Caro direttore, gli articoli che Tempi, con grande lucidità, ha dedicato alla guerra iniziata dalla Russia contro l’Ucraina mi hanno fatto pensare che tutti gli attori protagonisti di questo dramma hanno messo in atto una vera e propria fiera degli errori, commessi non tanto negli ultimi mesi, ma nei vent’anni che ci hanno preceduto. Se volessimo rimanere “leggeri” (il che è impossibile, viste le circostanze terribili in cui siamo immersi), potremmo dire, come il toscanaccio Bartali, che “gli è tutto da rifare”. Ma la gravità del momento ci obbliga a riferirci alle parole del Papa, il quale, proprio in queste ore, di fronte agli evidenti errori delle parti in causa, ha gridato che occorre «un’altra impostazione per governare il mondo». Cioè, occorrerebbe, in termini cristiani, una vera e radicale conversione, che induca un cambiamento di rotta, da parte di tutti, in termini politici, sociali e militari.
Invece, tutte le parti stanno andando avanti imperterriti sulla propria strada ideologica, infischiandosene del bene del popolo e delle singole persone che lo compongono. Mi pare che tutti stiano perseverando nei propri errori, considerando le parole di papa Francesco frutto di una utopia, mentre sarebbero le uniche realistiche. Nessun cambiamento, dunque, e tutti avanti verso il baratro. Soprattutto gli articoli del bravo e coraggioso Rodolfo Casadei mi suggeriscono alcune considerazioni, pur essendo cosciente della mia piccolezza di uomo e fedele di strada rispetto all’enormità dei fattori in gioco. Ognuno di noi può dire quel che vede. E mi pare di vedere che nessuno intende “cambiare”, cioè convertirsi: senza un cambiamento, sarà molto difficile arrivare ad una vera pace.
Non vuole cambiare Putin, anche in forza dei cattivi consiglieri, tra i quali, purtroppo, dobbiamo porre anche il Patriarca Kirill, il quale ha sottolineato giustamente la deriva “peccatrice” del mondo occidentale, ma ha poi giustificato il ricorso alle armi per fermare tale deriva. Cioè, ha fatto fuori l’altra dimensione fondamentale dell’esperienza cristiana che si condensa nella parola “libertà”, a cui si rivolge l’annuncio cristiano. L’esperienza millenaria della presenza cristiana (compresi anche gli errori dei cristiani) dovrebbe averci insegnato una volta per tutte che la conversione al bene della gente non può avvenire con le armi, ma con una lunga e paziente educazione che si rivolge, appunto, alla libertà di ogni persona e, quindi, di un popolo intero.
L’aspetto grave dell’impostazione del Patriarca è che ha finito con il giustificare un intervento armato che probabilmente già era presente nella testa di Putin sulla base della nostalgia imperialista che per secoli ha intriso il potere russo, nelle sue varie espressioni (zar, soviet, Putin stesso). La recente intervista rilasciata alla Verità da Aleksandr Dugin, considerato l’ideologo di Putin, conferma questa ipotesi. Secondo Dugin, questa guerra costituisce «una lotta della tradizione contro il liberalismo», cercando così di dare una motivazione “nobile” ad una guerra dettata solo dal desiderio di dimostrare al mondo un “potere” che, invece, pare faccia acqua sotto molti aspetti. Mi pare che sia questo il punto centrale della “conversione” che dovrebbe riguardare il potere russo.
D’altra parte, il potere dei governi “occidentali” necessita anch’esso di “un’altra impostazione”. Tutti i governanti di questa parte del mondo fanno a gara nell’affermare che la resistenza ucraina sta lottando per difendere “i nostri stessi valori”. Frase in sé accettabile, anche se è giunta l’ora di esplicitare quali siano questi valori, se non vogliamo rimanere generici e, quindi, fondamentalmente ipocriti e formali.
Pongo il problema facendo alcune domande. Fa parte degli “stessi valori” affermare sempre più insistentemente che l’aborto è un “diritto” di ogni donna? Mentre ci si straccia le vesti per i tanti bambini ucraini addirittura uccisi o comunque costretti a fuggire dal proprio Paese, fa parte dei nostri “valori” comuni legittimare la morte ogni anno, in Italia, di circa 80.000 bambini di cui si interrompe la vita? Ed ancora: fa parte dei nostri “valori” il tentativo, attualmente in atto nel Parlamento europeo, di legittimare per tutti i Paesi dell’Unione la compra-vendita di bambini attraverso l’orribile sistema dell’utero in affitto? E ancora: possiamo dire che è un “valore” l’assurda insistenza con cui in occidente (Italia compresa) si cerca di fare approvare un sistema giuridico mortifero, che apre al suicidio assistito, all’eutanasia, all’omicidio del consenziente e così via? Fa parte dei nostri “valori” da trasmettere all’Ucraina il tentativo di liberalizzare le droghe, fonte prima della rovina di tanti giovani?
Pongo queste domande (e non sono tutte quelle possibili) perché non posso non constatare che le culture e le politiche occidentali, in tutti questi ultimi vent’anni, si sono impegnate allo spasimo su tutti i temi che ho indicato, distraendosi, per questo, dai temi veramente seri, come, ad esempio, i rapporti con la Russia. Questa terribile distrazione ha impedito agli occidentali di rendersi conto della gravità delle problematiche russe e, quindi, di lavorare seriamente per trovare preventivamente delle soluzioni pacifiche e vantaggiose per tutte le parti. La miopia occidentale, anche da questo punto di vista, è stata “peccaminosa”, anche perché non ha tenuto conto delle conseguenze che sarebbero derivate a carico dei popoli europei. In questi ultimi due mesi, forse non si poteva fare altro: il “peccato”, ripeto, risale agli ultimi decenni. Ma anche l’occidente sta proseguendo sulla sua strada, senza imboccare quella del “cambiamento”.
Sia per Putin che per l’occidente vi è una grande occasione per convertirsi, cambiando almeno qualcosa nelle loro politiche: guardare a papa Francesco e ascoltare ciò che da tempo sta gridando “sui tetti”. Non sono parole “spiritualistiche” o ingenue. Sono parole che vanno al cuore concreto del problema. Sia chiaro che tutti dobbiamo “cambiare”, ma in queste ore c’è una responsabilità specifica per qualcuno. Che il Cuore Immacolato di Maria aiuti tutti.
Peppino Zola
Foto Ansa