Il Fatto quotidiano se l’è proprio presa e ha sbottato in prima pagina: «Il Corriere della Sera infanga i pm di Palermo». L’invettiva è contro Ernesto Galli della Loggia, che ieri scriveva sulla trattativa Stato-Mafia: «[Mancino ha paura] di essere incastrato dai magistrati che conducono l’indagine. Cioè di diventare vittima di un qualche teorema, di un loro partito preso che lo trasformi da testimone in imputato». E ancora: «Mancino non ha paura della giustizia, come invece piace fraintendere alla retorica giustizialista, bensì dell’Accusa, che è cosa assai diversa».
I manettari guidati da Padellaro e Travaglio, sentendosi chiamati in causa, sono passati subito al contrattacco. Prima riportando le parole di Pierfrancesco Morosini, segretario generale di Magistratura democratica: «La cosa che più mi colpisce in queste polemiche è che nessuno si pone il problema delle interferenze, nessuno spinge perché la giustizia faccia con tranquillità il suo corso». Poi riprendendo la polemica del leader Idv Antonio Di Pietro: «Mi meraviglia che un giornale importante come il Corriere accolga tesi totalmente fuori dalla realtà, anticostituzionali. Quello che sta succedendo in questo Paese, con l’opinione pubblica che mette tutti nello stesso calderone, (…) è anche colpa di questi intellettualoidi, di questi sapientoni che vogliono spiegarci come deve andare il Paese». Infine dando spazio al responsabile Giustizia del Pd Andrea Orlando: «Il nostro sistema giudiziario ha un suo equilibrio e capacità di discernere». Guai a toccare i pm, insomma.
Ma Galli della Loggia si limitava a registrare che Mancino, vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura, «pensa ciò che in tanti pensiamo delle profonde distorsioni che troppo spesso, quasi fisiologicamente, caratterizzano l’operato delle procure della Repubblica. E ne ha paura». Ha paura esattamente come tanti italiani e parlamentari che «però non se la sentono di dirlo (…) per il timore di passare da “nemici dei giudici”, e dunque, in forza di una delle più malefiche proprietà transitive della politica italiana, per “amici di Berlusconi”».
«Tesi totalmente fuori dalla realtà», come direbbe Di Pietro, ma basta andare a leggere come il Fatto definisce in prima pagina il pezzo di Galli della Loggia: «Un articolo degno di Berlusconi». Manco a farlo apposta. E allora tocca dare ragione proprio ad Antonio Ingroia, procuratore aggiunto a Palermo tra i titolari dell’inchiesta Stato-Mafia, riportato oggi dal Fatto: «Il nostro Paese ha un rapporto difficile con la verità».