Il Processo alla strega cattolica/1

Di Tempi
11 Novembre 2004
Sabato 6 novembre Tempi ha convocato un’assemblea pubblica al Teatro Nuovo di Milano sul perchè non possiamo non dirci cristiani. Hanno avuto la parola Giuliano Ferrara, direttore de Il Foglio, e Rocco Buttiglione, mancato commissario Ue. Il testo integrale dei loro interventi

Rocco Buttiglione – Grazie. Poichè in questi tempi ogni parola pesa e può essere usata contro di noi – contro di voi ancora non so, contro di me sicuramente – voglio precisare: non la strega, ma lo stregone. Io credo che il mio compito sia prima di tutto raccontare quello che è successo, perché sono convinto che non tutti lo sappiano. Per esempio, tutta la stampa europea dice che Buttiglione è stato emarginato, posso usare la parola “discriminato”, per le sue affermazioni allorché ha detto che l’omosessualità è un peccato. Ma non è andata proprio così. Io ricordo perfettamente le parole che ho detto e che risultano anche nel resoconto, e comincio col dire che non ho introdotto io nella discussione la parola “peccato”. Qualcuno di quelli a cui piace sempre fare i giudici, tenendosi in mezzo, ha detto: «Ma anche Buttiglione deve avere delle colpe, qual è la colpa di Buttiglione? Avere introdotto un termine come “peccato” dentro un dibattito politico». Non l’ho introdotto io. Mi è stato domandato sei volte: «Ritiene lei che l’omosessualità sia un peccato?». E io non ho risposto sì; io ho risposto: «I may think». Si può tradurre: «Può darsi che lo pensi». Lo posso pensare, ho il diritto di pensare che l’omosessualità sia un peccato, ma questo non ha nessun impatto qui in questa sede politica, perché il mio principio è il principio di non discriminazione. Non è bastato, e allora dobbiamo concludere che non è lecito in questa Europa pensare che l’omosessualità sia un peccato. Esiste una nuova Inquisizione, esiste un reato di opinione in forza del quale coloro i quali sostengono quanto sta scritto nel catechismo delle Chiesa cattolica non possono essere buoni cittadini europei, e insieme con loro anche tanti altri cristiani di altre confessioni, insieme con loro anche tanti musulmani, anche tanti ebrei. Esiste una dottrina, una religione civile dell’Unione Europea la quale viola il diritto alla libertà di coscienza. Ho detto esiste: ho sbagliato, in realtà alcuni pensano che debba esistere, alcuni conducono battaglie per farla esistere, alcuni hanno vinto in questa occasione una battaglia. Ma una battaglia non è una guerra. Esiste oggi un’Europa anticristiana? Io non direi di sì. Ma esistono alcuni che vogliono fare dell’Europa una realtà anticristiana. Esistono quelli che vogliono fare dell’Europa una realtà non solo anticristiana, ma anti-umana, perché il diritto di pensare è un diritto di tutti. Cosa tiene insieme me, Giuliano Ferrara e gli altri qui, il fatto che siamo cristiani? Alcuni di noi sicuramente sì, altri forse no. Io credo che quello che ci tiene insieme è la voglia di pensare e la voglia di essere liberi. Noi abbiamo bisogno di creare un grande movimento di uomini che hanno voglia di pensare e voglia di essere liberi, che hanno il diritto di dire quello che pensano. Il diritto di testimoniare. Io ricordo in quei momenti di avere avuto un caso di coscienza, certo. Vogliamo un’Europa di politici senza coscienza, perché chi ha una coscienza può avere conflitti di coscienza? Chi accetta questo automaticamente dice che una coscienza è meglio non averla. Ma senza coscienza, senza valori morali, una comunità politica non può esistere. Io mi sono domandato: dovevo ritirare la parole dette? Avrei dovuto non dirle? Avrei dovuto far finta di aver detto le parole che mi hanno attribuito per poi doverle ritirare? C’è un limite a tutto. Io mi sono ricordato una frase che sta scritta nel Vangelo: «Di quelli che si vergogneranno di me, anche io mi vergognerò». Luigi Giussani me l’ha letta tanti anni fa, e a quell’insegnamento io ho cercato per tutta la vita di essere fedele. L’ironia in tutto questo – forse Giuliano Ferrara non lo sa, ma molti di voi lo sanno – è che più di 20 anni fa io sono stato, come molti di voi in questa sala, un grande amico di Giovanni Testori. Vi ricordate Giovanni Testori, forse il più grande autore di teatro della seconda metà del secolo ventesimo in Italia e grande esperto di arte? È lui che ha valorizzato la grande pittura lombarda, aveva una grandissima passione per la terra lombarda, per i colori della terra lombarda e per la pittura lombarda. Un omosessuale e un cristiano. Che non aveva paura di usare la parola “peccato” e di riconoscere che l’omosessualità è, se non un peccato, una condizione disordinata dal punto di vista morale che può diventare peccato quando si aggiungano le circostanze soggettive. E però mi diceva: «Ma non pensare di essere migliore di me, perché tutti gli uomini sono peccatori e tu anche, forse un peccatore peggiore di quello che sono io». E io gli dicevo: «Certo, Gianni, perché solo Dio giudica della coscienza e del cuore degli uomini». Anche questa è una cosa che mi ha insegnato don Giussani: non avere paura di giudicare le situazioni. Non giudicare mai le persone, perché ogni uomo fa il suo cammino verso Dio che a volte passa anche attraverso la palude dell’errore, passa attraverso cose che tu non puoi capire, ma non avere mai paura di giudicare le situazioni. Per questo noi siamo contro la discriminazione degli omosessuali. Se tutti quelli che commettono peccato dovessero andare in galera, non ci sarebbe spazio sulla terra per costruire un numero sufficiente di prigioni. E ci ricordiamo quello che ha detto Gesù: «Non giudicate». A volte dobbiamo giudicare, ma quando non avete il compito di giudicare non giudicate e se dovete giudicare, giudicate con misericordia. Questo è il tema della non discriminazione: noi non vogliamo discriminare nessuno. Vorremmo avere il diritto di dare giudizi morali, e vorremmo avere il diritto di non essere discriminati. Questo per spiegare come sono andate realmente le cose.
Mi ha colpito l’esistenza di una lobby dell’informazione per la quale non importa quello che tu dici. Se hanno deciso che devi dire una cosa, te la mettono in bocca lo stesso. Io direi che la stampa italiana è stata probabilmente quella che ha dato il tono a tutta la vicenda, e non riesco a immaginare che si possa trattare di semplice stupidità. Sono indotto a immaginare che ci sia stato dolo e disonestà. Un esempio. Qualche giorno dopo la vicenda, io mi trovo a Saint Vincent, parlo a un convegno di amici di Donat Cattan, parlo di politica estera: Europa e Stati Uniti devono rimettersi assieme? C’è un libro di Robert Kagan, il quale ha scritto che gli europei sono figli di Venere e gli americani sono figli di Marte. Gli europei non vogliono la guerra, hanno paura della esibizione muscolare e della forza militare. Amano il soft power, il potere dolce della cultura. Gli americani amano invece l’esibizione muscolare, il potere militare, minacciano di usarlo, amano l’hard power. E io ho fatto una battuta, Dio mi perdoni, molto infelice: «Non è bene che la povera Venere rimanga sola con i suoi figli. Si deve sposare. Dobbiamo sposare Venere e Marte. La politica estera ha bisogno di potere soft e di potere hard. Di potere militare e di potere culturale. Gli americani fanno troppo i cow boy, e si cacciano magari nei guai perché non hanno sufficiente sensibilità culturale, solo con la sensibilità culturale l’ordine nel mondo di oggi sicuramente non lo tieni. Sapete quali sono stati i titoli il giorno dopo sul Corriere della Sera, sulla Stampa e sulla Repubblica? “Buttiglione attacca le madri single”. Buttiglione vuole che… non so cosa avrei dovuto volere contro le madri single, ma naturalmente la notizia si è diffusa in tutta l’Europa. C’è un potere dei media, ma il potere dei media non è nelle mani di Silvio Berlusconi. Sarebbe interessante fare uno studio per capire nelle mani di chi è, tenendo conto non solo della proprietà dei giornali, ma anche dei regolamenti sindacali i quali fanno in modo che il potere vero talvolta non sia nelle mani dei direttori.
Cosa ho detto sul matrimonio? Una cosa molto banale, che credo che tutte la madri single condividano – non in quell’occasione a Saint Vincent, ma prima. Ho detto: sapete qual è la differenza tra un uomo e una donna? È una differenza banale: il frutto del concepimento rimane con la madre. Il padre se ne può andare, la madre no. E la nostra civiltà, non lo dico io, lo dice Giovan Battista Vico, si è costruita sul tentativo di legare il padre alla madre in modo che paghi metà dei conti, faccia metà dei lavori – questo non sempre succede –, prenda metà delle responsabilità. E crei insieme alla donna quell’atmosfera di accoglienza dentro cui il bambino può crescere. è maschilista questo, è negazione dei diritti della donna? Non ho mai detto che le donne devono stare a casa e non devono lavorare, anche perché altrimenti mia moglie mi avrebbe cavato gli occhi, essendo notoriamente una affermata professionista e avendo io quattro figlie, alcune delle quali lavorano e alcune delle quali il lavoro lo cercano. Ma non importa. Il potere della stampa ha deciso: Buttiglione è contro le madri single, Buttiglione pretende di tenere le donne a casa. Cosa ho detto io veramente? Ho detto che, perché le donne abbiano la possibilità di fare la loro carriera come hanno diritto di fare, ma anche di avere dei figli, che è un’altra aspirazione fondamentale di tutte le donne, o almeno di moltissime, ci vuole una politica che le aiuti a conciliare i tempi del lavoro e i tempi della famiglia. Non è passato. Il problema del potere della stampa è un problema vitale per la democrazia perché, dice Platone, una città dove la musica è cattiva, non può avere una politica buone. E per Platone la musica non è solo la musica, è l’insieme dei mezzi di comunicazione di massa. Una città in cui il cittadino non è informato correttamente, è una città in cui il cittadino non può decidere in modo informato. Chi manipola l’informazione manipola la democrazia. Non dicano che sono contro la libertà di stampa: chiedo più libertà di stampa perché la gente possa essere informata meglio attraverso un vero pluralismo dei mezzi dell’informazione.
Un’altra questione strettamente connessa con quello che mi è accaduto è questa: chi deve decidere su che cos’è il matrimonio e che cos’è la famiglia? Vogliamo che questo si decida a Bruxelles oppure in Italia? Secondo la Costituzione italiana attuale, secondo la Costituzione europea attuale, di queste cose si decide nei paesi membri, non a livello dell’Unione. La questione che hanno sollevato riguarda questioni che non erano di mia competenza e c’è il dubbio che l’abbiano fatto perché intendono, a partire da Bruxelles, forzare delle decisioni sui paesi membri: questo è contro la Costituzione europea. Ha destato molto scandalo la parola “peccato”, che io non volevo usare, che volevo tenere fuori. Perché la parola “peccato” suscita tutto questo scandalo? Perché si sta tentando di costruire una società in cui è proibito andare in profondità; in profondità ogni uomo scopre di essere peccatore e bisognoso di misericordia, e siccome anche loro questa profondità ce l’hanno, non vogliono che in questa profondità si vada e si tenta di imporre un mondo in cui sia vietato andare oltre la superficie. Un mondo così è noioso, un mondo così è alienante, e disumano. Io ricordo che quando ero ragazzo un prete di Catania, don Francesco Ventorino, mi ha fatto leggere un libro. Il libro è di Gilbert Keith Chesterton e s’intitola La sfera e la croce. Rappresenta un mondo in cui tutti si mobilitano per impedire che un ateo vero e un credente vero si possano scontrare. Qual è il messaggio che mandano? Non c’è nessuna verità: le uniche cose che contano nella vita sono l’usura, la lussuria e il potere! Noi dobbiamo unire tutti gli uomini i quali non accettano che nella vita contino solo l’usura, la lussuria e il potere, non accettano di vivere solo nella superficie, vogliono affrontare con serietà il problema del loro destino umano e del senso della vita. Rivendichiamo il diritto di andare nel profondo. Dove va questa Europa? Molti hanno usato il mio caso per dire: basta con l’Europa. Io non credo che sia vero: la battaglia per la libertà non si conduce meglio a livello di un singolo paese che al livello dell’Europa. Ieri ho ricevuto una delegazione di deputati polacchi che sono venuti a dirmi: «Basta con l’Europa: noi voteremo contro al referendum sulla Costituzione». E io gli ho risposto: «Vi sbagliate, perché la battaglia per la libertà e anche la battaglia per i valori cristiani in Europa sono battaglie che si conducono in Europa, non illudetevi rifugiandovi in una dimensione solo nazionale di venirne fuori meglio». Se noi non riusciamo a legare le due dimensioni, quella europea e quella nazionale, siamo automaticamente battuti. Vedete: hanno vinto questa battaglia perché le hanno legate. Piuttosto, la domanda che io mi pongo è un’altra: perché l’Europa e l’America sono diverse? E ho una risposta che potete leggere sul Foglio, il giornale di Giuliano Ferrara, un po’ diversa da quelle usuali: negli anni Settanta e Ottanta c’è stata una grande ondata di secolarizzazione, basata su un’idea di uomo moderno che sostanzialmente non può essere cristiano e di un cristianesimo che va ripensato e ridotto per farlo stare dentro quello che chiamano l’orizzonte trascendentale dell’uomo moderno. Questa nuova teologia in America ha sfondato nelle Chiese tradizionali americane, tra i metodisti, tra gli episcopaliani, tra i luterani, ma c’è stato in un grande movimento che l’ha rifiutata: sono stati gli evangelicals, e questo stesso movimento è passato poi in forma diversa nella Chiesa cattolica sotto la guida del cardinale O’Connor e di Giovanni Paolo II. Qual è il risultato? Che la rievangelizzazione dell’America, la ricristianizzazione dell’America è passata attraverso questi movimenti, ed è per questo che in America c’è oggi la volontà di andare nel profondo molto più che nella la società europea. Domandiamoci: è l’Europa che ha tradito la Chiesa o è la Chiesa che ha tradito l’Europa? Non è passata troppo facilmente anche nella nostra Chiesa cattolica una ondata secolarizzante che ha preso in giro il Papa, che ha cercato in tutti i modi di aggirarne l’insegnamento, e che ha cercato di emarginare quelli che all’interno della Chiesa europea difendevano il diritto di essere cristiani, di una fede intesa come una presenza viva all’interno della storia? E allora io credo che la battaglia culturale che è davanti a noi è di enorme portata, è una battaglia che tocca la politica, che tocca le cultura e che tocca la religione, senza confonderle ma collegandole tra di loro nel modo corretto e con il principio della libertà. Per rispettare la libertà dell’altro non ho bisogno di credere che non c’è nessuna verità, mi basta pensare che il suo cammino verso Dio passa per la sua libertà, e che se io gli impongo di fare le cose giuste con la forza gli impedisco di andare avanti per il suo cammino. Un mondo in cui tutti facessero le cose giuste per violenza e non per amore non somiglierebbe al Paradiso, somiglierebbe all’inferno: questa è la base della nostra fede e della nostra libertà. Ma un mondo in cui fosse proibito pensare fino in fondo alla propria vita, un mondo in cui la superficialità diventasse obbligatoria, questo mondo non assomiglierebbe né all’inferno, né al paradiso. Questo mondo somiglierebbe al Limbo. Dove vivono e prosperano soltanto gli ignavi, e noi dobbiamo dare battaglia per un mondo in cui sia possibile essere santi e peccatori, ma non si sia costretti ad essere ignavi.
Infine voglio ringraziare tutti quelli che mi hanno sostenuto. È impressionante il numero di telefonate, di contatti e-mail, di gente che mi è venuta a far visita. Ieri ci sono stati i polacchi e una delegazione di deputati della Csu tedesca, domani un gruppo di presidenti di Laender tedeschi guidato dal mio amico Erwin Teufel, prima ancora spagnoli con Ana Loyola de Palacio, tanta gente che mi è stata vicino. Voglio ringraziare Giuliano Ferrara. Non so se gli sono molto simpatico, ma ha mostrato che ci sono uomini che amano la libertà e amano poter pensare. Cos’è un liberale? Io credo che un liberale sia uno che ama le regole e preferisce perdere dentro le regole anziché vincere barando: se questa è una buona definizione di liberale, di liberali in Italia non ce ne sono molti, ma Ferrara è sicuramente uno di loro. Infine, dal profondo del cuore voglio ringraziare Dio, perché questa vicenda per me è stata alla fine un dono. Nella mia vita ho avuto un grande amore. E questo amore siete voi, non voi il popolo, non voi il pubblico, non voi la gente, voi, quelli di voi, e sono tanti, che insieme con me hanno iniziato un percorso di fede e di verità umana tanti anni fa. Questo grande amore è passato anche attraverso mia moglie, Pia, che molti di voi conoscono. Nella mia vita ho sempre cercato di essere fedele alle cose che ho incontrato, alle cose che insieme abbiamo vissuto e che ho sperimentato come vere, nell’amore per mia moglie, nella costruzione della mia famiglia. Non sempre siamo andati d’accordo, questo grande amore è stato anche il grande dolore della mia vita. In questa vicenda Dio mi ha restituito a voi, e voi valete molto più di un seggio nella Commissione europea.

***
Luigi Amicone – Grazie, Rocco, grazie. Abbiamo capito che la prima grande battaglia culturale, come ha scritto l’amica Hannah Arendt, «la prima battaglia culturale è stare di guardia ai fatti». E questo, diceva Hannah, spetta ai poeti, agli storici e ai giornalisti. Questo è il primo tema di oggi, la battaglia culturale di oggi, perché oggi abbiamo un poco restituito al popolo la realtà elementare di ciò che è successo, per esempio a Strasburgo. Questa è la prima questione. La prima questione del conformismo in cui viviamo e siamo immersi è questa sciatteria, questa pigrizia, questa polvere, questo conformismo che ha paura dei problemi. È legittimo, è bellissimo che una commissione possa votare contro Buttiglione perché la pensa in un certo modo, ma abbia il coraggio di dire che è per questo, non corra dietro all’ipocrisia, al bon ton. Questo è il fatto che oggi è emerso chiaramente e che vorrei dire anche ai colleghi: questo è decisivo per voi, per la vostra professione, perché è evidente che tutti noi abbiamo dei padroni e la nostra libertà è una libertà limitata, ma la dignità del nostro lavoro sta nel portare i fatti. Perché se dicono “Venere e Marte”, non posso scrivere, anche se me l’hanno ordinato, delle madri single. Secondo punto: ho letto qualche tempo fa su un mensile molto bello, e ringrazio la presenza del direttore qui con noi oggi, un titolo che diceva: “Noi preferiamo ai valori e al desiderio la ragione e la realtà”. Davvero il problema, la battaglia culturale è la sfida dell’educazione. Fare informazione, leggerla, comunicare, fare politica, deve essere dentro questa lealtà, onestà di educazione. Si tratta di cercare di entrare nella realtà e aiutare gli altri ad entrare nella realtà, non a nascondersi dietro il picco ideologico facile, come oggi si può vedere leggendo le pagine del Corriere Milano: “Protesta”! Come puoi liquidare il tutto in modo così pigro, mettendo lì la foto di uno che lancia la vernice contro il McDonald’s, col titolo “Protesta”? Usa le parole come devi usarle! Questa è battaglia culturale. Questo è aiuto a contribuire alla crescita della libertà di un popolo e non all’impoverimento, all’immalinconirsi, all’inaridirsi, al diventare acido nell’ideologia. L’abbiamo conosciuto e lo sappiamo: l’ideologia è un alcool forte che può provocare quello che ha provocato nei nostri anni di piombo e che sta provocando negli anni di piombo del mondo musulmano. Bisogna avere finalmente il coraggio e l’elementarità di riprendere a stare di fronte, innanzitutto, ai fatti, alla realtà. Noi non siamo dei convertiti nel senso di certe principesse, vorrei dire all’ateo devoto. Il Foglio è il nostro giornale di riferimento perché sono evidenti lo sforzo, la passione per la ragione e il tentare di stare a guardia dei fatti e della realtà. Penso che questo sia il primo movimento di uomini liberi. Grazie.

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