondo livello

Ci può essere un’altra soluzione? Io sono convinto che su questo dobbiamo accogliere appieno l’insegnamento di Marco Biagi e di chi ha seguito la sua scuola di pensiero che può coniugare la necessaria flessibilità del mercato del lavoro con un sistema di tutele garantite dalla norma e ancor più assicurate dal rapporto tra lavoratore e imprenditore anche attraverso la contrattazione di secondo livello, che può rispondere meglio alle singole situazioni specifiche.

Oggi questo è possibile farlo in una dialettica che valorizzi il rapporto tra lavoratore e datore di lavoro, che non è più del “padrone delle ferriere” e l’emblema dello scontro di classe ma che è soprattutto nelle nostre migliaia di piccole imprese, un interlocutore alleato con i lavoratori nella ricerca del miglior compromesso sul possibile. Anche da questo confronto può nascere un nuovo modello di relazioni industriali, favorito da norme che diano fiducia al dialogo sociale anziché imporre gabbie sempre troppo anguste per una realtà in rapido cambiamento.

Articoli correlati

0 commenti

Non ci sono ancora commenti.