I dieci anni senza sonno di Clemente Mastella

Di Emanuele Boffi
14 Settembre 2017
Assolto dopo nove anni e otto mesi, le sue dimissioni influirono sulla caduta del governo Prodi. «Mi hanno additato come un untore, è stato un calvario»

Mastella lancia partito "per collegare politica a territori"

Per dieci anni, dice, non ha dormito. «Ma non in senso metaforico, non ho proprio chiuso occhio», racconta Clemente Mastella a tempi.it. 12 settembre 2017: la Quarta Sezione del Tribunale di Napoli ha riconosciuto che le pesanti accuse a carico dell’ex ministro della Giustizia, oggi sindaco di Benevento, non avevano motivo d’essere. Assolta anche la moglie, Sandra Lonardo, e altri esponenti dell’Udeur, il suo partito.
«È stata una cosa sconvolgente, un’umiliazione costante, mi hanno caricato addosso di tutto. Ormai da un po’ di anni era divenuta prassi squalificarmi come l’emblema del malaffare e della malapolitica. Questa sentenza non mi restituisce la dignità, che non ho mai perso come sa bene chi mi conosce, ma mi riabilita agli occhi della politica e di quei tanti che per due lustri mi hanno additato come un untore».

VOLEVANO FAR CADERE PRODI. Gennaio 2008. Il governo Prodi è appeso a un filo, la maggioranza traballa, ecco il patatrac. Mastella è accusato di aver esercitato indebite pressioni su Antonio Bassolino, governatore della Campania, per ottenere alcune nomine all’Asl. La moglie finisce ai domiciliari, su di lui si accumulano sette capi d’imputazione, anche molto gravi (concorso esterno in associazione a delinquere, concussione, abuso d’ufficio, concorso in falso). Si dimette (e quel giorno in Parlamento, accanto a lui sugli scranni del governo, «l’unico a presentarsi e starmi vicino fu Vannino Chiti. Ero stato scaricato da tutti»). L’esecutivo va gambe all’aria. «Tuttavia scrivere, come leggo oggi sui giornali, che quel governo è caduto per colpa mia è una grande ipocrisia. Un’ipocrisia della sinistra che non vuole ammettere che in quel periodo era in atto un piano per andare alle elezioni e imporre in Italia il bipartitismo. Ricorda, no? Volevano far cadere l’esecutivo e sfidare Berlusconi con Walter Veltroni. Certo, anche la mia vicenda ha influito, ma la verità è che Veltroni voleva fregare Prodi. Bella idea: s’è visto come è andata a finire».

LA DEPOSIZIONE DI BASSOLINO. Il fatto è che Mastella ha dovuto aspettare nove anni e otto mesi per avere una sentenza. Una via crucis «che non è stata risparmiata nemmeno ai miei due figli». In tutto questo lasso di tempo né lui né i suoi difensori hanno mai chiesto un rinvio, e Mastella è ben contento che «finalmente» è stata fatta giustizia. «La sentenza è arrivata tardi. Ma è arrivata. Però il ritardo ha avuto delle conseguenze, anche fisiche. Ora lo posso dire, ho dovuto patire un infarto. Il paradosso è che avrebbero potuto chiarire tutto sin dal principio. Bassolino dichiarò subito che non c’era stata alcuna concussione, eppure i pm non lo chiamarono mai a deporre. Dovette farlo la mia difesa. Sa quando ha fatto le sue dichiarazioni in aula? Nel gennaio di quest’anno!».
Confida che è in casi come questi che «capisci perché le persone più deboli pensano al suicidio. Hai l’impressione di combattere contro un potere invisibile, occulto, invincibile. Credo ancora nella giustizia, ma chi oggi mi ripaga di tutto quello che ho passato? Chi mi restituisce i soldi che ho speso per difendermi? Ho sempre confidato nella Provvidenza e so che la vita è fatta di mortificazioni: ora spero solo che il mio sacrificio serva a far cambiare le cose per quei tanti, anonimi, che si trovano oggi ad affrontare un simile calvario».

FARÒ IL SINDACO. Mastella non s’è mai arreso. È stato europarlamentare e oggi è sindaco di Benevento, «con il paradosso che, se fossi stato condannato, a causa della legge Severino – una pessima legge da cancellare – avrei dovuto mollare. Con tanti saluti alla maggioranza che oggi regge il Comune. Una beffa incredibile». I progetti per il futuro di questo «orgoglioso esponente della Prima Repubblica» hanno il perimetro della sua amata città: «Non cerco rivincite, non mi candido alle politiche. Farò il sindaco, lo devo a questa gente che mi vuole bene e a cui voglio bene. Farò quello che ho sempre fatto: politica».

Foto Ansa

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