Guerra e pace in Centrafrica. Cosa va (e cosa no) negli accordi del Forum di Bangui
Si è chiuso ieri il Forum nazionale di Bangui, che tutti sperano possa mettere la parola fine alla guerra che da oltre due anni si protrae nella Repubblica Centrafricana. Alla conferenza organizzata per riportare la pace in uno dei paesi più poveri del mondo hanno partecipato quasi 600 persone, membri delle principali fazioni in guerra, venuti dai quattro angoli del Centrafrica. Sono stati firmati accordi importanti, anche se non mancano i punti interrogativi.
DISARMO. Innanzitutto, è stato firmato un accordo sul programma di disarmo, smobilitazione e reinserimento (Ddr). Durante la sottoscrizione del documento, sabato, ci sono state urla e scenate da parte di molti membri degli anti-balaka e dei Seleka, che si scontrano in modo sanguinoso dal gennaio del 2014. Alla fine i miliziani sembrano aver ceduto e accettato l’accordo.
INSERITI NELL’ESERCITO. Il piano prevede che i singoli combattenti consegnino le armi di cui dispongono. In cambio, gli ex miliziani potranno entrare nell’esercito, nella polizia o in altri corpi statali. Oppure, potranno beneficiare di “programmi di sviluppo comunitario” nelle varie aree del paese. I mercenari stranieri provenienti soprattutto da Ciad e Sudan potranno fare ritorno nei loro paesi di origine, a patto che non abbiano commesso crimini di guerra.
ELEZIONI RINVIATE. L’altro punto importante dell’accordo è il rinvio delle elezioni, previste per luglio o agosto. Attualmente il paese non è assolutamente in grado di garantire uno svolgimento corretto del voto, perciò, almeno fino alla fine dell’anno, resterà al potere il governo provvisorio di Catherine Samba-Panza. Rappresentanti delle istituzioni centrafricane e dell’Onu hanno salutato positivamente gli accordi raggiunti a Bangui, ma restano delle ombre.
[pubblicita_articolo allineam=”destra”]DIALOGO A METÀ. Alla conferenza non ha partecipato una delle tre principali fazioni dei Seleka, quella guidata dall’ex presidente Michel Djotodia, che nel marzo del 2013 ha realizzato un colpo di Stato ai danni di François Bozizé. Neanche gli uomini di quest’ultimo sono stati ammessi al dialogo. Il rischio, quindi, è che non vogliano accettarne i risultati.
ESERCITO A RISCHIO. Inoltre, come dichiarato dal missionario carmelitano padre Aurelio Gazzera a Radio Vaticana, «integrare i miliziani nell’esercito e in un esercito che è già molto debole da tutti i punti di vista – prima di tutto da quella della formazione e dal punto di vista etico e morale – per me è molto pericoloso e non è un grande vantaggio».
SERVE L’EDUCAZIONE. Quello che molti in Centrafrica ancora non hanno capito, continua il missionario, «è che affinché il Paese torni alla pace ci vuole un grosso cambiamento di mentalità, un grosso cambiamento di comportamento. Penso alla corruzione, ma anche a una amministrazione seria e alla debolezza del sistema scolastico».
«SOLO LA CHIESA». In tutto il paese saranno fondati comitati locali per la pace e la riconciliazione, insieme a una Commissione verità, giustizia e riconciliazione. La speranza è che possano servire a sanare ferite profondamente, che finora solo la Chiesa ha affrontato. «La Chiesa – conclude Gazzera – è stata veramente l’unico elemento fermo in questo disordine. Quasi tutte le parrocchie si sono aperte ad accogliere cristiani, musulmani, e tutti coloro che avevano bisogno. Speriamo non sia uno degli ennesimi accordi firmati e regolarmente non rispettati».
Foto Ansa
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