Il ministro del Lavoro, Nunzia Catalfo, ha invocato sul Corriere la necessità che l’Unione Europea si doti di «un sistema comune di reddito minimo garantito che permetta di combattere la povertà e l’esclusione sociale in una prospettiva ambiziosa ed integrata». Questo reddito dovrebbe essere «adeguato e diverso a seconda dei livelli e degli stili di vita di ciascun paese».
NON È BASTATO IL REDDITO DI CITTADINANZA?
Il ministro Catalfo non brilla per originalità, visto che la stessa identica richiesta è stata fatta pochi giorni fa dal primo ministro scozzese, Nicola Sturgeon, e il 17 aprile dal ministro socialista spagnolo per la Sicurezza sociale Nadia Calviño. La proposta, per quanto rimodulata sulle esigenze europee, rientra nel novero delle richieste di un reddito universale di base che da anni si fanno strada, sia teoricamente che praticamente, in tutto il mondo.
Proprio mentre il ministro si faceva avvocato di un reddito minimo garantito (non è bastato l’immenso sperpero di denaro rappresentato dal reddito di cittadinanza?), la Finlandia pubblicava il rapporto finale sulla sperimentazione durata due anni proprio del reddito universale di base. Si tratta del più importante tentativo realizzato in Europa di verificare se veramente regalare denaro alla gente ne migliora la vita e ne facilita l’ingresso nel mondo del lavoro.
IL FLOP FINLANDESE: «NON HA FUNZIONATO»
L’esperimento, già valutato parzialmente all’inizio dell’anno scorso, è stato condotto per due anni dall’1 gennaio 2017 al 31 dicembre 2018. Il governo di Juha Sipila ha versato a duemila disoccupati tra i 25 e i 58 anni 560 euro esentasse al mese per due anni. Contrariamente al classico assegno di disoccupazione, i beneficiari del reddito di base potevano decidere se cercarsi un lavoro part-time, a tempo pieno o restarsene a casa. In ogni caso non avrebbero perso l’assegno.
I risultati non sono incoraggianti: chi ha ricevuto il reddito di base ha lavorato in media 78 giorni tra il novembre 2017 e l’ottobre 2018, mentre le persone assistite dal welfare classico hanno lavorato in media 72 giorni. La differenza non è sostanziale, anche se nel bel mezzo della sperimentazione la Finlandia ha riformato il welfare compromettendo almeno parzialmente i risultati. Se dal punto di vista lavorativo la versione finlandese del reddito universale di base non ha portato vantaggi rilevanti, chi l’ha ricevuto ha detto di sentirsi meglio mentalmente, con meno pressione e più tempo libero da dedicare a famiglia, arte e volontariato.
«Non ha pienamente funzionato», ha dichiarato Kari Hamaleinen, capo ricercatore dell’Istituto Vatt, che ha condotto l’esperimento per conto del governo. «L’impatto generale sull’impiego è stato basso. Questo ci dice che gli ostacoli all’ingresso nel mondo del lavoro si trovano da qualche altra parte». Inoltre, non è affatto chiaro se l’estensione generalizzata del reddito possa essere davvero economicamente fattibile per la Finlandia. Un dettaglio non indifferente.
«IL REDDITO UNIVERSALE DI BASE È SPAVENTOSO»
Come dichiarato a Tempi da Anna Coote, l’analista a capo della ricerca in politiche sociali della New Economics Foundation, autrice di uno degli studi più vasti sul tema del reddito universale di base, «per essere efficace deve essere insostenibile e per essere sostenibile deve essere inefficace. L’unico effetto del reddito universale di base sarebbe quello di distruggere lo Stato sociale così come lo conosciamo. Per versare a ogni cittadino un assegno mensile adeguato, lo Stato dovrebbe infatti tagliare dal primo all’ultimo centesimo i fondi a sanità, istruzione, trasporti, previdenza e molto altro ancora».
Ma l’aspetto peggiore del reddito universale di base è che si tratta di una
«soluzione individualista e mercatista ai problemi creati da un’economia basata su individualismo e libero mercato. È in sostanza una capitolazione al neoliberismo e anche se funzionasse non sarebbe pertanto desiderabile, perché un mondo dove la gente non lavora, o non si cura del lavoro che fa e di che cosa produce, per ricevere il suo reddito dallo Stato, è spaventoso».
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