Il Logos ti fa ricco

Di Persico Roberto
21 Dicembre 2006
Sociologo poco tifoso e molto curioso spiega che il vero padre del progresso è il cattolicesimo

«Non sono e non sono mai stato un cattolico romano» spiega a chiare lettere Rodney Stark nell’introduzione a The glory of God, il libro in cui spiega come il cattolicesimo ha contribuito alla fine della caccia alle streghe e della schiavitù molto più del protestantesimo. Perché, naturalmente, le sue tesi in America sono state contestate non nel merito, portando fatti e prove contrarie, ma tentando di liquidarle come “apologia”. Non sono apologia, i libri di Rodney Stark; sono solo l’opera di un serio sociologo delle religioni, che si occupa di dottrine, di fedi e dei comportamenti che ne derivano coi metodi dello studioso. Di un vero studioso, libero dai pregiudizi che accecano la maggior parte dei ricercatori. «Quello a cui non ero preparato – aggiunge – era scoprire quanti degli storici che ho dovuto leggere per preparare questo studio esprimono un anticattolicesimo militante, e quanti pochi fra i loro pari abbiano obiettato a una litania di commenti dispregiativi di taglio anticattolico, talora espressi senza neppure rendersene conto».
«Benché – prosegue – molti storici viventi oggi probabilmente non abbiano pregiudizi contro la religione cattolica, o almeno non più di quanti ne abbiano contro la religione in generale, spesso mantengono idee false senza rendersi conto che sono il prodotto dell’anticattolicesimo di passate generazioni. Quando sottolineo delle virtù che molti storici hanno falsamente rappresentato o ignorato nei loro scritti sul cattolicesimo, non ho nessuna intenzione apologetica. Anche i cattolici troveranno molto che darà loro fastidio nei capitoli che seguono». Nessuna tesi preconcetta, dunque, ma solo lo sguardo attento di un serio curioso che si avventura senza pregiudizi in territori inesplorati.
Perché, si è accennato, Stark non è uno storico; è un sociologo. Per un paio di decenni ha dedicato i suoi studi alla religiosità americana attuale. Di qui l’intuizione che i tratti distintivi della società americana – l’apertura al nuovo, il rispetto della legge, la fede nella ragione, il culto della libertà – avessero a che fare con la sua tradizione religiosa; e poi la verifica rigorosa di quest’ipotesi. Nasce così un primo libro – The rise of christianity, Le origini della cristianità – in cui osserva come il successo di quell’«oscuro, marginale movimento di Gesù» non è dovuto ad altro che a una concezione della vita che ribalta il pessimismo antico in una solare letizia fondata sulla certezza della bontà e razionalità del creato. Dopo The glory of God, che tante critiche gli ha attirato per il modo in cui, laicamente, ribalta certi luoghi comuni della storiografia anticattolica, prosegue la sua indagine con The victory of reason. Oggi finalmente tradotto in italiano, il testo si interroga sui motivi per cui l’indagine scientifica, le istituzioni democratiche, l’economia di mercato si sono sviluppate in Europa e non altrove.
La risposta, ancora una volta, è la medesima: è il cattolicesimo che ha condotto a quella triplice “vittoria della ragione” – scienza, democrazia, capitalismo – di cui va fiero il mondo moderno. Contro le immagini correnti che lo identificano con un cieco fideismo, infatti, il pensiero cattolico è una litania di lodi alla ragione: «La ragione è cosa di Dio» (Tertulliano); «non pensiate che queste cose si debbano ricevere solamente attraverso la fede, ma devono anche essere asserite dalla ragione» (san Clemente Alessandrino); «lontano da noi il credere che Dio abbia in odio la facoltà della ragione, dal momento che non potremmo neppure credere se non avessimo un’anima razionale» (sant’Agostino). Anzi, il cristianesimo porta il logos fuori dal recinto in cui l’avevano confinato i Greci, convinti che razionale fosse solo il cielo iperuranio con le sue sfere perfette, mentre il mondo sublunare era il regno del caos; solo con l’idea di creazione a opera di un Dio razionale la Terra diventa accessibile al pensiero».

Oltre la grecità
Di più: la fede nella ragione porta con sé l’idea di progresso. Mentre nelle altre religioni l’età dell’oro è irrimediabilmente alle spalle, e ogni novità è male, in Occidente ogni nuova scoperta è un approfondimento della conoscenza di Dio, tanto della sua parola rivelata in Cristo quanto di quella impressa nel mondo: teologia e scienza sono entrambe imprese progressive, che portano a una comprensione sempre più adeguata – ma mai esaurita – del mistero di Dio nella sua parola e nelle sue opere.
Sorgono da qui i progressi della scienza medievale, che arrivò a formulare nel Trecento il principio d’inerzia (Buridano) e ad applicarlo al possibile moto della Terra (Nicola d’Oresme). «Copernico fece semplicemente il successivo, implicito passo, e non fu altro che il culmine del graduale progresso innescato nei secoli precedenti». Infatti, «nei cosiddetti secoli bui il progresso fu tale che, non più tardi del XIII secolo, l’Europa si era spinta ben oltre Roma, la Grecia e il resto del mondo. Perché? Principalmente perché il cristianesimo insegnava che il progresso era “normale” e che “nuove invenzioni sarebbero sempre state prossime”».

Provaci ancora, Max
Ma cuore del libro è la polemica contro la tesi di Max Weber secondo cui il capitalismo sarebbe figlio dell’etica protestante, mentre il cattolicesimo sarebbe stato nemico del mercato. Invece «tutto cominciò all’interno delle grandi proprietà monastiche, quando i monaci mutarono le loro economie di sussistenza rendendole altamente produttive, e loro stessi divennero protagonisti specializzati di reti di scambio commerciale in rapida espansione, dando così origine al capitalismo. (.) I monaci non giunsero a creare società interamente dedicate al commercio o alla finanza, e non fondarono neanche industrie manifatturiere. Contribuirono però a fornire il modello commerciale che portò alla nascita di imprese capitalistiche private, le quali videro la loro evoluzione naturale nelle città Stato relativamente libere e ben posizionate dell’Italia settentrionale. (.) In secondo luogo, secoli di progresso tecnologico avevano posto le basi necessarie all’ascesa del capitalismo. Inoltre, la teologia cristiana incoraggiò opinioni estremamente ottimistiche sul futuro, giustificando strategie d’investimento a lungo termine; in quell’epoca, la teologia formulò anche le giustificazioni morali per le pratiche commerciali fondamentali al capitalismo».
Anche l’arrivo del capitalismo nel nord Europa «avvenne molto prima della Riforma, quando Anversa era una comunità profondamente cattolica». Calvino fece semplicemente sparire dai registri dei mercanti la pagina dedicata a “messer Domeneddio”: dei loro guadagni nulla andrà più ai poveri e ai bisognosi, non più considerati come figure di Cristo ma come predestinati all’inferno. Quando si dice il welfare.

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