La prima volta non si scorda mai, nemmeno dirottando il concetto a proposito del giovane Adolf Hitler per la prima volta sugli schermi televisivi. Un film dagli effetti sorprendenti: dicono pochissimo dell’efficace interpretazione di R. Carlyle, della grande attenzione ai momenti chiave alla base dell’ascesa al potere politico e del delirio di onnipotenza umano, della capace documentazione di un periodo storico, intrecci e impatti, facce e parole. Dicono tantissimo invece a proposito di una certa temperatura popolare allegramente “acritica”, almeno tra i bloggers italiani. Un particolare allarmante in questo senso ci viene dalla profusione di commenti circa la frase del medico che curò gli occhi di Hitler mezzi accecati dall’iprite: «Non si preoccupi, quel gas non è pericoloso», e giù a parlare del gas mostarda e dell’affascinante falsa testimonianza medica. Non una parola sul secondo seguente, Hitler che si toglie la benda, Hitler che vede la luce, Hitler che racconta nei suoi comizi l’episodio, la folgorazione che trascinerà il mondo nel baratro. I blogger pacifici, che a quel solo nome gli si accappona il pelo, ironizzano: c’è chi invoca il giovane Mussolini e chi il giovane Stalin, in molti Gengis Khan e Barbablù, poco richiesti il giovane Giuda Iscariota, Rasputin e Truman… il tutto ornato di «pazzesco cosa si riducono a fare», «la gente ha il gusto del macabro e del delitto», «schifata dalla produzione televisiva», e perle quali «se si vuole veramente capire basta guardare gli occhi dei bambini dietro il filo spinato dei campi di concentramento». Magari l’hanno pure visto, e magari han preso un po’ sul serio la frase di Burke iniziale: «La sola cosa necessaria affinché il male trionfi è che gli uomini buoni non facciano nulla». Questi si dan da fare, partendo dalla hitleroclastia.
Reg. del Trib. di Milano n. 332 dell’11/6/1994
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