Il Casini sdilinquito di Teheran

Riferisce la stampa che, ai margini di un cordiale incontro televisivo con Pier Ferdinando Casini, Massimo D’Alema abbia commentato così l’incontro avvenuto a Teheran tra Casini e il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad: «Beh, dopo le polemiche sulla mia visita a Beirut, se fossi stato io a stringere la mano ad Ahmadinejad immagino che manifesti avrebbero fatto contro di me. Invece a lui non dicono niente». Non è esatto, perché il deputato Ds Emanuele Fiano ha espresso «disappunto per aver visto la faccia sorridente dell’ex presidente della Camera mentre stringe la mano a uno dei maggiori nemici dello Stato di Israele». Comunque, aggiungiamo il nostro irrilevante ma convinto contributo affinché l’onorevole D’Alema non si senta vittima del pregiudizio.
A noi l’incontro fra Casini e Ahmadinejad non è piaciuto né punto né poco e non esitiamo a dire che esso riveste una gravità ben maggiore della passeggiata fra il nostro ministro degli Esteri e un esponente di Hezbollah a Beirut. Ahmadinejad non è un funzionario, è il capo e detta la linea politica, che ha come primo punto la distruzione di Israele, espressa con varie locuzioni che gareggiano per la truculenza. Ahmadinejad ripete a giorni alterni che lo sterminio degli ebrei europei è una bufala e, ove non lo fosse, che l’Europa si acconci a ricollocare gli ebrei israeliani in qualche suo territorio. Ha promosso una commissione d’inchiesta storica “imparziale” sulla Shoah e una miriade di iniziative culturali e “scientifiche” per smascherare la colossale impostura; nonché meeting aventi come motto “Un mondo libero dal sionismo”.
Se l’onorevole Casini ricordava queste cose, avrebbe dovuto pensarci a lungo prima di gettarsi a capofitto in un simile incontro. In subordine, avrebbe reso un gran servizio se avesse posto come condizione la sconfessione delle dichiarazioni più truculente. Se una simile richiesta era irrealistica e non gli riusciva di trattenere il desiderio di incontrare il boss iraniano, poteva dar luogo a uno di quegli incontri definiti in diplomazia come “improntati a grande franchezza” e in cui non c’è bisogno di darsi la mano. E, se la mano gli prudeva incontenibilmente, poteva almeno stenderla con espressione grave e severa. Invece, ha concesso alle stampe un’espressione che soltanto la bontà di Fiano poteva definire sorridente. Il sorriso esplodeva in un volto dolcemente inclinato come ad esprimere un irradiarsi d’amorosi sensi. Dobbiamo dirlo chiaramente: la visione di quella foto è stata un’esperienza avvilente. Tanto più avvilente perché il protagonista non era uno dei soliti esponenti di ultrasinistra che si sdilinquiscono davanti allo Stalin risorto. Era un uomo politico abitualmente considerato come uno dei più limpidi esponenti di una linea di difesa dei diritti d’Israele. Certo, Casini può dire di esser stato chiaro nel colloquio con Ahmadinejad, anche se quanto ha riferito lui stesso non è parso affatto pugnace. Ma le immagini contano, eccome! Né vale dire che l’Iran «ha in mano la soluzione della guerra in Iraq, della crisi in Libano e della questione palestinese». Certo, a condizione di essere disposti a trattare sulla base di quella “soluzione”, indubbiamente “finale”.

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