
Guazzaloca, il macellaio che strappò Bologna alla sinistra «grazie alla sua grandezza umana»

«Giorgio Guazzaloca non è stato solo il primo sindaco non comunista a Bologna. Soprattutto è stato un uomo fuori dagli schemi che ha saputo cambiare il modo di fare politica». È così che Paolo Foschini, ex vicepresidente del Consiglio comunale di Bologna, ricorda l’uomo che è stato sindaco dal 1999 al 2004, scomparso il 26 aprile scorso. «I necrologi sui giornali – osserva Foschini, che nella giunta Guazzaloca Foschini è stato assessore – lo hanno celebrato come una sorta di santino. In realtà lui era una persona passionale e sanguigna, non per niente, prima di entrare in politica, aveva fatto il macellaio».
Come racconta Foschini a tempi.it, Guazzaloca era da tempo una persona molto conosciuta in città per via della sua storia insolita: a 15 anni cominciò a lavorare in macelleria con il padre, a trent’anni divenne presidente del sindacato dei macellai di Ascom e dal 1991 al 1998 fu presidente della Camera di commercio di Bologna. «Il suo profilo era quello di una persona moderata e laica, che non ha mai nascosto le sue simpatie repubblicane». «Stanco dei “giochini di palazzo” di cui rimase vittima», dopo essere stato allontanato dalla Camera di commercio, decise di candidarsi nel 1999 come sindaco di Bologna. «All’epoca il sindaco comunista Vitali aveva lasciato una città molto ingessata e mal governata, con un partito dilaniato da faziosi conflitti interni». Guazzaloca allora organizzò una lista civica d’opposizione, slegata dai partiti e aperta a tutti. «Era un personaggio molto stimato anche da membri della sinistra che non si rispecchiavano più nella posizione del partito. Inizialmente Forza Italia non voleva appoggiarlo, finché Gianni Pilo, coordinatore di FI in Emilia, non presentò Guazzaloca direttamente a Berlusconi».
Guazzaloca portò avanti una «campagna elettorale molto popolare: andava per i mercati e le strade, parlando direttamente con la gente». Era questo il suo tratto vincente: «Era uno del popolo, che si era formato una profonda cultura autodidatta leggendo molto. Sapeva stare sia a fianco della donna che va a fare la spesa sia di fronte al rettore dell’università». La sinistra invece «era più preoccupata di ricompattare il fronte interno che di rivolgersi alla città. Pesò anche la gaffe della candidata Silvia Bartolini: disse che non avrebbe lasciato Bologna in mano a un macellaio che non aveva nemmeno la terza media, dimenticando che la maggior parte dell’elettorato si trovava nella stessa condizione».
In città si respirava aria di cambiamento: «Molte persone che erano via per le vacanze tornarono apposta per il ballottaggio e la sera in cui Guazzaloca vinse, una folla immensa fluì in piazza, in un clima di festa e di tifo da stadio», ricorda Foschini. L’esito delle votazioni ebbe un’eco mondiale, finendo anche sui quotidiani stranieri, «perché comportò una rottura con l’ordine precedente». Secondo Foschini però, «è sbagliato definirla una vittoria di centrodestra, perché fu invece una vittoria civica, determinata da persone di destra e di sinistra che volevano un cambiamento».
Non tutti accettarono di buon grado il nuovo sindaco: gli enti regionali ostacolarono molti progetti della nuova giunta, come quello della metropolitana. «Guazzaloca ripeteva spesso: “Dobbiamo correre in macchina con il freno a mano tirato”. Ma la forza politica e umana di Guazzaloca era quella di non rientrare in uno schema: stringeva accordi senza badare al gruppo politico d’appartenenza, con il semplice obiettivo di migliorare la città. La sua giunta raggruppava persone di posizioni politiche, età e professioni differenti, promuovendo il confronto e instaurando un clima di amicizia e collaborazione». Riuscì così a riorganizzare la sicurezza urbana grazie a operazioni coordinate con le forze dell’ordine («una novità per l’epoca»), a quotare in Borsa la prima multiutility, Hera, e a realizzare i molto osteggiati buoni scuola per gli asili nido. «Guazzaloca era a favore dello Stato liberale, citava spesso Salvemini: “Beata la città che ha una fontana rotta e cittadini che, anziché lamentarsi, la vanno ad aggiustare”». Un’altra prova dell’assenza di pregiudizi in Guazzaloca, ricorda Foschini, era il fatto che, pur non essendo credente, ebbe ottimi rapporti con il cardinale Giacomo Biffi, arcivescovo di Bologna. «Si conobbero per motivi istituzionali, ma tra loro si creò una sincera amicizia basata sulla reciproca stima. Erano accumunati dalla medesima curiosità e umanità».
Il carattere forte e deciso dell’ex sindaco, racconta Foschini, era stato temprato da una serie di episodi drammatici: a 29 anni rimase vedovo con due figli, nel 2011 fu indagato per corruzione nell’inchiesta sul Civis, il tram su gomma a guida ottica («poi finita nel nulla, ma ormai la vicenda era uscita su tutti i giornali, screditandolo e avvelenandogli la vita»), e aveva affrontato una lunga malattia leucemica che lo ha portato alla morte. «Con la sua ferrea forza di volontà, nonostante la malattia, si ricandidò una seconda volta come sindaco, ma venne sconfitto da Sergio Cofferati del centrosinistra». Foschini ricorda il rifiuto di Guazzaloca di abbandonare certe vecchie abitudini: «La mattina si presentava in comune alle 6 anche se era ancora tutto chiuso, perché con la macelleria era abituato a quegli orari. Non era insolito che fissasse appuntamenti molto presto». E a dispetto dei necrologi, l’ex vicepresidente comunale ci tiene a sottolineare che «Guazzaloca era una personalità graffiante. Una volta, per vendicarsi di un politico che aveva tradito la sua fiducia, disse in televisione di non aver letto il suo libro perché non ne valeva la pena». Foschini si dimostra sicuro: «Passerà alla storia come primo sindaco non comunista di Bologna, ma la sua vera forza è stata la grandezza umana, concretizzata nella politica».
Foto Ansa
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