C’è un pm di Mani pulite che non vuole raddrizzare l’Italia a colpi di legge & manette
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Pubblichiamo la rubrica di Maurizio Tortorella contenuta nel numero di Tempi in edicola (vai alla pagina degli abbonamenti)
Negli anni Novanta, quasi un quarto di secolo fa, mi ero formato l’opinione che Gherardo Colombo, nel pool milanese di Mani pulite, fosse il magistrato che più mi convinceva: Colombo era sommesso, riflessivo, intelligente, colto, modesto. In più, non era mai arrogante, al contrario di tanti suoi colleghi. Certo, anche lui faceva errori, e probabilmente qualche “frisson” ideologico ha governato alcune sue scelte. A volte l’ho anche criticato, nelle mie cronache di questo o quel processo dove era pubblico ministero, ma non se n’è mai lamentato.
Poi Colombo è andato in pensione nel 2007, con anni di anticipo. Ha fatto altro. Eppure oggi, quasi ogni volta che parla, dice cose che mi confermano nella mia opinione di tanto tempo fa. Per questo, in questa rubrica, vorrei rendergli merito. Perché è un uomo intellettualmente onesto. Ed è merce rara.
Il 20 settembre, Colombo ha preso posizione sulla riforma della prescrizione. Al Senato si sta discutendo la riforma del Codice penale e un suo ex collega divenuto parlamentare del Pd, Felice Casson, ha presentato emendamenti che definirei brutali. Casson ha proposto, per esempio, che nei reati ambientali la prescrizione decorra non dal momento in cui il fatto viene commesso ma da quando il pm ne ha notizia; e ha ipotizzato anche uno stop definitivo e generalizzato alla prescrizione dopo la sentenza di primo grado.
[pubblicita_articolo]«A un certo punto deve finire»
Che cosa ne ha detto Colombo? «Io credo che tutte le situazioni debbano avere una soluzione, prima o poi. Esistono reati che sono imprescrittibili, reati di una gravità assolutamente particolare. Sarebbe necessario che alcuni effetti non possano mai diventare definitivi: cioè se io costruisco un immobile in un luogo in cui è vietato, da adesso e per sempre quell’immobile deve essere abbattuto. Però questo è un piano diverso rispetto a quello della responsabilità personale che, secondo me, a un certo punto e per qualsiasi reato, dovrebbe finire. E mi riferisco anche ai reati che oggi sono imprescrittibili».
Insomma, Colombo è convinto che non serva a nulla allungare all’infinito la prescrizione. «A un certo momento – dice – le persone cambiano: più passa il tempo e più ci si trova di fronte a persone completamente diverse da come erano quando hanno commesso il reato. È necessario intervenire per aiutare questo processo di cambiamento delle persone che hanno commesso i reati, per riuscire a fare capire che quello che è stato fatto è male, è sbagliato, e non deve essere rifatto».
Colombo critica anche la tendenza al continuo inasprimento delle pene («Non serve a nulla») e l’eccesso di legificazione («Questa continua produzione legislativa, invece, è il sintomo che qualcosa non va. Più aumenta il numero delle leggi, più il sistema non funziona. È il segnale della mancanza di fiducia nella sovranità dello Stato»).
Una eccezione
Infine, Colombo spara un fuoco d’artificio sul tema della carcerazione preventiva, che si staglia nel buio del dibattito giudiziario: «Io sono dell’idea che bisognerebbe ricorrere molto, e molto di più, a misure alternative. (…) Bisognerebbe essere estremamente ligi nel verificare la sussistenza delle condizioni che secondo il Codice di procedura penale giustificano e legittimano la carcerazione preventiva, cioè l’eccezione: perché la carcerazione preventiva è una eccezione, visto che toglie la libertà personale a chi ancora non è stato condannato. Bisogna stare molto attenti».
Il problema è che oggi anche Gherardo Colombo è un po’ un’eccezione, esattamente come lo era 25 anni fa.
Foto Ansa
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