Giannino: Una patrimoniale per il Monti bis? Piacerà a Pd e Udc, ma ci strozzerà

Di Oscar Giannino
14 Novembre 2012
È ovvio che se il premier non esclude di restare in sella in caso di “parlamento matto”, allora la disponibilità alla patrimioniale è un segnale di consenso agli schemi di governo visti in Sicilia

Lunedì era san Giosafat, nome che evoca la valle dove tutti dovremo trovarci per la conta dei salvati e dei dannati. Monti ha deciso di onorare a suo modo la suggestione. Ha detto che una imposta patrimoniale non sarebbe poi la fine del mondo, c’è in molti paesi capitalisti. Il governo ci aveva pensato e ci pensa, ma il punto è avere un database preciso delle attività degli italiani, per non sbagliare la mira. Vastissimi echi all’esternazione del premier. Poi smentite dal portavoce di Palazzo Chigi, nel senso almeno che il governo non ci riserverebbe la sorpresina, anche se Monti pensa e ha detto quel che ha detto.

Mah. Trovarsi Monti nella condizione di Berlusconi, che dice cose bombastiche sull’euro o su Alfano e poi le smentisce come nulla fosse, è certo una novità. Non piacevole, visto che Monti è apprezzato innanzitutto per aver ripristinato la credibilità dell’istituzione che ricopre. Ma al netto di questo a me sembra che le sue parole non siano affatto un lapsus né tanto meno una gaffe. Credo si possano invece leggere alla luce di tre diversi criteri. Il primo è politico, e guarda all’Europa. Il secondo è anch’esso politico, e guarda all’Italia. Il terzo è tecnico, e ammetto che mi lascia esterrefatto.

Primo. Io credo che Monti al Financial Times – era quella la sede delle sue dichiarazioni – risponda innanzitutto pensando ai partner europei e ai mercati. E fa non bene, ma benissimo. Poiché la Grecia ha appena votato in Parlamento l’ennesima stangata ma ha bisogno di un’ulteriore iniezione di aiuti, e poiché per la Spagna dopo il pasticcetto della Bce l’aria sembra quella di traccheggiare per gli aiuti, mi sto convincendo che i tedeschi non siano dell’idea di vincolare l’Italia, prima delle politiche, chiedendo che anche Roma prenda aiuti e firmi condizioni. Credo che Angela Merkel prima delle elezioni nell’autunno 2013 non voglia esporsi alla scontata critica di aiutare anche l’Italia. La cosa intossicherebbe non poco la sua campagna elettorale. Ergo Monti, previdentemente, in caso lo spread italiano salga per il rischio di instabilità legato alle nostre prossime elezioni politiche, fa capire ai mercati e ai partner europei che ha ancora cartucce da sparare. E mica leggere!

Secondo. C’è anche un fin troppo evidente messaggio che Monti lancia alla politica interna in tumultuosa evoluzione verso l’appuntamento elettorale. Il premier ha iniziato a modificare sostanzialmente il suo netto no al proseguimento dell’incarico. Solo due mesi fa in Consiglio dei ministri aveva detto che nessun ministro si doveva candidare alle politiche, altrimenti si doveva dimettere. Tre settimane fa la posizione è cambiata, il premier ha ammesso che candidature sono possibili, si augura solo che non siano troppo numerose né troppo connotate in un solo schieramento: ne soffrirebbe il rapporto con la sua eterogenea maggioranza. E anche nella risposta alla domanda reiterata se continuerebbe a fare il premier, Monti varia ormai le formule. Non è più un no senza condizioni. Per molti, Monti potrebbe iniziare a benedire da lontano ma non troppo quelle parti di politica e di società civile che invocano la continuità del suo governo.

Vediamo per esempio cosa farà il 17 novembre all’iniziativa del manifesto per la Terza Repubblica sottoscritto da Italia Futura, Cisl, Acli e Sant’Egidio. È ovvio che se inizia a non escludere che in caso di parlamento matto, senza maggioranza politica, lui resti in sella alla testa di un governo di convergenza ma questa volta politico, allora la disponibilità alla patrimoniale è un chiarissimo segnale di benevolo consenso a schemi Pd-Udc come quelli visti in Sicilia, e che sembrano prepararsi in Lombardia. La patrimoniale è per loro, inutile girarci intorno.

Sin qui nessun problema, Mario Monti è pienamente legittimato a tutto questo. È sul merito della proposta che a me viene sinceramente da piangere. È vero che esistono paesi avanzati con imposte patrimoniali ordinarie. Anche l’Italia fa parte di quella schiera, visto che tra Imu e conto titoli e sovrimposte su auto e compagnia cantando l’attuale governo di patrimoniali ne ha introdotte per un pacco di miliardi di euro. Ma una patrimoniale ordinaria ha senso se si rimette mano al sistema fiscale, riequilibrando il prelievo in modo da esercitare nell’economia reale meno depredazione e sterminio d’impresa e lavoro.

Purtroppo Monti ancora una volta non lo fa. La patrimoniale come ulteriore addendum al record di prelievo fiscale, quando siamo l’unico paese euroscassato che ha alzato sia le imposte dirette con le addizionali locali, sia quelle indirette con l’Iva e le accise, sia quelle patrimoniali, sarebbe solo un’ulteriore mossa recessiva. Lo Stato che pensa solo a se stesso, alle sue casse, e al suo raggelante potere di impedire crescita. No, non posso essere d’accordo né ora né mai, pur riconoscendo a Monti tutto il prestigio e la credibilità di cui giustamente gode.

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