Grazie a Dio, abbiamo avuto Kohl

Di Horst Guido
15 Dicembre 1999
Tangentopoli in Germania: l’ex leader Cdu, ha dovuto ammettere fondi neri per finanziare il partito. Ma se sui giornali è partita la resa dei conti con il cancelliere che ha guidato il paese per sedici anni portando alla riunificazione con la Germania Est, la stessa Spd si rivela assai prudente. E soprattutto è stata subito istituita una commissione d’inchiesta che giudichi i fatti in Parlamento. Senza innescare la macchina giustizialista che da sette anni tiene in ostaggio la politica italiana

Una commissione d’inchiesta che porterà fastidi alla Cdu ancora per molto tempo: sono gli undici membri del Parlamento tedesco che il prossimo anno si occuperanno del più recente giallo politico della Repubblica federale, cominciato come “caso Kiep” e trasformatosi poi nel più importante “caso Kohl”. I mass media sono pronti a sezionare la gestione finanziaria dei partiti poltici, sulle cui ombre dovrà fare chiarezza la commissione d’inchiesta del Parlamento di Berlino.

Gogna mediatica e prudenza all’Spd Con disprezzo, scherno e moralismo i giornali hanno commentato il primo capitolo del dramma di cui la Cdu dovrà render conto proprio l’anno prossimo, quando si svolgeranno le importanti elezioni nei länder del Schleswig-Holstein e del Nordrhein-Westfalen. I media preparano i coltelli, mentre i politici dei partiti di governo appaiono più cauti.

Chissà cosa porterà alla luce la commissione d’inchiesta riguardo le donazioni ricevute anche da altri partiti. Il presidente della Commissione Volker Neumann, socialdemocratico, ha già messo le mani avanti: “È possibile che anche membri della Spd abbiano preso soldi senza dichiararli. Le audizioni dei testimoni porteranno maggiore chiarezza”.

Tutto è cominciato con la donazione di un milione di marchi fatta dal commerciante di armi Karlheinz Schreiber al cassiere della Cdu Walther Leisler Kiep il quale l’avrebbe a sua volta versata ad alcuni collaboratori del partito by-passando l’Ufficio della imposte.

Uno dei tanti scandali – come l’uso privato di fondi pubblici – che hanno costretto lo scorso fine settimana il presidente del consiglio della Bassa Sassonia Gerhard Glogowski della Spd a ritirarsi. Tali scandali concentrano per due-tre giorni l’attenzione dell’opinione pubblica che poi torna a interessarsi degli affari politici quotidiani.

Il sistema Khol alla resa dei conti In questo caso però, l’ex segretario generale dell’Unione (Cdu), Heiner Geissler, ha parlato pubblicamente – due settimane fa – di conti segreti sui quali Helmut Kohl, come presidente del partito, avrebbe depositato le donazioni alla Cdu (secondo i giornali meno dell’1% dei contributi ricevuti) per assicurarsi un’ulteriore riserva di fondi con cui finanziare progetti importanti. Si è allora profilato uno scandalo di grandi dimensioni. Non si tratta più soltanto della consegna di una valigetta con un milione di marchi, ma del “sistema Kohl”. Così l’attuale presidente della Cdu, Wolfgang Schäuble, nella conferenza stampa di martedì scorso, seguita alla “confessione” di Kohl, ha dichiarato: “Il metodo di conduzione politica di Kohl è stato ’patriarcale‘” anche se poco dopo ha aggiunto: “Il partito continua a essere fiero del suo ‘cancelliere della riunificazione’”. Più chiaro l’intervento del famoso critico dei partiti e politologo Hans Herbert von Arnim di Speyer: “Helmut Kohl è responsabile di pratiche che da tanto tempo ledono in modo grave la cultura politica”. Tanti credono – soprattutto nei mass-media e nei talk-show e meno nel mondo politico – di poter fare finalmente i conti col sistema Kohl.

Un sistema caratterizzato da un cancelliere e capo di partito che dopo una lunga lotta all’interno dell’Unione contro il grande rivale Franz-Josef Strauss e dopo aver sconfitto la contestazione interna del 1987 – che aveva tra i principali promotori Heiner Geissler, poi andatosene due anni dopo – ha conquistato la leadership incontrastata sulla Cdu.

Il re è caduto, morte al re E ancora la settimana scorsa, Kohl si è rammaricato della mancanza di trasparenza e di controllo nella gestione dei conti del partito. Ha anche aggiunto che sarebbe dispiaciuto se scoprisse di aver agito contro la legge e di aver causato danni al suo partito. Se infatti venissero confermati gli illeciti la Cdu si troverebbe costretta a pagare una penale di diverse decine di milioni di marchi. Per questo Kohl si è assunto tutta la responsabilità politica delle sue azioni, anche se non ha detto di aver commesso un errore personale. Il commento asciutto del segretario generale dei Socialdemocratici Franz Müntefering: “Non esiste un diritto privato, neanche per Helmut Kohl. Anche se lui forse si sentiva il re della Cdu, dobbiamo osservare che abbiamo superato il feudalesimo da almeno 150 anni”. Eppure Helmut Kohl era esattamente questo: il re della Cdu. Sotto la sua guida il partito ha governato per 16 anni con successo, c’è stata la riunificazione, si è mantenuta la difficile balance tra America e Russia in politica estera e, infine, è stata promossa l’unificazione europea. Adesso arrivano i predicatori della domenica, i moralisti, i grandi insegnanti della nazione a consumare “l’uccisione del padre”. Esistevano conti riservati al capo del partito: che delitto! Che Kohl stava al vertice di un quadro di politici che ha condotto mezzo continente alla libertà senza alcun spargimento di sangue e ha restituito all’Europa un peso proprio all’interno della politica internazionale, tutto questo semplicemente non si vuole vedere. Re Kohl: uomo di potere e patriarca. Lui era proprio questo: grazie a Dio! Coi discorsi moralistici non si mantiene in equilibrio un continente. Il giudizio della storia non sarà cambiato dall’esistenza di alcuni conti privati.

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