
Il principe pescatore di immagini
«Non si vede bene che col cuore. L’essenziale è invisibile agli occhi». è il pensiero perno attorno al quale ruota tutto Il piccolo principe, capolavoro dello scrittore francese Antoine de Saint-Exupéry (1900-1944). Il libro inizia con la straordinaria metafora del disegno eseguito dall’autore e rappresentante un boa che sta digerendo un elefante appena ingoiato. La forma del suo corpo assomigliava curiosamente a quella di un cappello. Ma non era un cappello! Era un boa con dentro un elefante. Saint-Exupéry mostrava questo disegno a tutti gli adulti che incontrava chiedendogli cosa fosse, ottenendo sempre la stessa risposta: un cappello. A quel punto, sconsolato, invece di parlare della realtà più profonda, «di boa, di foreste primitive, di stelle, parlavo di bridge, di golf, di politica, di cravatte».
Ad accomunare Saint-Exupéry con il fotografo Robert Doisneau (1912-1994) non vi è solo la città (Parigi) e il periodo storico, ma soprattutto una sensibilità affine. Entrambi osservavano in profondità. ‘L’amore è.’ è il titolo dell’esposizione milanese dedicata all’opera del ‘pescatore d’immagini’, come è stato chiamato questo poeta della fotografia. Doisneau, come il Piccolo principe, sa riconoscere il boa e l’elefante. Le sue fotografie cercano di sorprendere il rapporto originario con le cose, quel significato intrinseco che talvolta si svela all’occhio. Come mai Doisneau aveva tale sensibilità? Egli, legatissimo alla madre, morta quando era ancora bambino, da adulto ricercava il rapporto che aveva vissuto con lei nella scelta delle situazioni da fotografare. Infantilismo? Neanche per sogno. Purità di sguardo, miracolosamente conservato, piuttosto. Nelle sue foto però c’è anche la documentazione sugli usi e costumi della Parigi del dopoguerra, nel periodo della ricostruzione, con la gente sugli autobus, per strada o nei bar, mentre lavora, ama, vive. Come ne ‘Il Bacio de l’Hôtel de Ville’ (1950) con una coppia d’innamorati, tra gli sguardi indifferenti della folla; o ‘La portinaia con gli occhiali’ (1945) che fissa lo sguardo dritto nell’obiettivo dal portone di un palazzo; o ‘Il mercato di Les Halles’ (1942) visto con una ripresa dall’alto, che ci mostra il pullulare della vita e dei piccoli commerci. Oppure quella che riprende la strada dove una folla preoccupata sta attorno a un ‘Cavallo caduto’ (1942).
L’ESSENZIALE è INVISIBILE AGLI OCCHI
L’amore è., dunque. Cos’è l’amore? L’amore è la relazione originaria con il mondo, come Dio l’ha creato, buono, così come Doisneau l’ha vissuto nel rapporto con sua madre. Con le sue fotografie il maestro coglie la vita e i bimbi mentre guardano il mondo, con occhi incantati, anche davanti alle cose più semplici delle quali non ci meravigliamo più. Doisneau però non condanna mai gli uomini con le sue foto, anche quelle che riprendono situazioni estreme, come ‘Tatuaggi’ (1950) che ci mostra il corpo di un carcerato. Si stupisce invece delle abitudini, dei volti, delle situazioni. Come in ‘Canaletto in piena’ (1943) dove un bimbo guarda incantato i riflessi dell’acqua sul limitare di un marciapiede come se si trovasse davanti al mare, o ‘I piedi sul muro’ (1934) con un piccolo che osserva meravigliato altri, più grandi di lui, già adolescenti, a testa in giù che giocano con i piedi appoggiati su un muro. «L’essenziale è invisibile agli occhi», diceva Saint-Exupéry. Qualche volta però si palesa, come queste foto del ‘pescatore d’immagini’ documentano.
Robert Doisneau “L’amore è.”, Milano, Palazzo Reale, Piazza Duomo, 12 (tel 02-875672) fino 25 settembre 2005
Orario: dal martedì alla domenica: 9.30/20.00;
Giovedì: 9.30/22.30; Lunedì chiuso. Ingresso: 8/6 euro.
Catalogo: Federico Motta, 36 euro
0 commenti
Non ci sono ancora commenti.
I commenti sono aperti solo per gli utenti registrati. Abbonati subito per commentare!