Terra di nessuno
I primi ritorni dopo il riposo
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Articolo tratto dal numero di Tempi in edicola (vai alla pagina degli abbonamenti) – Milano. Le otto e mezza di martedì 29 agosto. Il bar all’angolo ha riaperto stamattina. Seduta a un tavolino sto sorseggiando il caffè. Con un gran fragore sento alzarsi le saracinesche del negozio accanto. Un rumore di metallo, sgraziato, brusco come un segnale: l’estate è finita. Si affaccia il titolare, abbronzato, due occhiaie da rientro faticoso. Mi fa un cenno di saluto. Rieccoci accanto, in questa stessa strada.
Fa ancora caldo, ma per poco ancora. Il meteo annuncia temporali che spaccheranno l’afa. Ai banchi del mercato, qui vicino, già espongono maglie, e vestiti dai colori scuri. Oltre agli ultimi saldi, sandali luccicanti e nudi che ormai sembrano giocattoli di un tempo che è passato.
Mi piace, ad agosto, tornare presto, prima di tutti gli altri. Quando ancora attorno a casa nell’aria bollente è tutto chiuso, e l’autobus 57 passa veloce e vuoto, senza fermarsi, in Pier della Francesca. E poi, un giorno dopo l’altro, mi piace assistere ai primi timidi ritorni: il negozietto di scarpe sottocasa, per primo, riapre, poi un bar, poi un altro, che mette fuori i tavolini. E l’odore del caffè di mattina presto ritorna ad aleggiare appena oltre la soglia, e il tonfo secco e veloce dei filtri svuotati intona un ritmo già feriale, dietro al bancone.
Mi piace, prima dell’alzarsi definitivo delle saracinesche, quell’affaccendarsi a lustrare vetrine, a lavare pavimenti. Forse il primo settembre è il vero inizio di un nuovo anno? I commessi hanno una faccia mogia, forse ce l’hanno molti, fra noi. Eppure che grazia è, dopo il riposo, tornare, riprendere la vita quotidiana, e il lavoro. Cosa saremmo, senza? Turisti sfaccendati, viandanti casuali senza una meta ad attenderci.
Già stamattina non c’è più posto per parcheggiare. Vado a cercarlo più oltre, borbottando corrucciata fra me: ecco, sono tornati tutti. È tornato il signore col cane grosso nero, e quella del barboncino. È tornato anche il mendicante che staziona sempre davanti all’edicola. Dal piano di sotto le voci dei bambini dei vicini di nuovo colmano il cortile.
Come l’essere rincasati da un viaggio più lungo, che quelle due settimane che siamo stati via. La stagione ha toccato il suo vertice ardente, e ora declina. È già il tempo delle cartolerie che profumano di carta vergine, e di gomme, e di legno di matite.
Non ho più figli che cominciano la scuola, penso con rimpianto. Ma come vorrei entrare e comprare pacchi di quaderni, pennarelli, biro. Per farne cosa? Non so. Forse per un istinto: un anno nuovo inizia oggi, in realtà, e occorrono taccuini, e penna, anzi, tante penne. Servono, perché ci sarà da raccontare.
Foto Ansa
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