
Il miglior sindacato è il lavoratore
Il volume (Il libro grigio del sindacato, di G. Bianco, G. Piombini, C. Stagnaro, edizioni Il Fenicottero, 18 euro) ricostruisce in maniera documentata la storia del sindacato in Italia. Contro la cultura menzognera dominante dimostra che oggi i sindacati non agiscono per il bene dei lavoratori e costituiscono un gigantesco apparato di potere para-statale che mira (quasi esclusivamente) a conservare i propri privilegi a danno dell’economia e con i soldi dei contribuenti e degli imprenditori. La degenerazione del sindacato inizia con il fascismo e con la logica del corporativismo che andava a scapito del libero contratto tra lavoratori e datori di lavoro. Un legame solido unisce la Carta del lavoro del 1927 all’art. 4 della Costituzione e al contratto nazionale di lavoro (1970): si guarda con sospetto e timore all’iniziativa individuale. Si nega la possibilità che cittadini (lavoratori) possano liberamente “contrattare” con altri liberi cittadini (i datori di lavoro, che la retorica della sinistra oggi ancora chiama “padroni”). Così solo i sindacati dispongono dei diritti dei lavoratori. Un furto che si giustifica per l’esistenza di un sistema economico–produttivo illiberale e statalista che non riconosce alcuna dignità ai privati cittadini di siglare contratti che li riguardino. Così “la contrattazione nazionale è il trionfo dello Stato sul cittadino, degli apparati pubblici sul diritto privato, dei burocrati sugli imprenditori e dei sindacalisti sui lavoratori”. Ma il libro non è solo una denuncia. A partire da un’attenta lettura della realtà economico-sociale e culturale nonché dalle innovazioni in atto, vengono avanzati suggerimenti per ricondurre i sindacati alla giusta dimensione mutualistica. Il sindacato deve tornare ad essere una semplice e libera associazione di lavoratori che fornisce assistenza e protezione. In fondo “il miglior sindacato di ogni lavoratore è il lavoratore stesso”. Perché aumenti la busta paga e si riducano le tasse per lo Stato, occorre liberalizzare il mercato del lavoro. Il che significa il riconoscimento degli individui a stipulare contratti. Contro la staticità parassitaria di Cofferati occorre che il mercato del lavoro sia improntato sul profitto, non sulla astratta e ipocrita tutela dei diritti. Così si guarda con interesse al lavoro interinale, a “localizzare il contratto” grazie al federalismo. In sostanza “la libertà conviene a tutti, tranne che ai beneficiati dallo Stato”.
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