Giannino risponde a Mucchetti. La fusione Intesa-Unicredit non è un bene

Di Redazione
06 Novembre 2012
Oscar Giannino contesta la proposta di apparsa sul Corriere sulla fusione tra Intesa e Unicredit. Il timore di acquisizioni estere non è giustificabile. Il vero problema sono le fondazioni

Intesa-Unicredit: c’è nell’aria un’ipotesi di fusione messa sul tavolo dei media da Massimo Mucchetti del Corriere della Sera. L’operazione consisterebbe nello scorporo all’interno del gruppo Unicredit delle attvità italiane dalle estere, quest’ultime oggetto di acquisizion da parte di Intesa SanPaolo.
Al giornalista del Corriere l’idea piace e motiva la sue posizione in alcuni punti. Nel primo Mucchetti fa leva sul fare cassa: «Si eviterebbero tagli occupazionali oltre a quelli comunque indotti dalle nuove tecnologie, soprattutto se chi compra non possiede una rete in Italia».
Altro punto ritenuto essenziale è il mantenimento della proprietà di Unicredit in mani italiane , contro il possibile avanzare di Deutsche Bank o di compratori arabi e russi.
Tre: il ruolo centrale di Mediobanca. Secondo Mucchetti «questa filiera, che ha in Mediobanca lo snodo principale, esiste già oggi e fa capo a Unicredit. Con l’aggregazione, il ruolo di Unicredit verrebbe spalmato anche sulle teste di Intesa, diminuendo la concentrazione a parità di pacchetto azionario. E nel momento in cui Mediobanca allentasse la presa su Generali, già assai inferiore rispetto ai tempi di Cuccia e Maranghi, la filiera tenderebbe a decadere».

IL MERCATO NON E’ UN DOGMA. L’ultima osservazione riguarda il mercato perché un’operazione siffatta metterebbe a rischio la concorrenza nel settore, chiosa però Mucchetti: «Operazioni di tal fatta, si dice, sono frutto del dirigismo di soggetti, le fondazioni, in qualche modo legati alla politica e non del mercato. È vero, ancorché le fondazioni abbiano rifiutato ovunque possibile i Tremonti bond, mentre tante banche estere accettavano aiuti di Stato. Ora, il mercato non è un dogma. Ottimo per Luxottica, già meno per l’auto, il mercato deregolato ha miseramente fallito con le banche».

I NODI AL PETTINE. Le osservazioni di Mucchetti non trovano il consenso di Oscar Giannino, che dal suo Chicago blog, risponde punto per punto al giornalista di via Solferino. Per Giannino «Mucchetti non ha mai fatto mistero di essere un critico del mercato […] figuriamoci poi se si può credere alla positività delle logiche di mercato nelle banche». Per quanto riguarda le possibili acquisizioni di Unicredit da parte di capitali esteri, Giannino la pensa all’opposto: «Mi chiedo se il ragionamento non dovrebbe essere un altro. È per i colpi della crisi, anno dopo anno e massime con l’eurocrisi, che sono venuti al pettine i nodi di come negli anni precedenti abbiamo realizzato il consolidamento bancario italiano».

FONDAZIONI: GLI STRANI SOGGETTI. Il problema, dunque, non risiede nella nazionalità del capitale, ma sui soggetti titolari: «Proprio la crisi europea e delle banche doveva e dovrebbe indurre a fare un ragionamento del tutto diverso, sulle fondazioni. Invece di pensare a blindare il loro controllo su Intesa-Unicredit, intesa come somma dei suoi asset esteri più naturalmente l’appetitoso pacchetto Mediobanca, la nostra modesta idea è di usare la crisi per portare ad esaurimento il ruolo di controllo bancario delle fondazioni, questo singolare soggetto che esiste solo in Italia tra tutti i Paesi avanzati. Un mix di incentivi a liberarsi del controllo per fare ciò che dovrebbero, cioè diversificare il loro patrimonio e pensare a società e cultura, e di misure coatte per indurle a smettere il ruolo proprietario bancario, oltre un certo delta temporale. Anche perché le fondazioni hanno riprodotto singolari logiche di ex politici-controllori di banche. E se Dio vuole la sia pur modesta abolizione delle Province messa in moto da Monti rivoluziona oggi molti dei criteri di nomina delle fondazioni bancarie».

Articoli correlati

0 commenti

Non ci sono ancora commenti.