
Il golpe fallito in Perù e la solidarietà della sinistra per il “compagno Pedro”

«Sciogliere temporaneamente il Congresso della Repubblica e istituire un governo d’emergenza eccezionale. Indire quanto prima le elezioni di un nuovo Congresso con poteri costituenti per preparare una nuova costituzione, entro un periodo non superiore a nove mesi. Dalla data e fino alla costituzione del nuovo Congresso della Repubblica, esso sarà disciplinato con decreto legge. Il coprifuoco nazionale è decretato da mercoledì 7 dicembre 2022, dalle 22:00 alle 4:00 del giorno successivo. Il sistema giudiziario, la Magistratura, il Pubblico Ministero, il Consiglio Nazionale di Giustizia, la Corte Costituzionale sono dichiarati in riordino». Era quasi mezzogiorno quando mercoledì, a reti unificate, il presidente del Perù Pedro Castillo, di Perù Libre, partito che si autodefinisce marxista-leninista, iniziava un golpe, trasformandosi per una manciata di ore in dittatore, con modalità del tutto simili a quelle di Alberto Fujimori, 30 anni fa.
La nuova presidente del Perù è Dina Boluarte
Fortunatamente a Castillo è andata male, le Forze Armate non lo hanno appoggiato, il Parlamento gli ha fatto l’impeachment e, con l’accusa di “ribellione”, è stato ammanettato e rinchiuso all’alba di ieri nello stesso carcere dove è detenuto da 17 anni Fujimori.
Al suo posto da ieri notte c’è Dina Ercila Boluarte, la prima donna alla guida del Perù che, a rigor rigor di logica essendo stata la vice e compagna di partito di Castillo dovrebbe limitarsi a indire nuove elezioni presidenziali. Lei però ha già fatto intendere che vuole rimanere presidente sino alla scadenza del mandato, nel 2026 per «garantire l’unità nazionale, aiutare esclusi, migranti e poveri che hanno un credito nei confronti del Perù e combattere la corruzione». Il vero motivo, tuttavia, sospettano i bene informati, è che voglia cambiare la Costituzione, proprio come si era incaponito di fare il golpista Castillo.
L’appello di Boluarte per un governo di unità nazionale
Membro di spicco di Peru Libre, Dina Boluarte si differenzia da Castillo soprattutto per la capacità intellettuale, riuscendo a ragionare di economia e a parlare in pubblico con proprietà, due doti sconosciute al dittatore mancato. Avvocatessa 60enne, già ministro dello sviluppo e dell’inclusione sociale di Castillo, sino all’altroieri Dina era indagata dalle dichiarazioni di un testimone per tenere la contabilità del denaro entrato in un conto bancario creato ad hoc per finanziare la campagna elettorale del 2021 di Perú Libre.
L’origine di questo denaro era da tempo sotto la lente d’ingrandimento delle autorità giudiziarie di Lima perché proveniente dalla rete criminale nota come “Los Dinámicos del Centro”. Dina ha invocato «un governo di unità nazionale», ha chiesto alla Procura di «lottare contro la corruzione» e dopo avere elogiato le Forze Armate, ha citato il poeta e scrittore indigesta e comunista José María Arguedas, garantendo che come lui lotterà perché «gli stranieri, gli esclusi e i poveri abbiano finalmente accesso a quanto storicamente è stato negato loro». A parte le inchieste di corruzione che l’hanno vista protagonista per il conto bancario ed altre questioni “minori”, da segnalare Boluarte a Lima ha un soprannome, la “ladruncola”.
Il sostegno della sinistra sudamericana a Castillo
Nonostante quello di Castillo sia stato un tentativo di colpo di stato, impressiona la solidarietà della sinistra latinoamericana che fa riferimento al Gruppo di Puebla nei confronti del “compagno Pedro”. Il ministro degli Esteri del Messico, Marcelo Ebrard, ha subito proposto l’asilo politico a Castillo. «Se lo chiede, glielo concederemo», ha detto alla principale radio messicana, lasciando intendere un accordo previo con il golpista visto che Castillo, prima dell’arresto, aveva tentato di entrare proprio nell’ambasciata del Messico. Non bastasse, il presidente messicano Andrés Manuel López Obrador (AMLO) ha criticato «gli interessi delle élite economiche e politiche che dall’inizio della presidenza di Pedro Castillo hanno mantenuto un clima di ostilità nei suoi confronti che lo ha portato a prendere decisioni poi usate dai suoi avversari per defenestrarlo con la scusa sui generis di “incapacità morale”».
Solidale anche il presidente eletto del Brasile Lula, che si è detto “dispiaciuto” della deposizione di Castillo, che era tra gli invitati al suo insediamento a Brasilia, il prossimo 1 gennaio, insieme a Maduro. «Deploro il fatto che un presidente democraticamente eletto abbia incontrato questo destino», ha detto in una nota Lula mentre il suo braccio destro, Aloizio Mercadante, è stato più chiaro: «È inaccettabile rompere l’istituzionalità, la democrazia, lo stato di diritto democratico, è inaccettabile la rimozione del presidente del Perù, Pedro Castillo», ricordando poi che «l’impeachment di Dilma Rousseff fu un golpe».
Stessa linea per Luis Arce, il presidente della Bolivia, che ha condannato le «vessazioni delle élite» contro i «governi popolari»: «Fin dall’inizio, la destra peruviana ha cercato di rovesciare Pedro Castillo, un governo eletto democraticamente dal popolo, dalle classi umili che cercano più inclusione e giustizia sociale».
0 commenti
Non ci sono ancora commenti.
I commenti sono aperti solo per gli utenti registrati. Abbonati subito per commentare!