
IL MUSULMANO RATZINGERIANO CHE TEME I VICHINGHI DA LABORATORIO
La società danese “Scandinavian Cryobank” ha promosso a New York una campagna pubblicitaria con questo slogan: «Congratulazioni! è un vichingo». Vende lo sperma di un gruppo di donatori selezionati, eredi dei conquistatori del mare del Nord. «Ecco, è questa idea del bambino sano e con gli occhi azzurri che mi spaventa, è questa illusione della manipolazione senza frontiere di cui ho timore. La legge 40 non è contro la scienza, fissa semplicemente delle regole. La sacralità della vita, il rispetto dell’ordine naturale che favorisce la diversità è la fonte dell’arricchimento, non una società fatta di cloni e robot». Egiziano di nascita, italiano per professione, musulmano laico, grande esperto d’islam e Medio Oriente, ha dato da poco alle stampe Vincere la paura (Mondadori), in cui racconta la sua quotidianità sotto scorta dopo che Hamas ha aggiunto il suo nome nella lista dei nemici da uccidere. Non basta per descrivere Magdi Allam, vicedirettore del Corriere della Sera? Non basta. Va aggiunto: occidentale, antirelativista, antinichilista, ferrariano, fallaciano (con riserva), e, molto, molto, ratzingeriano. «Io il 12 e 13 giugno, a votare al referendum sulla fecondazione medicalmente assistita, non ci vado».
Esistono oggi due macroquestioni che, per la loro portata e per le loro implicazioni, anche il più ingenuo degli ottimisti non può pensare di liquidare con una risposta rapida e sciatta: sono l’islam e la vita nell’era della sua riproducibilità tecnica. Dice Allam: «Sia l’Occidente sia l’islam, usando termini approssimativi, soffrono, per ragioni diverse e con modalità differenti, di una crisi di identità. Comune è però il travaglio di questi due mondi che si compenetrano. L’Occidente odierno è figlio della caduta del Muro di Berlino nel 1989 quando, venendo meno il nemico comunista, è scomparsa quella contrapposizione che consentiva all’Ovest di fregiarsi di una propria identità, incardinata sul concetto di libertà che l’Est negava. Negli stessi anni, nel 1988, in Afghanistan, terminava l’occupazione sovietica e rinasceva il mito della Umma, la comunità universale dei credenti musulmani, che ha portato a conseguenze nefaste in Algeria, Indonesia, Yemen…». Per Allam, punto d’incontro di queste due crisi è stato «l’11 settembre, giorno di avvio di un processo criminale» cui, però, si contrappone un’altra data: il 30 gennaio 2005. Giorno di speranza e in controtendenza col declino descritto «perché in Irak una maggioranza di musulmani ha sfidato il terrorismo scegliendo la vita contro la morte».
RATZINGER CI AVEVA AVVERTITI
In una densa intervista a Libero, Allam, trattando di questi temi, ha sintetizzato con la parola «relativismo», la cultura «all’insegna della quale – dice a Tempi – si distingue nell’islam un diverso valore da attribuire alla vita: per cui esiste un terrorismo buono se si massacrano gli occidentali, cattivo se si fa strage fra gli stessi musulmani. Ma oggi questa relativizzazione si sta superando grazie a una nuova consapevolezza che dà lo stesso valore a tutte le esistenze, islamiche o occidentali che siano, in nome della sacralità della vita». Per questo il giornalista del Corriere vede in Joseph Ratzinger «la volontà chiara di affermare la sacralità del nostro esistere e di riaffermare in maniera robusta e non ambigua quei valori che si radicano nella tradizione umanistica del cristianesimo». La decennale esperienza filosofica e teologica di Benedetto XVI ha mostrato «con largo anticipo il fallimento del modello relativista e multiculturale, ben prima di certi episodi oggi di cronaca, ne cito uno per tutti, come l’assassinio nella tollerante Olanda di Theo Van Gogh».
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