Guerra al relativismo in punta di verità

Di Tempi
20 Maggio 2004
Le immagini terrificanti della decapitazione di Nick Berg sono senza pari.

Le immagini terrificanti della decapitazione di Nick Berg sono senza pari. Quei pessimi marines che hanno reso famigerata la prigione di Abu-Ghraib, hanno perso i connotati dei liberatori per assumere quelli dei vendicatori. Da ultimo nella cronaca – nella notte tra domenica e lunedì, a Nassiriya, per difendere la base italiana “Libeccio” – la morte del nostro caporale Matteo Vanzan. Tutte le vittime della violenza ci impietosiscono e ci commuovono profondamente; tuttavia, non devono confonderci, pena l’esser cadute invano. È chiarissimo il documento Erga migrantes caritas Christi (“La carità di Cristo verso i migranti”, appena pubblicato), nel quale Giovanni Paolo II sconsiglia i matrimoni misti e vieta ai parroci di affittare oratori e luoghi di culto agli immigrati islamici. Renato Farina (“Il Papa: con l’islam, buoni non stupidi”, Libero, 16 mag.) saggiamente commenta: «Doveva essere il Papa a ricordarci che la carità e l’accoglienza – obblighi della nostra umanità – non sono sentimenti di panna montata, ma hanno il nerbo della verità. Anche questo è misericordia».
Che in Occidente la guerra al relativismo – ovvero al pensare che non esista una verità da difendere – sia una guerra vera e concreta, pur senza colpi di mortaio, è dimostrato negli interventi di un uomo di Chiesa, come il cardinale Ratzinger e di un laico, il presidente del Senato Marcello Pera. La chiarezza e la decisione di questi interventi sono il nostro Commento alla situazione così drammatica che viviamo.

COMMENTO
Joseph Ratzinger, Ratzinger, “L’Occidente che fu e quello che sarà”, Il Foglio, 14 maggio
«L’Occidente tenta sì in maniera lodevole di aprirsi pieno di compassione a valori esterni, ma non ama più se stesso; della sua propria storia vede oramai soltanto ciò che è deprecabile e distruttivo, mentre non è più in grado di percepire ciò che è grande e puro. La multiculturalità sicuramente non può sussistere senza rispetto di ciò che è sacro. Certo, noi possiamo e dobbiamo imparare da ciò che è sacro per gli altri, ma proprio davanti agli altri e per gli altri è nostro dovere nutrire in noi stessi il rispetto davanti a ciò che è sacro e mostrare il volto di Dio che ci è apparso – del Dio che ha compassione dei poveri e dei deboli, delle vedove e degli orfani, dello straniero; del Dio che è talmente umano che egli stesso è diventato un uomo, un uomo sofferente, che soffrendo insieme a noi dà al dolore dignità e speranza».

Marcello Pera, “Per un jihad giudeo – cristiano”,
Il Foglio, 14 maggio
«Mentre noi consentiamo che accanto alle chiese delle nostre parrocchie fioriscano moschee, nella stragrande maggioranza dei paesi musulmani non è concesso costruire una chiesa. Peggio, mentre i musulmani non consentono la reciprocità dei nostri principi e valori, noi ci concediamo la decostruzione relativistica di quegli stessi principi e valori e teorizziamo il dialogo. Un esempio di questa debolezza è nel modo in cui è si è negativamente risolta la questione del richiamo alle radici cristiane nel preambolo della Costituzione dell’Europa unita. È vero che la maggior parte delle nostre conquiste derivano, positivamente o criticamente, dal messaggio di Dio che si è fatto uomo (…). E allora, perché è andata così? Nell’era del relativismo trionfante il vero non esiste più. La missione del vero è considerata fondamentalismo, e la stessa affermazione del vero fa paura o solleva timori. Non sto chiedendo il rifiuto del dialogo. Sto chiedendo un’altra cosa, che è più fondamentale: sto chiedendo la consapevolezza che il dialogo non serve a niente se, in anticipo, uno dei dialoganti, dichiara che una tesi vale l’altra».

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