
GIUSTO DIRE NO A QUESTA EUROPA
Sembra strano, ma la situazione attuale in cui si trova l’Europa è esattamente agli antipodi di quanto avvenne all’inizio della sua storia. Oggi, 25 paesi europei sono giuridicamente uniti da un trattato, ma spesso si stenta a riconoscere come questo superi il mero interesse economico.
Formalmente l’Europa è tornata ad essere il luogo ove la libertà della persona umana è al centro della vita economica, sociale e politica, così come emergeva dalla sua lunga storia e tradizione. Al tentativo di perseguire uno sviluppo equo hanno contribuito i movimenti cattolici, operai, socialisti, che hanno costituito, come nel passato più remoto, un universo di realtà economiche e sociali generatrici della welfare society. Banche popolari, casse rurali, casse di risparmio, iniziative scolastiche ed enti di formazione professionale, nuove opere sociali e sanitarie, piccole e medie imprese erano espressione di un’Europa come patria di uno sviluppo basato sull’ingegno, sul rispetto delle persone, delle realtà sociali, dei corpi intermedi.
Negli ultimi anni, però, queste istanze di ritorno alla welfare society sono state bloccate dai sostenitori dello Stato gestore diretto dei servizi. La burocrazia europea dà l’impressione di essere un gigantesco carrozzone in cui, ad esempio, incentivi all’agricoltura di tipo assistenzialistico, aiuti all’innovazione e politiche per il riequilibrio mancano di un quadro organico, ordinato e trasparente. Una nuova superburocrazia governa il continente nell’impotenza del Parlamento, mettendo sullo stesso piano assistenzialismo e spese necessarie per lo sviluppo. Tutto ciò si riflette nel testo della Costituzione europea in cui non c’è traccia di temi inerenti la sussidiarietà orizzontale: famiglia, mondo del non profit, finanza legata al territorio (banche popolari, casse di risparmio, cooperative) sono ignorati.
Ma per questo ci vuole proprio quel che si vuole rifiutare: quella coscienza di essere nel solco di una tradizione giudaico-cristiana che ha reso democratica e fattiva una parte del socialismo europeo rendendolo fattore di giustizia sociale e che ha volto parte del liberalismo verso un’idea di sviluppo scevro da sistemi tesi a garantire la rendita. L’Europa degli “io” non isolati, delle famiglie, della fede, del lavoro, dei soggetti popolari, di chi crede in un ideale. L’Europa di chi vuol ricominciare da coloro che l’hanno fondata cinquanta anni fa. Allora perché tanta indignazione all’ipotesi che i francesi votino “no” al referendum?
* Presidente Fondazione Sussidiarietà
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