Gentile direttore, ho avuto modo di leggere la tua preziosa risposta alla mia lettera sul Foglio e ti ringrazio per il tempo che mi hai dedicato. Hai ovviamente concentrato la tua risposta su alcuni temi e su questi ho colto molti punti di accordo nelle nostre reciproche riflessioni. Confermandoti che non parteggio per nessuna delle fazioni (mi ritengo, lo confesso, anarchico-cattolico), ho scritto nella mia letterina altre cose sui cui credo di avere un pensiero dissimile dal tuo e che comunque ripropongo ai lettori di Tempi per motivare certe conclusioni:
1 – sottolineavo che oggi i cattolici sono divisi (e confusi, concordo con Cesana, come potrei altrimenti?) perché tifano per quella parte di Chiesa che più la pensa come loro e questa forse è una caratteristiche prepotente del nostro tempo. Questo non è amore alla Chiesa, bensì amore alla propria opinione politico-sociale che sembra essere anche all’ombra dei campanili il valore dominante. E questo in un periodo di hooligans ecclesiali (Salvini-Ruini contro Bergoglio-Spadaro, ma anche in questi giorni Papa emerito contro Papa effettivo) fa la differenza. Come se la Chiesa fosse di chi le tira di più e meglio la manica o l’avambraccio (ogni riferimento alla cronaca è puramente casuale).
2 – consideravo inoltre che oggi i cattolici sono figli di un tempo becero che usa il linguaggio come scimitarra e insulto idiota; è su questo argomento (dizionario, semantica, ritmo della comunicazione) che non vedo assoluta differenza tra i cattolici e il resto del mondo. Sul linguaggio (senza scomodare Ricoeur o Chomsky) il resto del mondo ha vinto: ci insultiamo come tutti, siamo linguisticamente normalizzati e ne andiamo fieri.
Così, concludendo, i bei personaggi del mondo cattolico – gente che ha fede a bizzeffe, rosari in ogni tasca e cita senza errore santi, beati e personaggi carismatici – tifano, si azzuffano e litigano come fossero tutti in diretta sul Grande Fratello, non a partire dall’amore ad una storia e ad un’origine, ma dall’incapacità di guardare e ragionare. Per questo, perdonami, ho affermato che è la ragione la grande assente. E continuo ad esserne convinto.
Con amicizia
Walter Gatti
Foto Ansa