Memoria popolare

I primi eclatanti successi elettorali del Movimento Popolare a Roma

Di Saverio Allevato
14 Giugno 2024
Le elezioni e le tumultuose assemblee in università, i due eletti in Consiglio comunale, il reportage tra i ciellini di una certa Lucia Annunziata. 1976, un altro anno di avvenimenti
31 marzo 1973, convegno nazionale degli universitari di Comunione e Liberazione al Palalido di Milano (foto da S. Allevato, P. Cerocchi, La P38 e la mela, Itaca)
31 marzo 1973, convegno nazionale degli universitari di Comunione e Liberazione al Palalido di Milano (foto da S. Allevato, P. Cerocchi, La P38 e la mela, Itaca)

Prosegue la storia del Movimento Popolare a Roma raccontata da Saverio Allevato, protagonista di quelle vicende e coautore di “La P38 e la mela”. I precedenti post della serie sono disponibili qui (parte prima) e qui (parte seconda).

* * *

Il 1975, primo anno di elezioni universitarie, si concluse a dicembre con un’assemblea, da noi organizzata, nell’aula prima della facoltà di Lettere e Filosofia dal titolo “Democrazia e pluralismo nell’università e nella società”. Ci trovammo in una situazione molto delicata: poco prima dell’inizio dell’evento una folla di studenti aderenti ad Autonomia operaia e ad altre formazioni della sinistra extraparlamentare cominciò a premere per entrare nell’aula e impedire che si svolgesse l’assemblea; tant’è che, a un certo punto, sembrò che la polizia, presente in forze all’esterno, volesse entrare e presidiare l’aula stessa per evitare scontri. Iniziammo allora l’assemblea proponendo una mozione, che fu approvata da tutti, nella quale chiedevamo che la polizia si astenesse dall’intervenire, nella convinzione che l’agibilità politica in università doveva essere difesa in maniera pacifica e democratica dagli studenti e non dai manganelli delle forze dell’ordine. La polizia non entrò, e l’assemblea poté svolgersi dall’inizio alla fine grazie anche alla presenza del servizio d’ordine degli amici sindacalisti della Cisl di Roma e di alcuni amici venuti da Milano.

Un dato molto significativo di quelle prime elezioni universitarie fu che il nostro candidato al Consiglio di amministrazione dell’Opera universitaria ebbe 1.870 voti di preferenza in una lista che in tutto ne ricevette 1.959, e risultò il candidato più votato fra tutte le liste, compresa quella del Pci che ebbe quattro volte più voti della nostra. Purtroppo per soli sette voti non scattò a suo vantaggio l’ultimo seggio disponibile, e quello fu l’unico anno in cui non avemmo nessun rappresentante in Consiglio d’amministrazione.

L’ostilità della sinistra e della destra

L’anno successivo, 1976, vide nuove elezioni universitarie. La lista di sinistra salì al 59,38 per cento dei voti, ma anche noi crescemmo arrivando al 19,88 per cento. Quell’anno la nostra lista portava il nome di “Movimento Popolare per una università democratica e pluralista”.

Anche il ‘76 fu un anno ricco di avvenimenti significativi. Dopo la sconfitta del maggio 1974 nel referendum sul divorzio, in occasione del quale avevamo votato per l’abrogazione della legge che lo aveva introdotto in Italia, eravamo additati dalla sinistra come “cristiani integralisti e fascisti”. Ma non tutti la pensavano così, in particolare gli studenti neofascisti del “Fronte della libertà”, che scrissero e diffusero due volantini contro di noi nel corso della campagna per il voto universitario.

Nel primo si leggeva: «Universitari cattolici e anticomunisti. Per smascherare le manovre dei falsi cristiani di Comunione e Liberazione, che in tutti gli organi di gestione dell’ateneo fanno da supporto alle velleità dei comunisti, il 12 e 13 febbraio votate Fronte della libertà».

Il secondo volantino era titolato “Confusione e Livellazione” e diceva: «L’associazione “Confusione e Livellazione” propone da quando è sorta valori cristiani da tradurre (o da tradire) in termini politici comunisti. […] Ebbene, questi sedicenti cristiani di Cl si piccano di condurre battaglie politiche e amministrative, quando nemmeno sanno chi sono loro, cosa vogliono e quale padrone intendono servire».

La distinzione tra Mp e Cl

Fu in questo anno che aprimmo ufficialmente la sede di Mp a Roma e, con l’aiuto degli amici di Milano, formalizzammo la distinzione tra Mp (realtà tipicamente sociale) e Cl (movimento ecclesiale). Il gesto più importante di queste seconde elezioni universitarie fu un’altra assemblea, stavolta nell’aula magna della facoltà di Medicina (facoltà allora egemonizzata dalla sinistra ufficiale e da quella extraparlamentare), dove riuscimmo a iniziare e concludere l’assemblea grazie al servizio d’ordine di quaranta scaricatori delle Poste della stazione di Roma Tiburtina, tutti della Cisl e fatti venire da Franco Marini intervenuto all’assemblea insieme all’onorevole Virginio Rognoni della Dc, a Ferdinando Castellani, presidente delle Acli di Roma, e all’onorevole Andrea Borruso, vicesindaco di Milano. Grazie ai quaranta del servizio d’ordine della Cisl non si vide nemmeno un extraparlamentare in giro per l’aula magna!

Il 12 e 13 febbraio 1976 ottenemmo un ottimo risultato, con eletti in tutti i Consigli. Il 21 febbraio di quell’anno Aldo Moro otteneva la fiducia parlamentare per quello che sarebbe stato il suo ultimo governo: il nostro primo grande amico nella Dc sarebbe stato ucciso dalle Brigate rosse due anni dopo.

Il 20 giugno ci furono le elezioni comunali a Roma: per la prima volta il Pci superò la Dc e insediò, dopo decenni, il primo sindaco di sinistra nella città del Papa. Noi partecipammo riuscendo a presentare nella lista della Dc due nostri candidati. Ottenemmo un grandissimo e inaspettato risultato, ben superiore a quello registrato nelle elezioni universitarie: i nostri due candidati, Eugenio Grimaldi (Dc della corrente di Forze nuove) e Marco Campagnano (Mp/Cl) furono eletti con circa quarantamila voti di preferenze! Il capolista della Dc alle Comunali allora era l’onorevole Giulio Andreotti.

Intuizioni di un’inviata del “Manifesto”

Naturalmente dopo queste eclatanti affermazioni elettorali la distinzione tra Cl e Mp risultava incomprensibile a qualunque osservatore. Però iniziava ad essere comprensibile cosa poteva essere Cl. Ecco cosa scriveva una giovane giornalista del Manifesto di nome Lucia Annunziata [poi giornalista di Repubblica, della Rai e oggi europarlamentare per il Pd, ndr], che venne a intervistarci nella sede di Cl:

«Comunione e Liberazione sfugge a qualunque interpretazione dentro i normali schemi di valutazione delle forze politiche, soprattutto perché rifiuta di essere considerata tale. […] Cl cioè si pone politicamente, ma si nega come tale. Opera come se fosse una comunità, ma non rifiuta un suo ruolo politico. È questa indubbiamente la contraddizione che non riusciremo a sciogliere nel corso di tutto il colloquio. Ma non è forse questa la sua forza?».

Questa intuizione, vera ed intelligente, viene avvalorata esistenzialmente da quello che continua a scrivere:

«Questo della quotidianità della fede è il motivo unificatore della loro azione. L’esempio concreto è intorno a noi, proprio in questa comunità dove mi sono recata. Dalla mansarda della palazzina vengono ininterrottamente canti, per i campeggi estivi che si fanno insieme. Quelli che non sono sopra sono in giro indaffarati a organizzare iniziative, come nelle sedi politiche, ma con qualcosa di diverso. Questi di Cl sono ragazzi uguali agli altri: mi colpisce ad esempio che dicano tranquillamente parolacce, irridano agli esami universitari. Ma stanno lì, tutti insieme, in un modo particolare. Uno di loro mi racconta la sua giornata come militante di Cl. […] E loro intendono che la propria fede vada affermata giorno per giorno, in tutti gli atti del vivere fra la gente. In questo si può affermare anche la loro distanza dal movimento cattolico tradizionale».

(3. continua)

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